Prospettive

L'«eccezionalismo» degli USA segna il passo per il 2025

Per J.P. Morgan Private Bank anche l’anno prossimo sarà caratterizzato da buone performance sui mercati finanziari, trascinati dalla positiva congiuntura negli Stati Uniti - L’Europa è in difficoltà, ma può contare sui suoi «global player»
L’allentamento della politica monetaria negli USA stimolerà gli investimenti infrastruttuali. © Reuters
Dimitri Loringett
10.12.2024 06:00

Il 2025 si prospetta come un anno caratterizzato dall’eccezionalismo degli Stati Uniti rispetto alla debolezza dell’Europa. Così indica al CdT Roberto Mandorino, responsabile investimenti Svizzera presso J.P. Morgan Private Bank a Zurigo, che precisa tuttavia che l’indicazione si basa anche sull’ottimo andamento dei mercati nel 2024. L’anno che sta volgendo al termine ha infatti visto un mercato azionario a livello globale registrare rendimenti superiori al 20%, mentre i portafogli multi-asset hanno guadagnato attorno all’11,5% rispetto all’anno precedente.

Ed è su questa «forza» che la grande banca privata intende consigliare ai clienti di costruire portafogli di investimento «resilienti», ovvero con uno sguardo di medio-lungo termine e adatti alle molte incertezze che comunque incombono sulla congiuntura mondiale. Fra queste, c’è l’attesa di conoscere l’impatto delle politiche economiche e commerciali della prossima amministrazione statunitense. Passata l’immediata euforia del mercato ai risultati elettorali di inizio novembre, emerge infatti dalle analisi che le paventate misure annunciate da Trump a favore della crescita negli USA potrebbero anche portare a un aumento dell’inflazione e dei deficit di bilancio. «In effetti, la curva dei rendimenti del dollaro si sta impennando», dice Mandorino. Un effetto, fra gli altri, della prospettiva di aumento dei tassi di interesse a lungo termine è l’incremento dei tassi ipotecari, che potrebbe continuare a mettere in discussione il mercato immobiliare residenziale e l’accessibilità al credito negli Stati Uniti. Inoltre, la tanto discussa politica tariffaria di Trump rappresenta forse il rischio maggiore per la crescita globale, anche se J.P. Morgan non prevede tariffe generalizzate su tutte le importazioni. Prevede invece dazi su beni specifici, con potenziali ritorsioni da parte di determinati partner commerciali che potrebbero acuire le tensioni commerciali globali.

Ma c’è comunque una «buona» notizia: il 2025 sarà l’anno del ciclo di allentamento delle politiche monetarie, «a beneficio della crescita economica», commenta Mandorino. Dalla Fed è attesa, infatti, un’ulteriore limata ai tassi di riferimento, di un quarto di punto percentuale, alla prossima riunione del 17-18 dicembre. «Prevediamo che il tasso dei Fed funds possa scendere a circa il 3,50% nel medio termine», afferma Mandorino (attualmente il range è 4,75-5%). Per J.P. Morgan Private Bank, il calo dei tassi di riferimento dovrebbe sostenere la crescita economica tendenziale negli Stati Uniti e nell’Eurozona, senza stimolare la domanda sufficientemente per far ripartire l’inflazione. «L’allentamento della politica monetaria negli Stati Uniti dovrebbe stimolare in particolare il Capex (spese in conto capitale, ndr) nelle infrastrutture», spiega Mandorino, che individua quattro settori preferiti per gli investimenti negli Stati Uniti: l’industriale (es., aziende che supportano i driver strutturali nei settori dell’AI, dell’aerospaziale, delle infrastrutture), le utilities (es., le reti energetiche), le tecnologie di punta (es., spostando l’attenzione dai semiconduttori al software) e società finanziarie (es., le banche, grazie al previsto aumento dei margini di interesse netti). In breve, nonostante la prevista volatilità dei mercati e le incertezze di politica economica sopra menzionate, è difficile trovare argomenti contro l’investimento nei mercati americani. «Il dollaro dovrebbe giocare un ruolo chiave anche nel 2025, grazie all’eccezionalità dell’economia e dei mercati statunitensi», aggiunge Mandorino.

Dall’altra parte dell’Atlantico, invece, le prospettive sono decisamente meno rosee. Oltre al potenziale impatto dei dazi statunitensi, i settori o le industrie europee fortemente esposte alla Cina, come quelle che forniscono tecnologia, componenti o materie prime, saranno probabilmente i più colpiti. «L’attuale situazione nei Paesi dell’Eurozona è difficile», afferma Mandorino, accennando a ulteriori tagli dei tassi dell’euro da parte della Banca centrale europea «per sostenere almeno i consumi». Attualmente, aggiunge, «riteniamo che le potenziali tariffe potrebbero ridurre gli utili delle società europee di circa l’1%. Di conseguenza, abbiamo rivisto al ribasso le nostre aspettative di rendimento per l’indice europeo per la prima metà del 2025. Tuttavia, è importante notare che le 50 maggiori società europee generano solo circa il 40% dei loro ricavi dall’Europa, posizionando questi “campioni nazionali” come veri e propri player globali. Sebbene il tema dell’eccezionalismo statunitense” abbia una forte motivazione, sosteniamo anche la necessità di integrare gli investimenti statunitensi con una diversificazione internazionale, che includa questi attori globali europei».

E la Svizzera, come si posiziona in questo contesto? Secondo l’esperto di J.P. Morgan Private Bank, la forza dell’economia americana dovrebbe sostenere anche la sua valuta, naturalmente a scapito dell’euro, che potrebbe continuare a rimanere debole, avvicinandosi nuovamente alla parità con il dollaro. «Almeno inizialmente, anche il franco svizzero dovrebbe indebolirsi, ma in seguito potrebbe tornare ad apprezzarsi, soprattutto grazie al suo status di bene rifugio», commenta Mandorino. «Seguiamo con attenzione la BNS - aggiunge l’esperto - che rimane un fattore chiave per le prospettive del franco svizzero. Il potenziale intervento sul mercato valutario e le discussioni su un possibile ritorno alla politica dei tassi di interesse negativi nel 2025 aggiungono complessità alla traiettoria del franco. Alla luce di queste dinamiche, manteniamo una posizione neutrale ai livelli attuali, ma siamo propensi a prendere in considerazione posizioni lunghe sul franco svizzero rispetto all’euro se il tasso di cambio euro-franco dovesse salire», conclude.