L'analisi

L’oro e le altre materie prime alla prova della volatilità

Il metallo giallo ha archiviato un anno con una performance del +26% sostenuto dai bassi tassi d’interesse - Hanno fatto bene anche le commodities industriali come l’alluminio (+14%) e lo zinco (+9,5%) - Quotazioni alle stelle per il cacao (+173%)
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Gian Luigi Trucco
21.01.2025 06:00

Per l’anno appena conclusosi il dato finale dell’indice globale S&PGSCI, riferito all’insieme delle materie prime, ed espresso in dollari USA, appare poco più che piatto (+2,61%) ma in realtà è poco significativo perché, all’interno della categoria, e ancor più all’interno delle diverse componenti di essa, gli andamenti di prezzo nel corso del 2024 sono stati molto diversificati. Lo scenario si definisce come caratterizzato dall’assenza della domanda cinese in molti settori, dal ciclo di politica monetaria espansiva attuato dalle banche centrali, dalle difficoltà ancora presenti in ambito marittimo e logistico, nonché dal peso delle crisi geopolitiche.

Il quadro con cui l’investitore si è trovato, e si trova, confrontato è in realtà molto sfaccettato. Bastano alcuni esempi a illustrarlo. L’oro registra un +26%, sostenuto dai bassi tassi d’interesse, dal clima geopolitico, dai flussi di acquisto di varie banche centrali. Il suo rally è tanto più significativo in quanto coincide con una fase di forza relativa del dollaro USA, nei cui confronti mostra tradizionalmente una correlazione negativa. Per quanto riguarda i metalli industriali si va dal +14% dello zinco al 9,50% dell’alluminio al 3,19% del rame.

In campo energetico gli equilibri fra domanda e offerta e le incertezze sulla politica OPEC+ hanno determinato un andamento piatto, indicato da un -1,9% del petrolio Brent e da un +1,9% del WTI americano. Evoluzioni geopolitiche, scelte energetiche della nuova Amministrazione USA ed evoluzioni della strategia OPEC potrebbero mutare il quadro, come è accaduto per altre fonti energetiche, come il gas naturale, che segna nel 2024 un +52% ed è confrontato ora con il blocco delle forniture russe attraverso l’Ucraina, che l’Europa dovrà sostituire con quelle USA, notevolmente più care.

Un settore in cui gli incrementi delle quotazioni sono risultati particolarmente vistosi è quello delle soft agro-alimentari, a causa di situazioni meteorologiche avverse unite a fattori logistici e mutamenti delle tendenze di mercato: significativo il caso del cacao, col prezzo cresciuto nell’anno del 173%, e quello del caffè, con +62%.

All’inizio del nuovo anno è facile prevedere un orizzonte incerto e volatile alla luce di fattori economici e politici. Se per l’oro le attese rimangono positive e la soglia dei 3.000 dollari l’oncia appare a portata di mano, i metalli industriali possono risentire del nuovo corso della politica USA, improntata al protezionismo, e quindi delle possibili frizioni commerciali fra Washington e Pechino. I temi dominanti, anche per le materie prime, rimangono la transizione tecnologica, dei trasporti e quella energetica. In ciò un posto di rilievo hanno materiali quali litio, cobalto (di cui il 70% proviene dalla Repubblica Democratica del Congo), grafite, rame e nichel, oltre ad altri metalli critici, come quelli delle terre rare (lavorate pressoché interamente dalla Cina). Si tratta di sostanze la cui domanda è destinata a crescere, talvolta in maniera esponenziale, difficili da estrarre e lavorare e soggette talvolta a un uso «strategico», al pari dell’uranio. In tema di elettrificazione, rimane la questione circa l’origine dell’energia necessaria, presumibilmente in gran parte nucleare, e la logistica delle reti di distribuzione, di cui una componente ha origini plastiche, quindi petrolchimiche.

Il costo della decarbonizzazione

Intanto si vanno sempre più rafforzando le connessioni fra i mercati delle materie prime e i rischi che gli intricati scenari geopolitici pongono al trasporto marittimo, a iniziare da aree quali Ucraina e Mar Nero, Suez, Mar Rosso, particolarmente Stretto di Bab el-Mandeb e Golfo di Aden, nonché potenzialmente Golfo Persico e Stretto di Hormuz. I comparti più toccati sono quelli petroliferi, delle granaglie e dei fertilizzanti. Gli indici di rischio per le compagnie salgono sensibilmente, riflettendosi su premi di assicurazione, costi operativi e di sicurezza, ritardi, e dunque anche sui costi dei materiali e dei prodotti. Tutto questo mentre gli armatori sono confrontati con i costi della conversione energetica e della decarbonizzazione degli impianti delle loro navi, come imposto dall’Unione europea.

Date queste condizioni, per l’investitore una scelta opportuna può essere quella di non affrontare il mercato con un prodotto, ad esempio un ETF, troppo ampio e generico, ma neppure troppo concentrato, con un congruo livello di diversificazione, se non nel caso di uno strumento con l’oro fisico quale valore sottostante (ed in esso convertibile).