Economia

«Le cripto avranno un futuro solamente se regolamentate»

Secondo Attilio Zanetti, membro supplente della direzione generale della Banca nazionale svizzera, le banche centrali devono intervenire
Il momento è delicato per le banche centrali, e il tema della finanza digitale deve essere affrontato. ©CDT/Gabriele Putzu
Roberto Giannetti
20.12.2022 06:00

Senza dubbio le banche centrali giocano un ruolo importante in questa fase economica. Fra i temi scottanti che devono affrontare vi sono le criptovalue e la concertazione internazionale. Ne abbiamo parlato con Attilio Zanetti, membro supplente della direzione generale della Banca nazionale svizzera nel primo dipartimento a Zurigo. Fra i suoi compiti figurano, fra l’altro, le questioni economiche e la cooperazione monetaria internazionale.

A livello internazionale si pone il problema della regolamentazione della finanza digitale. A che punto siamo?

«I lavori sia di monitoraggio che di sviluppo del quadro regolamentare sono intensi. I leader del G20 hanno recentemente adottato due documenti prodotti da gruppi di lavoro del Financial Stability Board ai quali ha partecipato anche la BNS. Il primo avanza dei principi di regolamentazione per i cosiddetti stablecoins. Il secondo per i prodotti e i mercati cripto più in generale. A questo si aggiungono i lavori del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria che mirano a porre dei limiti all’esposizione del settore bancario ai rischi delle cryptoassets».

Come vengono valutati attualmente i rischi?

«Negli ultimi mesi abbiamo assistito a più episodi di grossi crolli, da ultimo quello della piattaforma di scambi FTX, che nello spazio di poche ore è passata da una valorizzazione di dozzine di miliardi al fallimento. Questi episodi suggeriscono due conclusioni. La prima è che fortunatamente l’effetto di questi crolli sulla finanza tradizionale e sull’economia reale è, per ora, marginale. Ciò è dovuto al fatto che quello delle cripto rimane un mondo in gran parte rinchiuso su sé stesso. Non possiamo però partire dall’assunto che le cose rimarranno così: i legami con la finanza tradizionale potrebbero crescere, generando un vero problema di stabilità finanziaria e macroeconomica. La seconda conclusione è quindi che, a livello globale, urge avanzare con una regolamentazione e supervisione».

Lo scandalo FTX è stato clamoroso. Quali sono le reazioni che potrebbe provocare a livello di regolamentazione?

«L’assenza di regole e la mancanza di trasparenza favoriscono l’insorgere di questi casi. Da lì, il principio che la finanza digitale vada sottoposta alle stesse regole e alla stessa sorveglianza della finanza tradizionale. La finanza digitale potrà avere un vero avvenire solo nella misura in cui si muoverà nel perimetro delle attività regolamentate. Per altro, molti operatori del settore sono i primi a richiedere che il processo di regolamentazione avanzi, perché sanno che solo così potranno avere l’opportunità di mostrare i benefici della loro offerta e ottenere la fiducia dei consumatori».

Quali sono gli obiettivi degli organi di sorveglianza?

«Il principio che la regolamentazione internazionale persegue è molto semplice: same activities, same risks, same regulation. Concretamente: se un prestatore digitale di servizi raccoglie depositi di clienti e opera prestiti, va sottoposto a regole di trasparenza, governance, gestione del rischio, limitazione dei conflitti di interesse, eccetera, simili a quelle che si applicano alle banche. Lo stesso vale per le piattaforme di scambi o per i servizi di pagamenti».

Le stesse banche centrali stanno valutando la creazione di monete digitali?

«Ci sono parecchi progetti di ricerca e sperimentazioni in corso. Intanto è importante sottolineare che una moneta digitale emessa da una banca centrale sarebbe qualcosa di fondamentalmente diverso dalle cosiddette "criptovalute". I due rapporti del FSB citati in precedenza evitano accuratamente di utilizzare il concetto di "criptovalute" o "criptomonete". Il motivo è semplice e importante: questi prodotti non rispondono ai criteri che formano la definizione di una moneta. Una moneta digitale di una banca centrale avrebbe invece lo stesso valore e la stessa affidabilità di una banconota».

Quindi a vostro avviso i bitcoin non sono una moneta?

«No, il bitcoin e altri prodotti simili non sono monete. Non adempiono adeguatamente a nessuna delle funzioni di una moneta, necessarie per il buon funzionamento di un’economia. Supponiamo che lei voglia comprare una bicicletta e che a distanza di qualche giorno si rechi da due diversi rivenditori per confrontare due biciclette simili, con prezzi espressi in bitcoin. Non sarebbe in grado di compararne veramente il prezzo, perché il valore di un bitcoin può cambiare in maniera rapida e drastica. Quindi, il bitcoin non può essere usato come unità di misura. Ora supponiamo che lei proceda comunque all’acquisto. Con il ricavo il rivenditore dovrà garantirsi la possibilità più tardi di pagare fornitori, salari dei dipendenti e tasse. Se mantenesse la sua liquidità in forma di bitcoin, non avrebbe nessuna garanzia di disporre ancora di lì a qualche tempo di mezzi sufficienti per far fronte alle sue obbligazioni, perché il bitcoin non è una riserva di valore affidabile. Ricordiamo che il valore del bitcoin è sceso di oltre il 60% negli ultimi dodici mesi. Per questi motivi bitcoin e altri cryptoassets di questo tipo non riescono a diffondersi come mezzi comuni di pagamento».

Quale sarebbe invece il ruolo delle monete digitali emesse dalle banche centrali?

«Il ruolo di eventuali monete digitali emesse da banche centrali a beneficio del pubblico – le cosiddette retail CBDC, central bank digital currencies – rimane tutto da definire. In Paesi come la Svizzera, dove ognuno ha accesso ai servizi bancari e l’infrastruttura per i pagamenti è già molto efficace, i benefici di una CBDC per i pagamenti al dettaglio non sono ovvi. Allo stato attuale la Banca nazionale non ha nessun piano in questo senso. Ma anche chi ha già condotto da tempo esperimenti su grande scala, come la Cina, non ha operato il lancio di una CBDC».

La Svizzera partecipa a dei gruppi di studio su questo tema?

«La Banca nazionale ha aperto in cooperazione con la Banca dei Regolamenti Internazionali a Basilea uno degli Innovation Hubs della BRI. Nel quadro di questo centro vengono svolte ricerche su possibili applicazioni delle nuove tecnologie. Anche in questo ambito la BNS è in rete con tutte le principali banche centrali».

Passiamo ai temi internazionali. La solidità dell’economia svizzera si riflette nella forza della sua valuta. Quale ruolo gioca il franco svizzero negli scambi internazionali? E nelle riserve delle banche mondiali?

«Il dollaro è ovviamente la valuta dominante. Il 60% delle riserve ufficiali a livello globale sono detenute in dollari. Sul mercato dei cambi il dollaro è coinvolto in quasi il 90% delle transazioni. Il franco svizzero gioca tuttavia un ruolo importante, molto più che proporzionale alla taglia della nostra economia. Nel 2021 ad esempio, i titoli emessi in franchi svizzeri equivalevano al 230% del PIL svizzero, di cui la grande maggioranza era detenuta da investitori esteri. Il franco svizzero è quindi generalmente molto attrattivo come strumento di investimento. Nelle fasi di incertezza diventa poi un bene rifugio».

Quali sono i contatti che la Banca nazionale svizzera tiene a livello mondiale?

«La Banca nazionale ha un’importante presenza a livello internazionale. Partecipa a lavori del Fondo monetario internazionale, della Banca dei regolamenti internazionali, del Financial Stability Board, del Network for Greening the Financial Sector, dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e del G20. Ognuna di queste organizzazioni ha degli obiettivi specifici, con aspetti di grande rilievo per le banche centrali. Dalla politica monetaria in senso stretto alle questioni di stabilità del settore finanziario, dalla modernizzazione dei sistemi di pagamento agli aspetti di stabilità finanziaria legati al cambiamento climatico. Ai contatti nell’ambito multilaterale si aggiungono anche regolari incontri bilaterali con altre banche centrali».

Esiste una sorta di concertazione fra le maggiori banche centrali mondiali?

«Ogni banca centrale risponde al mandato definito nella legislazione nazionale e persegue dunque gli interessi nazionali o – nel caso della BCE – della propria giurisdizione. Detto questo, le banche centrali hanno una forte tradizione di dialogo. Le occasioni di incontro vengono utilizzate per condividere analisi e esperienze».

E quanto conta la BNS in questo «club» esclusivo?

«La Banca nazionale gode di un’ottima reputazione, legata a una forte credibilità di banca centrale indipendente focalizzata sul mantenimento della stabilità dei prezzi. In molti ambiti poi, la Banca nazionale ha fatto opera di pioniere. Pensiamo ad esempio alla rapidissima introduzione del meccanismo di rifinanziamento dei crediti COVID o alle sofisticate misure di sicurezza delle nostre banconote. L’interesse internazionale per queste esperienze è grande».

Qual è il peso della Svizzera all’interno dell’FMI?

«Le organizzazioni multilaterali sono ovviamente influenzate in primis dalle grandi economie. Ma il peso di un Paese si misura anche con la sua capacità di contribuire al dialogo e alla ricerca di soluzioni sulla base delle proprie esperienze. In questo senso, l’apporto della Svizzera è spesso prezioso».

Che importanza ha la partecipazione del nostro Paese a questa importante istituzione mondiale?

«Quest’anno la Svizzera ha festeggiato il trentennale dall’adesione alle istituzioni di Bretton Woods, Fondo monetario e Banca mondiale. Grazie ai suoi 190 Paesi membri e ai suoi vari strumenti di rifinanziamento, il Fondo monetario costituisce un importante fattore di stabilità dell’economia mondiale in situazioni di crisi. In particolare per i Paesi emergenti, ma di riflesso anche per le economie avanzate. La Svizzera è una piccola economia molto legata alle sorti dell’economia globale. Partecipare a lavori e delibere del Fondo monetario è perciò essenziale».

Attualmente il franco forte aiuta a lottare contro l’inflazione. Ma in caso di corsa verso i beni rifugio, fino a che punto la BNS permetterà un apprezzamento del franco?

«L’apprezzamento nominale del franco riflette in primo luogo il fatto che i prezzi dei beni al consumo sono aumentati molto di più all’estero che in Svizzera. In termini reali – cioè al netto del differenziale d’inflazione – il franco svizzero è rimasto stabile. La BNS continuerà a garantire condizioni monetarie adeguate all’economia svizzera e all’ottenimento della stabilità dei prezzi».