Ora Tesla trema: «Preoccupati per le ritorsioni sui dazi» ha avvertito che gli esp

Persino la Tesla di Elon Musk, il first buddy del presidente, è preoccupata per i dazi di Donald Trump, che potrebbero aggravare un trend già negativo per la casa di auto elettriche americana. Il timore è quello di ritorsioni dai mercati esteri. Può sembrare un paradosso, dato che Musk è il primo sostenitore di 'Tariff Man' e delle sue politiche commerciali.
Ma in una lettera al rappresentante per il commercio americano Jamieson Greer, Tesla, pur affermando di «sostenere» il commercio equo, ha avvertito che gli esportatori statunitensi sono «esposti a impatti sproporzionati quando altri Paesi rispondono alle azioni commerciali degli Stati Uniti».
«Ad esempio - si legge nella missiva - le passate azioni commerciali degli Stati Uniti hanno provocato reazioni immediate da parte dei Paesi presi di mira, tra cui tariffe aumentate sui veicoli elettrici importati in quei Paesi». E anche Tesla è «vulnerabile a potenziali mosse di ritorsione da parte di altri Paesi in seguito all'intensificarsi dello scontro commerciale» innescato dai dazi Usa, ha scritto la società con sede ad Austin, Texas.
La lettera non è firmata («nessuno vuole essere licenziato per averla mandata», ha confidato una fonte interna) ed è in risposta alla richiesta di commenti pubblici sui potenziali rischi per le aziende americane di essere colpite a seguito delle tariffe. La casa automobilistica sostiene che i dazi potrebbero aumentare i costi di produzione dei veicoli negli Usa e renderli meno competitivi quando vengono esportati all'estero. Inoltre esorta l'amministrazione a evitare di rendere ancora più costosi da importare i minerali che scarseggiano negli Stati Uniti, come litio e cobalto.
Tesla sta attraversando un periodo negativo, da cui difficilmente può salvarla il controverso showroom promosso da Trump alla Casa Bianca in totale spregio di ogni regola sui conflitti di interesse. Da inizio anno il titolo ha perso più del 40% e l'attesa per la nuova Model Y, che ha appena debuttato, non basta a spiegare le difficoltà di Tesla, soprattutto in Europa, dove monta il boicottaggio per la crescente ostilità verso Musk.
A febbraio le vendite in Germania sono diminuite del 76%, in Francia del 45%, in Svezia del 42%. Anche in Cina, dove c'è una forte concorrenza interna sull'elettrico, la situazione non è delle migliori: a febbraio le vendite hanno fatto registrare un crollo del 49%. Un aiuto arriva da Israele, che ha chiesto alla Tesla di presentare un'offerta per fornire auto elettriche ai funzionari governativi.
I timori di Tesla per i dazi sono condivisi anche da importatori, distributori, rivenditori e proprietari di bar statunitensi, che temono di subire un duro colpo se Trump, come ha minacciato, imporrà dazi al 200% su champagne, vini e alcolici europei. Per molti di loro, come hanno confidato a Reuters, il rischio è di chiudere o di licenziamenti di massa. «Una tariffa del 200% sul vino importato... distruggerebbe le aziende statunitensi», ha affermato Ben Aneff, presidente della U.S. Wine Trade Alliance. «I dazi farebbero un danno economico significativamente maggiore qui negli Stati Uniti rispetto all'Europa», ha avvisato.