Essere previdenti

Non esitare, pianifica (la pensione) ora

Pensare alla propria situazione previdenziale andrebbe fatto il prima possibile, addirittura già già alle scuole superiori
Fabrizio Ammirati
22.06.2024 06:00

Potrà sembrare eccessivo ma ritengo che già alle scuole superiori si dovrebbe parlare di previdenza, come del resto ritengo che si dovrebbe parlare pure di risparmio e di investimento, essendo questi ultimi due degli elementi portanti dei sistemi pensionistici. Penso infatti che una cultura del risparmio diffusa sia la prima misura efficace di politica sociale. Solo così, infatti, si può permettere agli individui di prendere decisioni consapevoli che andranno a influenzare il benessere futuro individuale e collettivo. Per questo motivo sono convinto che si debba iniziare a pianificare la propria situazione previdenziale il prima possibile o comunque dal momento in cui si entra nel mondo del lavoro. L’attività lavorativa va a intrecciarsi fatalmente con le fasi della vita che tutti noi più o meno ci troviamo ad affrontare. Riassumo allora qui alcuni dei momenti più importanti.

All’ingresso del mondo del lavoro tra le prime cose da fare c’è da chiedersi se esistono delle lacune contributive a livello di AVS. Se si inizia a lavorare dopo i 21 anni, per svariati motivi tra cui ad esempio lo studio o per soggiorni all’estero, c’è la possibilità integrare i contributi dell’AVS mancanti solo entro cinque anni dall’inizio dell’attività lavorativa. In assenza di misure compensatorie la rendita AVS sarà ridotta per gli anni mancanti, indipendentemente dagli importi versati all’AVS durante gli anni successivi. Ecco un classico esempio in cui la scarsa informazione previdenziale produce dei danni non sanabili a distanza di decenni, ovvero quando si percepirà una rendita AVS. La seconda decisione che si dovrebbe prendere nella fase iniziale della vita lavorativa è quella relativa all’adesione volontaria a un terzo pilastro. Anche contribuendo con cifre minime ben al di sotto del massimo consentito per legge, grazie a un orizzonte temporale in alcuni casi superiore ai 40 anni, con le potenzialità dalla capitalizzazione composta dei rendimenti applicata alle somme investite (per di più deducibili dall’imponibile), si creano le basi per la creazione di un capitale che andrà a integrare il primo e il secondo pilastro, al momento del pensionamento. Anche in questo caso ogni anno perso rappresenta una potenziale riduzione del benessere finanziario, senza considerare i benefit accessori del terzo pilastro.

L’intreccio di vita e lavoro ha la sua massima espressione durante la fase «adulta», quando il desiderio di creare una famiglia, percorsi di carriera variegati, desiderio di indipendenza o più comunemente il piacere di abitare in casa propria hanno fatalmente influsso sulla pianificazione previdenziale, se questa è finalizzata a mantenere il tenore di vita a un determinato livello anche durante la fase di pensionamento. L’aumento di stipendio, ad esempio, oltre ad aumentare la capacità di spesa, crea spazio per riscatti volontari nel secondo pilastro. Anche la decisione di finanziare l’acquisto di una casa di proprietà mediante i fondi della previdenza professionale crea delle lacune che idealmente andrebbero poi colmate almeno in parte, come se si trattasse dell’ammortamento di un prestito. Infine al compimento dei fatidici cinquant’anni c’è l’ultimo momento utile per influenzare positivamente la situazione previdenziale prospettica avendo ancora a disposizione un orizzonte contributivo superiore ai dici anni. In questa fase finale è saggio iniziare a stimare i fabbisogni di spesa durante il pensionamento e quantificare effettivamente quanto saranno in grado di generare le fonti di finanziamento: primo, secondo ed eventualmente terzo pilastro. Tale esercizio permette poi di decidere in maniera più consapevole quando effettivamente terminare l’attività lavorativa, sfruttando eventualmente sia le opportunità di anticipare la pensione sia la possibilità di posticipare di qualche anno il pensionamento.