L'industria svizzera degli orologi tra punti di forza e sfide di fase

Una flessione contenuta, dopo tre anni di aumenti. Una ulteriore ridistribuzione del peso dei maggiori mercati, con da una parte il forte arretramento dell’aggregato Cina-Hong Kong e dall’altra però i progressi di Stati Uniti e Giappone. È quanto emerge dai dati sull’export di orologi svizzeri per l’intero 2024. Ad integrazione, si può aggiungere che due altri mercati di rilievo, la Francia e gli Emirati Arabi Uniti, sono rimasti in territorio positivo. Dunque, segno più per quattro tra i primi dieci mercati, con un bilancio annuale complessivo solo moderatamente negativo.
I dati
I dati sulle esportazioni di orologi rossocrociati sono della Federazione dell’industria orologiera svizzera (FH), che a fine gennaio ha reso noti appunto quelli dell’intero 2024. È utile ricordare che il polo elvetico dei segnatempo rappresenta oltre il 50% del fatturato mondiale del settore ed esporta oltre il 90% della sua produzione. L’export svizzero è dunque un indicatore rilevante, non solo per le imprese elvetiche ma anche per tutto il settore orologiero.
Tra gennaio e dicembre 2024 le esportazioni di orologi svizzeri sono state di 25,9 miliardi di franchi, il 2,8% in meno rispetto ai 26,7 miliardi del 2023. Si tratta di un calo, ma non grande in rapporto al record di due anni fa. Nonostante questa flessione, siamo ancora ben sopra i 24,8 miliardi del 2022 e i 22,3 miliardi del 2021. Queste ultime cifre, arrivate dopo la caduta pandemica del 2020 (a 16,9 miliardi), erano state peraltro valutate molto positivamente. In effetti, già nel 2021 si era tornati sopra i livelli pre pandemia del 2019 (21,7 miliardi), per poi andare oltre.
I primi dieci
Guardando ai primi dieci mercati di sbocco per gli orologi svizzeri, ecco quali sono stati nel 2024 l’ammontare dell’export e la variazione percentuale rispetto ad un anno prima: Stati Uniti 4,3 miliardi (+5%), Cina 2 miliardi (-25%), Giappone 1,96 miliardi (+7%), Hong Kong 1,91 miliardi (-18%), Regno Unito 1,7 miliardi (-1%), Singapore 1,6 miliardi (-2%), Francia 1,31 miliardi (+2%), Germania 1,30 miliardi (-3%), Emirati Arabi Uniti 1,2 miliardi (+0,6%%), Italia 1 miliardo (-1%).
Sono evidenti le forti contrazioni di Cina e Hong Kong, non completamente compensate dai progressi di altri mercati. La flessione complessiva dell’export non è marcata grazie soprattutto, come visto, ad USA e Giappone. Rispetto ad un anno prima, gli Stati Uniti confermano il loro primo posto, la Cina è in consistente ribasso ma è ancora seconda, il Giappone conquista il terzo posto a scapito di Hong Kong, che scende al quarto. Il Regno Unito è ancora quinto, davanti a Singapore sesta. La Francia conquista il settimo posto scavalcando, seppur di poco, la Germania ottava. Emirati Arabi Uniti e Italia confermano rispettivamente il nono e il decimo posto.
Non c’è recessione internazionale, ma rallentamento economico sì. Inoltre, il franco ha una forza che rende più cari i beni elvetici. Questi due fattori creano ostacoli in più all’export svizzero. Ma tanti prodotti elvetici, e tra questi molti orologi, sono ad alto valore aggiunto. Ciò ha consentito molte volte di superare fasi difficili e di conservare un buon export. Per il settore questo è tanto più vero se si considera che l’industria svizzera è forte soprattutto negli orologi delle gamme alta e medio-alta, pur avendo anche prodotti di altre gamme. La leadership elvetica riguarda il fatturato, quindi il valore, mentre nella quantità di pezzi prodotti prevalgono i produttori asiatici.
La crescita delle esportazioni di orologi elvetici tra il 2021 e il 2023 è stata un’ulteriore conferma di questa realtà oggettiva. Nel 2024 il rallentamento economico di Cina e Hong Kong ha provocato cadute per gli orologi, ma altri mercati hanno permesso di contenere la flessione. Nei prossimi mesi per le imprese svizzere ci saranno ancora sfide da affrontare, per difendere sia i livelli dell’export sia quelli dei margini sulle loro attività. La gran parte delle aziende elvetiche ha già mostrato molte volte di saper puntare sui prodotti e sui mercati che possono andare meglio nelle diverse fasi.
Le prospettive
Yves Bugmann, presidente della Federazione dell’industria orologiera svizzera, commentando nelle scorse settimane i dati del 2024 ha invitato a distinguere tra rallentamento congiunturale e rallentamento strutturale. Secondo Bugmann il settore è nel primo, non nel secondo. Per il presidente di FH occorre quindi affrontare le difficoltà della fase, sapendo che comunque la struttura del polo elvetico resta buona e che l’attrattività degli orologi svizzeri rimane alta. È una linea condivisa da molti esperti del settore, che indicano un 2025 complesso ma al tempo stesso una resilienza elvetica.
L'occupazione nel settore ha tenuto e quota 65 mila addetti è stata difesa
Il 2024 per l’industria svizzera degli orologi è stato un altro anno di espansione degli organici. L’incremento è stato contenuto, non paragonabile ai balzi dei due anni precedenti, ma c’è stato. La moderata flessione dell’export di segnatempo elvetici non si è tradotta in una riduzione dell’occupazione nel settore, che è rimasta nel complesso a livelli alti, sopra quota 65 mila addetti. Occorre ricordare che questa quota, raggiunta nel 2023, non si vedeva da più di cinquanta anni.
Secondo gli ultimi dati della Convention patronale de l’industrie horlogère suisse (CPIH), che indicano la situazione a fine settembre 2024 e che sono stati pubblicati in gennaio, l’organico dell’industria del settore è di 65.642 unità, cioè di 405 in più (+0,6%) rispetto ad un anno prima. Nel 2023 l’organico era di 65.237 unità, cioè 4.415 in più (+7%) in rapporto ad un anno prima. Nel 2022 gli addetti erano 60.822, cioè 3.330 in più rispetto al 2021. Nell’ultimo anno pre pandemico, il 2019, le unità erano 59.106, poi la contrazione a quota 57 mila dovuta alle conseguenze economiche del virus nel 2020 e nel 2021. In seguito la risalita, come visto.
Sempre secondo i dati della CPIH, i livelli del 2023 e del 2024 si erano verificati come detto per l’ultima volta cinque decenni fa, all’inizio degli anni Settanta. L’industria svizzera degli orologi ha una lunga storia e all’interno di questa si era arrivati attorno a quota 90 mila addetti durante gli anni Cinquanta. C’è stata poi una graduale ma ingente riduzione, sino ai circa 30 mila addetti degli anni Ottanta. La concorrenza dei poli orologieri asiatici e i cambiamenti tecnologici avevano determinato un marcato arretramento del settore in Svizzera.
Una progressiva ripresa nelle vendite e nell’export del polo elvetico c’è stata a partire dalla fine degli anni Ottanta. L’industria orologiera svizzera si è affermata nuovamente, con punti di forza in particolare nelle gamme alta e medio-alta, ma anche con alcune presenze significative nelle gamme media e di base. L’organizzazione del lavoro è molto cambiata negli ultimi decenni e oggi non è possibile pensare ad un ritorno ai picchi di organici degli anni Cinquanta. Tuttavia, non è privo di significato il fatto di aver sorpassato la soglia dei 65 mila addetti sia nel 2023 sia nel 2024.
La CPIH fornisce anche la disaggregazione per cantone degli addetti. Il canton Neuchâtel ha la concentrazione principale con il 26,7%, seguito da Berna con il 21,7% e da Ginevra con il 18,7%, tutti e tre con organici in crescita nel 2024. Dietro i tre del podio ci sono Giura con l’11,4%, Vaud con il 9,9%, Soletta con il 4,9%, Ticino con il 2,4%, Sciaffusa con l’1,4%, Basilea Campagna con l’1%, Vallese con lo 0,7%, Friburgo con lo 0,5%, Zurigo con lo 0,3%. Il Ticino fa parte (con Giura, Soletta e altri) dei cantoni in cui l’occupazione nel settore l’anno scorso è calata. Da noi si è passati dai 1.842 addetti del 2023 ai 1.598 del 2024.
Il numero delle imprese svizzere del settore è sceso nel corso del tempo, come si può facilmente immaginare se si considerano cambiamenti tecnologici e acquisizioni societarie. Negli anni Cinquanta erano oltre 2 mila, all’inizio degli anni Novanta erano poco più di 500. Negli anni successivi c’è stata in pratica una stabilizzazione, con poi una risalita sino alle 716 del 2019. Nel 2024 il numero delle aziende si è attestato a 682, contro le 680 del 2023. Le imprese indicate da CPIH per il Ticino sono 13 per l’anno scorso, contro le 15 dell’anno prima.
Per quel che riguarda le evoluzioni possibili quest’anno, la CPIH conserva la cautela. Se il 2024 si è rivelato in effetti un anno di stabilità e anche di moderato incremento per il livello degli organici, quello in corso secondo la Convention patronale si annuncia più incerto. Le tensioni geopolitiche ed economiche e la forza del franco svizzero rappresentano sfide di taglia per l’industria del settore. Quest’ultima, afferma la CPIH, dovrà quindi aumentare gli sforzi per mantenere i livelli della produzione e degli organici.