Obbligazioni AT1: «Un insegnamento lo traggono anche gli investitori gabbati»
«Il rispetto della separazione dei poteri ha limitato l’indagine della CPI: non spetta alla CPI valutare questioni legali pendenti che sono oggetto di procedimenti giudiziari in corso. Ciò vale in particolare per i reclami contro la svalutazione delle obbligazioni AT1, i reclami degli azionisti in relazione alla fusione e i reclami dinanzi ai tribunali arbitrali».
Così si legge, a pagina 42 del corposo rapporto, il «parere» della CPI in merito all’annosa questione dell’azzeramento (e cancellazione) degli strumenti di capitale AT1 ordinato dalla Finma il 19 marzo 2023 per un valore nominale pari a circa 16 miliardi di franchi. Una decisione che, da quanto si legge nel documento, trova origine nelle discussioni di scenario avvenute già nell’ottobre 2022 in seno al Comitato per le crisi finanziarie (CC).
«È proprio il caso di dire che la montagna ha partorito un topolino», afferma al CdT l’avvocato luganese esperto di diritto finanziario Dario Item. «Era un’occasione unica - prosegue - per individuare le responsabilità e per fare autocritica. La CPI si è invece limitata per lo più a fare spallucce e a mettere la testa sotto la sabbia. È piuttosto deludente, in particolare, che la CPI abbia omesso di valutare la veridicità delle dichiarazioni rese dai vertici di Credit Suisse (Lehmann e Körner), dalla Finma e dal Consiglio federale (Keller Sutter) nella settimana del 15 marzo: è indubitabile che siano state rilasciate dichiarazioni quantomeno illusorie che hanno ingannato i mercati».
«Ancor più deludente è che la CPI invochi il principio della separazione dei poteri (la contraddizione di termini mi pare abbastanza evidente) per evitare di chinarsi sulla questione della legittimità dell’ammortamento degli AT1», dichiara Item. «Parliamo di ben 16 miliardi di franchi di obbligazioni volatilizzati - prosegue l'avvocato - che meritavano sicuramente maggiore riguardo. Gli investitori attendevano fiduciosi risposte chiare da parte della politica, risposte in grado di sgombrare il campo da torbidi presentimenti e di affermare schiettamente se nell’affaire Credit Suisse siano state rispettate oppure forzate le regole. Ma questa fiducia è stata per l’ennesima volta tradita. La politica svizzera ha mostrato tutti i suoi limiti. La CPI si è rivelata solo un inutile spreco di risorse, l’ennesimo. Direi che è una pagina triste per lo stato di diritto».
Come noto, oltre tremila investitori hanno fatto ricorso al Tribunale amministrativo federale (TAF) contro la decisione della Finma. Ancora Item: «Il quadro generale è piuttosto disarmante. Gli investitori attendono da oltre un anno e mezzo che il TAF notifichi loro le risposte di Finma (e UBS) ai ricorsi presentati. Non riesco a trovare alcuna giustificazione per questo ritardo. Molti investitori volgono ormai il loro sguardo e le loro speranze alla giustizia statunitense (negli USA, infatti, sono state presentate una serie di denunce, tuttora pendenti, contro la Finma, UBS, gli ex vertici CS e addirittura contro il Governo federale, ndr.) e negli arbitrati internazionali, soluzioni peraltro in larga misura precluse agli investitori svizzeri».
«Nelle sue conclusioni alle oltre 500 pagine di rapporto - conclude Dario Item - la CPI, come d’uopo, afferma di avere tratto importanti insegnamenti (invero piuttosto superficiali) che non manca di indirizzare a tutte le autorità a guisa di raccomandazione. Direi che gli investitori rimasti gabbati l’insegnamento lo hanno tratto, eccome».
I ricorrenti attendono segnali di vita dal TAF
Il salvataggio di Credit Suisse «orchestrato», questo il termine usato da Karin Keller-Sutter durante la conferenza stampa del 19 marzo 2023, dal Consiglio federale e operato concretamente da UBS, portò all’azzeramento di titoli di credito (AT1) per un valore nominale di 16 miliardi di franchi. A distanza di quasi due anni i creditori che hanno ricorso al Tribunale amministrativo federale contro questa decisione e anticipato 5 mila franchi di spese di giustizia sono ancora in attesa dell’intimazione, da parte del TAF, dell’atto alla Finma. Una lentezza, per i legali dei ricorrenti, anomala.