L’euro costa sempre meno e scende sotto 93 centesimi

La notizia è di quelle che fa la felicità di alcuni, ma non di altri: prosegue anche oggi la corsa al rialzo del franco svizzero contro l’euro, che si poteva acquistare per «appena» 92,60 centesimi di franco, quasi uno in meno rispetto a giovedì. Se a sorridere saranno i consumatori svizzeri che intendono fare acquisti o trascorrere le proprie vacanze in Europa, le industrie elvetiche sono sempre più preoccupate (v. correlata). «La nostra previsione per il cambio euro-franco nel primo trimestre 2024 è di 92,50 sulla base delle aspettative che la BCE ridurrà i tassi d’interesse sull’euro a partire da marzo, per via dell’atteso ulteriore calo dell’inflazione e del PIL nella zona euro», afferma Alim Remtulla, analista e FX Strategist di EFG Bank a Lugano. «Inoltre - prosegue - il franco dovrebbe continuare a rimanere forte in quanto i probabili tagli dei tassi d’interesse sul franco da parte della BNS saranno verosimilmente meno rapidi rispetto ai tagli che ci si aspetta dalle altre banche centrali, rendendo così il franco relativamente più attrattivo. Tuttavia, questa tendenza è destinata a stabilizzarsi e potenzialmente invertirsi nel secondo trimestre se la narrativa attuale di “soft landing” (atterraggio morbido, ndr), ovvero inflazione più bassa senza recessione, rimarrà tale e non cambi».
La visione di un atterraggio morbido delle principali economie mondiali nel 2024 non è tuttavia priva di rischi. Una recrudescenza dell’inflazione infatti non è esclusa, specie in Europa, come ha già ammonito a più riprese la BCE. «Una ripresa dell’inflazione nella zona euro avrebbe quale effetto un ulteriore rafforzamento del franco svizzero perché meno volatile rispetto ad altre valute e perché offre comunque rendimenti reali e nominali interessanti», osserva l’analista di EFG.
La BNS vende valute estere
La (BNS) nel 3. trimestre di quest’anno ha proseguito, sebbene più moderatamente, con le sue operazioni di vendita di valuta estera. Da luglio a settembre la BNS ha venduto l’equivalente di 37,6 miliardi di franchi di valute estere, secondo i dati pubblicati oggi dall’istituto centrale. Le vendite di divise straniere sono state pari a 40,3 miliardi nel 2. trimestre e a 32,2 miliardi nei primi tre mesi dell’anno.
La BNS ha annunciato le prime operazioni di vendita a metà del 2022. Prima di allora, acquistava valute estere su larga scala, in parte per evitare che il franco si apprezzasse troppo. Nel 2021, ad esempio, sono state acquistate divise per un valore di 21,1 miliardi di franchi, mentre nel 2020 la cifra era attorno ai 110 miliardi.
A partire dal 2022, le vendite di valute estere hanno assunto un ruolo centrale nella politica monetaria della BNS, per contribuire sia all’obiettivo di attenuare l’inflazione «importata» (vendendo valute estere e comprando franchi si rafforza infatti il valore della valuta elvetica), sia a quello di ridurre il suo bilancio. «È probabile che la BNS continui a moderare le sue vendite di valuta estera, visto il calo dell’inflazione nella zona euro e in Svizzera. Questo dovrebbe portare a un rimbalzo dell’euro sul franco, nonostante i dati di oggi sugli interventi della BNS non sono stati sufficienti a calmare i mercati di fine anno», commenta infine Alim Remtulla.
Il franco forte è «veleno per le aziende»
Nelle ultime settimane il franco svizzero si è apprezzato notevolmente, soprattutto nei confronti dell’euro e del dollaro USA. Poiché l’industria tecnologica svizzera esporta l’80% dei suoi prodotti ed è responsabile di quasi il 30% delle esportazioni svizzere, il rafforzamento del franco «rappresenta veleno per le aziende, già alle prese con un forte calo delle commesse dovuto alla recessione industriale nei principali mercati di vendita».
Così si esprime, in un comunicato diffuso oggi, Swissmem, l’associazione dell’industria metalmeccanica ed elettrica svizzera (industria MEM), che impiega oltre 330 mila dipendenti nel Paese.
Con un’inflazione ormai ben al di sotto del 2%, Swissmem si aspetta che, nell’ambito del proprio mandato, «la BNS reagisca in modo appropriato alla situazione delle aziende industriali svizzere, purché questo non metta a rischio la stabilità dei prezzi».
«Oltre alla BNS - aggiunge l’associazione di categoria - la sfida principale spetta ora ai politici, che devono migliorare in modo rapido e deciso le condizioni quadro per la piazza industriale svizzera».