Materie prime, ecco la tassa UE per ridurre le emissioni
Si scrive CBAM e si legge Carbon Border Adjustment Mechanism, ovvero «Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere».
Che cos’è? È una nuova normativa dell’Unione europea introdotta il mese scorso in modalità transitoria (l’entrata in vigore definitiva è prevista nel 2026) che imporrà una tassa sull’importazione di beni e prodotti (inizialmente cemento, ferro, acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno) fabbricati in Paesi extraeuropei che hanno standard ambientali meno severi rispetto a quelli dell’UE.
Lo scopo? Evitare la cosiddetta «carbon leakage» (rilocalizzazione delle emissioni di carbonio) verso questi Paesi. Sì, perché nonostante l’introduzione, quasi vent’anni fa, di un sistema di scambio delle quote di emissione (Emissions Trading System, ETS) per controllare le emissioni di inquinanti e gas a effetto serra prodotte nell’UE, le emissioni «importate» sono in aumento e c’è il rischio di compromettere gli sforzi messi in atto dall’UE per ridurre l’impronta di carbonio, così come previsto nel quadro del Green Deal europeo.
Ma quale sarà l’impatto di questa tassa? Se lo chiedono in molti, tra cui la Lugano Commodity Trading Association (LTCA) che ieri a Lugano ha illustrato e discusso il tema durante una conferenza organizzata nel contesto del programma di formazione continua Certified Commodity Trading Specialist SAQ promossa da Alma Impact AG.
Il CBAM avrà un impatto principalmente su diversi attori lungo la filiera: produttori, trasportatori, importatori e consumatori industriali e finali. Punto focale della questione è conoscere la quantità di emissioni contenute nelle varie fasi di lavorazione di un materiale - per esempio l’acciaio - affinché si possa stabilire il prezzo e applicare la tassa. Nel caso dell’acciaio, che a Lugano viene trattato da diverse società di trading, le prime stime parlano di un tributo che entro il 2034, ovvero quando il CBAM sarà a regime, potrà arrivare fino al 36% del valore della transazione.
Dopo un’inquadratura generale del mercato ETS e sul CBAM offerto da Dominique Bruggmann di E&Y, che ha precisato come durante la fase transitoria la nuova tassa non verrà prelevata ma ci si limiterà alle attività di raccolta dati e della pubblicazione di «report» a cadenza trimestrale, Rumi Jahani di CarbonChain, società specializzata nel «carbon accounting» ha spiegato l’importanza di avere una «mappatura» delle emissioni la più completa e dettagliata possibile, aggiungendo che il «carbon footprint» è un indicatore sempre più presente nei rapporti annuali delle grandi società.
Da parte sua, il Chief Operating Officer di Valcambi SA, Simone Knobloch, ha portato l’attenzione del pubblico sul settore dei metalli preziosi, che non è toccato dalla nuova normativa UE ma che è ugualmente confrontata - e da tempo - con la questione dell’impronta ambientale. Anzi, come ha spiegato Knobloch, i clienti chiedono sempre più prodotti «green» o di certificare processi di lavorazione sostenibili e, per questo, sono anche disposti a pagare un «premio».
Effetti sulle attività produttive
Non c’è dubbio che questa nuova imposizione «dall’alto» è fonte di preoccupazione per i molti attori (e operatori) attivi nel settore delle commodities.
Alla tavola rotonda conclusiva i relatori non hanno nascosto che l’introduzione del CBAM comporterà oneri burocratici supplementari, ma il vero timore è se la tassa non indurrà le industrie, per esempio dell’acciaio, a delocalizzare la produzione fuori dall’Europa. A detta degli esperti è probabile che qualcuno lo farà, ma applicando una tassa sull’acciaio importato da Paesi extra-UE dove i costi di produzione sono inferiori di fatto «livella» il prezzo a quello europeo. Anzi, come ha sottolineato Rumi Jahani, «l’introduzione del CBAM spingerà sempre più Paesi a dotarsi di sistemi ETS». L’esempio è quello della Turchia, che sarà fortemente impattato dal CBAM e che sta pensando di implementare un proprio sistema di carbon pricing.
«Il CBAM non sarà tanto un problema per l’UE quanto un punto di partenza perché tutti i Paesi si muovano nella stessa direzione», ha affermato, con ottimismo, Jahani.
BNP Paribas, stop a fondi per progetti carbone metallurgico
Il gruppo BNP Paribas ha deciso uno stop ai finanziamenti a progetti dedicati all'estrazione di carbone metallurgico, utilizzato principalmente nell'industria siderurgica, per motivi ambientali. Lo riporta Bloomberg citando una nota della banca francese.
«Questo nuovo impegno fa parte degli sforzi di BNP Paribas di allineare il suo portafoglio crediti nel settore siderurgico con il suo impegno a zero emissioni», evidenzia la banca. La decisione fa seguito agli obiettivi annunciati per ridurre l'intensità delle emissioni di carbonio.
BNP Paribas ricorda che dal 2020 è «impegnata in un percorso di uscita completa dal finanziamento dell'intera catena del valore delle imprese legate al carbone termico entro il 2030 in Europa e nei Paesi Ocse ed entro il 2040 nel resto del mondo».