Il punto

L'inflazione rallenta e cresce la probabilità che la BNS tagli ancora i tassi

Prosegue la fase calante dell'Indice che misura il rincaro, attestatosi all'1,1% in agosto, a fronte dell'1,3% di luglio e giugno e dell'1,4% di maggio e aprile
© CdT/Chiara Zocchetti
Dimitri Loringett
03.09.2024 18:00

Ulteriore calo dell’inflazione in Svizzera: in agosto il rincaro - misurato dall’Ufficio federale di statistica (UST) con l’Indice dei prezzi al consumo (IPC) - su base annua si è attestato all’1,1%, a fronte dell’1,3% registrato sia in luglio che in giugno e all’1,4% dei due mesi precedenti. Anche lo «zoccolo dell’inflazione», epurato cioè dalle componenti più volatili quali i generi alimentari freschi e stagionali, energia e carburanti, segna un+1,1%. Nel confronto mensile, invece, l’IPC è rimasto stabile.

Secondo gli esperti dell’UST la stabilità dell’IPC rispetto al mese precedente è il risultato di tendenze opposte che si sono compensate a vicenda: sono aumentati i prezzi degli affitti e quelli dell’abbigliamento, mentre risultano meno cari i prodotti alimentari, i trasporti aerei, i viaggi forfetari internazionali, le tariffe del settore alberghiero e paralberghiero, il noleggio di veicoli e l’olio di riscaldamento. Vale la pena ricordare anche il «peso» di alcune categorie sull’IPC: il più importante è quello relativo al gruppo abitazione (affitti inclusi) ed energia (25,2%), seguito dai prezzi amministrati (24,9%), sanità (15,4%), trasporti (11,4%), prodotti alimentari (10,9%) e ristorazione e alberghi (10%).

Riguardo all’indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA), che l’UST calcola con la metodologia in uso nell’UE per il raffronto fra Paesi europei, in agosto ha segnato una variazione dell’1% su base annuale.

«Con l’1,1% annuo, l’inflazione è inferiore a quanto previsto dalla Banca nazionale svizzera (BNS) lo scorso giugno, il che indica che la politica monetaria è in realtà più restrittiva di quanto previsto dalla banca centrale», commenta GianLuigi Mandruzzato, economista senior di EFG Bank a Lugano. «Inoltre - aggiunge - gran parte degli aumenti dei prezzi segnalati è dovuta agli affitti (incremento annuale del 4%, con un «peso» nell’IPC del 18%, ndr), senza i quali l’inflazione sarebbe solo dello 0,4% annuo. Una componente i cui aumenti si modereranno nei prossimi trimestri, man mano che i passati tagli dei tassi della BNS verranno trasferiti al mercato».

Riguardo le componenti «volatili» quali energia e generi alimentari, l’economista di EFG osserva che «la moderazione dei prezzi di queste categorie e la forza del franco svizzero indicano pressioni al ribasso sull’inflazione svizzera nei prossimi trimestri, aumentando le probabilità che il tasso guida della BNS venga ridotto al di sotto dell’1% prima della fine del 2024».

Come noto, l’inflazione è seguita con particolare attenzione dalla BNS, che persegue come obiettivo la stabilità dei prezzi, intesa come un rincaro compreso tra lo 0 e il 2%. Per frenare la crescita dei prezzi l’istituto fra il 2022 e il 2023 ha proceduto a cinque aumenti del tasso guida, che era così salito dal -0,75% al +1,75%. Lo scorso 21 marzo, constatando che l’inflazione è scesa sotto il 2%, la BNS aveva proceduto a un taglio del costo del denaro all’1,50%: è stata la prima grande banca centrale a operare una sforbiciata ai tassi. L’istituto ha confermato lo stesso approccio nell’ultimo esame della politica monetaria: il 20 giugno ha ulteriormente ridotto il tasso guida, portandolo all’1,25%. Il prossimo appuntamento è fissato al 26 settembre. «I dati sull’inflazione di agosto, più morbidi del previsto, rafforzano l’aspettativa che la BNS tagli i tassi di almeno 25 punti base a settembre», commenta Mandruzzato.

A questo punto vien da chiedersi quanto abbia pesato sul rientro dell’inflazione la politica monetaria della BNS, oppure se l’attenuazione del rincaro sia dovuta ad altri agenti (ad esempio la politica fiscale e/o economica del Governo). Giriamo la domanda all’esperto di EFG Bank: «La politica monetaria è stata certamente efficace nel riportare l’inflazione all’obiettivo e, prima, nell’evitare che se ne allontanasse troppo dopo gli shock dovuti alla pandemia e alla guerra in Ucraina. Al tempo stesso, per una “small open economy” come la Svizzera, i fattori esterni saranno sempre più rilevanti sull’andamento dell’economia, incluso quindi i prezzi al consumo, di quanto è il caso in economie più “domestiche” come gli USA o l’area euro. Un fattore che sicuramente ha aiutato la BNS è stata una gestione prudente, a rischio di esserlo troppo, della politica fiscale dello Stato. Un altro elemento che da sempre caratterizza la Svizzera e ha contribuito al contenimento dello shock sui prezzi al consumo è il radicamento di una cultura della stabilità dei prezzi nella società elvetica», conclude GianLuigi Mandruzzato.