Meno soldi del previsto dall'imposta minima

Le entrate generate dall'imposizione minima OCSE per il 2024 saranno probabilmente ben inferiori rispetto a quanto preventivato. Secondo un'analisi della società di consulenza Deloitte, nelle migliori delle ipotesi il gettito fiscale raggiungerà solo un quinto dell'importo previsto dal Consiglio federale.
L'imposizione minima del 15% sulle multinazionali dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OSCE) è stata approvata da popolo e Cantoni nel giugno del 2023 e successivamente introdotta in Svizzera con effetto 1° gennaio 2024. La tassa si applica sugli utili dei grandi gruppi attivi a livello internazionale con un fatturato di almeno 750 milioni di euro (circa 700 milioni di franchi).
Dopo l'approvazione alle urne a larga maggioranza le aspettative da parte dell'Esecutivo erano alte: il Consiglio federale aveva previsto infatti un gettito aggiuntivo da 1 a 2,5 miliardi per i primi anni, ma ora, sembra che le entrate saranno decisamente inferiori.
Deloitte ha infatti tracciato una stima basandosi sui 50 maggiori gruppi che figurano nello Swiss Market Index (SMI) - il quale raggruppa i 20 titoli svizzeri più importanti, e nello SMI Mid (SMIM), il listino che rappresenta le 30 società quotate per capitalizzazione subito dopo quelle inserite nello SMI. «Riteniamo che le aziende analizzate pagheranno circa 243 milioni in imposizione minima OCSE», ha detto oggi davanti ai media Thomas Hug, esperto di tasse presso Deloitte e autore dello studio.
Solo una manciata di società hanno dichiarato l'ammontare dell'imposta integrativa che sono tenute a versare. Ma poiché una parte del gettito fiscale finisce all'estero, la società di consulenza ritiene che per l'arco del 2024 nelle casse della Confederazione finiranno, a conti fatti, meno di 200 milioni di franchi. Il che corrisponde, in soldoni, ad appena l'8-20%. A titolo di paragone, si tratta di «una cifra inferiore alle entrate generate dall'imposta sull'alcol o dalle vignette autostradali», sostiene Hug.
Lo studio prende in considerazione solo i dati pubblici, per cui non include le società private o le filiali svizzere di imprese estere: «Tuttavia - dice l'esperto - dai primi colloqui avuti con i Cantoni sappiamo che le autorità si aspettano entrate aggiuntive relativamente basse da queste aziende».
Degno di nota è il fatto che oltre tre quarti del totale delle imposte integrative provengano da un unico gruppo, ovvero dal colosso farmaceutico basilese Roche. Ne consegue così che la maggior parte dell'imposizione minima viene versata dall'industria farmaceutica (80%). Completano il quadro poi le entrate provenienti dal ramo finanziario (10%) e dal settore medtech (6%).
Infine, solamente un terzo delle aziende finite sotto la lente di Deloitte dovrà versare un'imposta integrativa per il 2024 per una questione legata, tra l'altro, alle norme transitorie (cosiddetti «safe harbour»): «L'OCSE si è resa conto che le norme sono molto complesse e sta quindi fornendo agevolazioni alle aziende che soddisfano determinate condizioni», sottolinea Hug.
Secondo Deloitte, molti gruppi beneficiano di questo regime transitorio o hanno sede in Paesi in cui l'aliquota fiscale è già superiore al 15%. Inoltre, la Confederazione ha il diritto di tassare le filiali dei grandi gruppi svizzeri all'estero solo a partire da quest'anno.
Tuttavia, questo regime transitorio - come suggerisce il nome - è solo temporaneo e volto a semplificare la fase introduttiva del lungo percorso dell'imposizione minima. Il gettito fiscale potrebbe iniziare a lievitare a partire dal 2026, ha dichiarato Hug. Un aumento dipenderebbe poi dall'eventuale introduzione dell'imposizione minima OCSE da parte di altri Paesi. Asia, Medio Oriente e America Latina, in particolare il Brasile, stanno lentamente seguendo la stessa rotta fiscale.