Scenari

L'economia guarda già a gennaio

Dopo l’annuncio del ritiro di Joe Biden dalla corsa presidenziale USA, gli analisti si focalizzano sugli indicatori macro
In questa fase di incertezza politica gli operatori seguiranno con attenzione i dati di mercato, in particolare i risultati delle società quotate. © AP/Richard Drew
Dimitri Loringett
23.07.2024 06:00

Joe Biden ha gettato la spugna per la corsa presidenziale USA e i mercati finanziari hanno reagito con ottimismo (v. sotto). L’indicazione rialzista ci indica, da una parte, che per gli operatori finanziari il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca a inizio gennaio 2025 è sempre più probabile e dall’altra, che lo sguardo è volto ora a ciò che succederà dopo il suo insediamento. In particolare, ci si chiede se e in quale misura Trump implementerà le sue paventate politiche economiche, soprattutto quella relativa all’aumento dei dazi sulle importazioni dalla Cina e quella sui tagli alle tasse.

«Gli investitori devono ricordare che gli esiti politici degli Stati Uniti sono ben lungi dall’essere il principale motore dei rendimenti dei mercati finanziari. I dati economici e le aspettative di taglio dei tassi della Fed restano almeno altrettanto importanti. Inoltre, molto può ancora cambiare prima del voto di novembre e sono possibili diversi risultati», si legge in un’analisi di UBS.

Più incertezza e più volatilità

«La competizione elettorale che caratterizzerà i prossimi quattro mesi di campagna per le presidenziali USA è una cosa positiva, ma farà accrescere l’incertezza per l’esito, perché fintanto che non si conosceranno i nomi sul ticket democratico non si può dare per scontato che Trump, benché molto favorito, verrà eletto. E l’incertezza politica si traduce in maggiore volatilità sui mercati finanziari». Così osserva Mario Cribari, partner e responsabile della strategia di investimento di BlueStar Investment Managers a Lugano.

Ma, al netto di questa incertezza, gli scenari macroeconomici sui quali si concentrano gli analisti sono tinti di «trumpismo». E c’è almeno un termine che emerge ripetutamente: inflazione. «Le politiche economiche annunciate da Trump in campagna elettorale (più dazi sulle importazioni cinesi, sgravi fiscali ecc., ndr) sono sicuramente inflazionistiche», afferma Cribari. «Non è un caso - continua - che l’importante rialzo delle quotazioni dell’oro (un noto indicatore di attese inflazionistiche, ndr) sia coinciso con il “via libera” della Corte suprema concessa a Trump per la sua eleggibilità».

Data la centralità del tema inflazione, l’attenzione di analisti ed economisti si focalizza sulle prossime mosse della Federal Reserve che, come sappiamo, avranno un impatto sull’andamento dei listini azionari e sui mercati finanziari in generale - forse ancor più dell’esito delle elezioni di novembre. Ma qualunque aria tiri alla Casa Bianca, la Fed si atterrà ai dati. Il suo doppio mandato - inflazione e occupazione - ha dominato i mercati all’indomani della pandemia e continuerà a farlo, come è emerso chiaramente la scorsa settimana alla pubblicazione dei dati sull’inflazione. Essendo inferiori alle attese, si è innescato un rally dei Treasury americani, che indica l’attesa di tassi d’interesse più bassi in futuro. «È probabile un taglio dei tassi d’interesse da parte della Fed in settembre, forse anche un secondo tra novembre e dicembre», sostiene Mario Cribari, secondo cui «i dati ci stanno indicando infatti che il mercato del lavoro si sta “raffreddando” e quindi la Fed vorrà verosimilmente anticipare un’eventuale evoluzione in tal senso». «Anche se l’economia USA “tiene” nel suo insieme - prosegue Cribari - ritengo che la situazione sia un po’ tesa e quindi un taglio di un quarto o di mezzo punto percentuale non farà grandi differenze. Dovremo aspettare l’anno prossimo per avere un quadro più chiaro. A ogni modo, qualche difficoltà all’orizzonte per l’economia statunitense si intravvede, ma nulla di drammatico».

In conclusione, gli investitori come devono comportarsi? Ancora Cribari: «Si naviga un po’ a vista, certo. È quindi importante focalizzarsi più sui dati economici e societari. Prima delle elezioni di novembre, bisognerà concentrarsi ai prossimi risultati trimestrali delle società quotate».

Borse col segno più, ma il dollaro resta stabile

I mercati finanziari hanno accolto favorevolmente il ritiro dalla corsa per la rielezione del presiedente americano Joe Biden, un passo che era dato ormai sempre più per scontato negli ultimi giorni. Nella seduta di ieri, alla Borsa svizzera l’indice dei titoli guida SMI ha terminato a 12.296,74 punti, in progressione dell’1,01% rispetto alla chiusura di venerdì scorso. Per il listino elvetico si è trattato della migliore performance da un mese a questa parte. Pure in Europa i principali listini hanno chiuso la seduta in rialzo, con il DAX a Francoforte in salita dell’1,31%, il CAC 40 a Parigi dell’1,16%, il FTSE-MIB a Milano dell’1,17% e il FTSE-100 a Londra dello 0,53%. Sull’altra sponda dell’Atlantico, a Wall Street l’indice Dow Jones Industrial segnava a metà seduta un modesto +0,25%, il Nasdaq 100 un più robusto +1,48% e lo S&P 500 un rassicurante +1,01%. Sul mercato dei cambi, per contro, il dollaro, dopo iniziali rialzi, è rimasto sostanzialmente stabile nei confronti delle principali valute: il biglietto verde quotava ieri sera attorno a 1,0885 contro euro, a 0,8885 contro franco e a 157,40 contro yen. Euro-franco in leggero rialzo invece a 0,9685.

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