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«Pausa ai dazi per consentire negoziati? Non è un'opzione»

Raggiunto dai media nell'ambito del colloquio con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente statunitense ha risposto ad alcune domande sulle tariffe: «Ora tutti vogliono trattare con noi»
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«Pausa ai dazi per consentire negoziati? Non è un'opzione»
Red. Online
07.04.2025 09:22
23:47
23:47
«Trump è pronto a negoziare sui dazi»

Il Segretario del Tesoro Scott Bessent, che insieme a Jamieson Greer, rappresentante commerciale degli Stati Uniti, è stato incaricato delle negoziazioni sui dazi con il Giappone, ha dichiarato che Donald Trump è pronto a negoziare. Lo riporta il New York Times. Bessent ha detto di aver suggerito ai Paesi colpiti di «mantenere la calma. E, a un certo punto, il presidente Trump sarà pronto a negoziare». I commenti contraddicono un'intervista di questa mattina di Peter Navarro, consigliere commerciale della Casa Bianca, che ha detto che non ci sarebbero state negoziazioni.

Bessent ha anche, in parte, contraddetto lo stesso Trump che durante il colloquio nello Studio Ovale con Benjamin Netanyahu, ha detto che non sta valutando «pause nei dazi». «Il presidente è il migliore ad esercitare la massima pressione», ha spiegato il segretario al Tesoro lasciando intendere che il tycoon possa aver imposto tariffe alte per portare i Paesi interessati a negoziare.

22:09
22:09
«Non stiamo pensando a una pausa nei dazi»

«Non stiamo pensando a una pausa nei dazi». Lo ha affermato il presidente americano Donald Trump, alla domanda se fosse aperto a uno stop momentaneo per consentire lo svolgersi di negoziati. «È un'opzione che non stiamo valutando». Trump, si legge sul Guardian, ha detto che «ci sono molti Paesi che stanno venendo a negoziare accordi con gli Stati Uniti. Si tratterà di accordi equi. In alcuni casi pagheranno tariffe sostanziali».

Alla domanda se i Paesi possano negoziare una riduzione della tariffa di base del 10%, Trump ha insistito sul fatto che le tariffe siano state efficaci nel convincere i Paesi a sedersi al tavolo delle trattative.

«Se non avessi fatto quello che ho fatto nelle ultime due settimane, non avreste nessuno che vuole negoziare», ha detto Trump. «Ora stanno venendo da noi».

22:01
22:01
«L'Unione europea dovrà comprare energia dagli Stati Uniti»

Donald Trump rilancia l'accusa che «l'UE è stata creata per danneggiare gli USA» sul fronte commerciale. «Molti Paesi, non tutti, volevano creare un monopolio contro di noi», ha detto, lamentandosi che gli USA pagano la NATO per difendere Paesi che poi «fregano» gli Stati Uniti sul piano commerciale.

«L'UE dovrà comprare energia da noi, il commercio deve essere equo e reciproco», ha aggiunto.

21:59
21:59
Caos sui mercati, bruciati 10 mila miliardi in tre giorni

Le speranze di un'inversione di tendenza sui mercati mondiali, affossati giovedì e venerdì dall'introduzione dei dazi voluti dal presidente statunitense Trump, non si sono concretizzate.

Anzi le Borse hanno passato una terza giornata consecutiva di panico, pur con un progressivo tentativo da parte di Wall Street e soprattutto dei titoli tecnologici di limitare i danni. Che comunque sono enormi: in tre giorni di 'sell off' i soli mercati finanziari hanno bruciato quasi 10mila miliardi di dollari, 9.500 secondo i calcoli di Bloomberg.

E i 'caduti' anche nella prima giornata della settimana sono tanti. Hanno iniziato le Borse asiatiche a far capire che il clima non era certo quello del rimbalzo, con il crollo a due cifre (-13%) per Hong Kong. Pesantissimi anche i listini di Tokyo, Shanghai e Shenzhen, che hanno ceduto il 7% abbondante.

Molto male inoltre i mercati azionari del Vecchio continente: le Borse peggiori sono state quelle di Milano e Madrid, che hanno chiuso con un ribasso del 5,1%, seguite da Parigi e Amsterdam in calo del 4,7%, mentre Londra ha ceduto il 4,4% e Francoforte ha perso quattro punti. Alla fine della giornata le Borse europee hanno bruciato 683 miliardi di euro, con un saldo complessivo in tre giorni di perdite per 1.924 miliardi.

Molto breve è stata l'illusione di metà pomeriggio su una possibile pausa di 90 giorni sui dazi, fatta eccezione per la Cina, che sarebbe all'esame di Donald Trump: l'ipotesi è stata attribuita al consigliere economico della Casa Bianca, Kevin Hassett, ma poco dopo la stessa Casa Bianca ha definito la ricostruzione una 'fake news'. Gli operatori finanziari comunque ci avevano creduto poco, accennando solo una limatura delle perdite per poi tornare su pesanti cali.

A credere che la crisi sia pericolosa sembra vi siano invece i dirigenti di alcune delle più grandi banche del mondo, che secondo Sky News hanno avuto una 'call' sugli effetti dei dazi sui mercati finanziari e sull'impatto per l'economia globale. Vi avrebbero partecipato i responsabili di istituti di credito tra i quali Bank of America, Barclays, Citi e Hsbc Holdings, per discutere del caos in corso.

Importante anche un'analisi di Goldman Sachs, che si aspetta «un'accelerazione significativa» della Cina sulle misure di allentamento fiscale per compensare le nuove difficoltà alla crescita emerse con i dazi aggiuntivi Usa.

La banca d'affari ipotizza un impatto di «almeno lo 0,7%» in meno sul Prodotto interno lordo di Pechino per il 2025. «Prima dei dazi, la crescita stava procedendo al di sopra delle nostre previsioni e stavamo contemplando una revisione al rialzo delle aspettative sul Pil per quest'anno», aggiunge Goldman Sachs.

Forte nervosismo anche sui listini dell'energia: il petrolio a New York è sceso anche al di sotto dei 60 dollari, ai livelli minimi degli ultimi quattro anni, per poi muoversi di poco sopra questa soglia psicologica. Il gas ad Amsterdam ha invece chiuso in leggero rialzo (+1% a 37 euro al Megawattora) una giornata passata quasi tutta in calo.

21:58
21:58
Israele «eliminerà il deficit commerciale con gli USA»

«Ho assicurato a Trump che elimineremo il deficit commerciale con gli Stati Uniti». Lo ha detto Benjamin Netanyahu nello Studio Ovale.

«Il libero scambio deve essere un commercio equo», ha sottolineato il premier israeliano aggiungendo che Israele si libererà dei suoi dazi «rapidamente».

20:51
20:51
Trump ordina di riesaminare l'offerta Nippon Steel per U.S. Steel

Donald Trump ha ordinato a un comitato per la sicurezza nazionale fare un ulteriore esame dell'offerta della giapponese Nippon Steel per U.S. Steel per determinare se «ulteriori azioni» sono appropriate, aumentando così le speranze di un via libera per l'accordo. Lo riportano i media Usa.

La direttiva della Casa Bianca ha fatto salire il prezzo delle azioni di U.S. Steel del 12%, poiché gli investitori pensano che l'amministrazione Trump stia considerando di dare disco verde alla fusione dopo che l'allora presidente Joe Biden aveva bloccato l'operazione a gennaio per motivi di sicurezza nazionale. Una decisione condivisa all'epoca anche da Trump. Dopo lo stop le due società hanno fatto causa.

20:24
20:24
E l'India cosa fa?

Il governo indiano non ha sinora reagito ufficialmente alla tariffa del 26% sulle importazioni decisa dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. E, a detta di tutti gli osservatori economici del Paese, non reagirà.

Stando alle dichiarazioni fatte sin dal primo giorno dopo l'annuncio choc delle tariffe Usa, da funzionari del ministero del Commercio, che hanno chiesto l'anonimato, il Paese ha saputo che l'amministrazione di Modi intende giocare le sue carte su un complesso lavorio, che si fonda sulla clausola dell'ordinanza tariffaria di Trump che prevede una tregua per «i partner commerciali che adottano misure significative per porre rimedio ad accordi commerciali non reciproci».

I funzionari fanno riferimento ai colloqui in corso tra i due paesi: pochi giorni prima del 'Liberation Day', infatti, India e Stati Uniti hanno concordato di avviare entro l'autunno del 2025, la prima tranche dell'accordo commerciale Us-India compact.

Come in altre occasioni, dunque, invece di una risposta decisa, l'India sceglie la via, molto più intricata e lenta, di una trattativa. Anche se, nel primo round di questa partita, Delhi si è ritrovata decisamente spiazzata dall'amico divenuto aggressore economico.

Sin dai primi giorni della presidenza Trump, l'India si è sforzata di blandire gli Usa per evitare di ritrovarsi intrappolata nel fuoco di fila delle politiche tariffarie annunciate dal presidente. Nel tentativo di ridurre il deficit commerciale tra i due, che vede un surplus a vantaggio dell'India di 54 miliardi di dollari, il governo Modi ha ridotto le tariffe su migliaia di prodotti importati dagli Usa, per un valore di 23 miliardi di dollari.

Ha promesso di comprare più idrocarburi e più armamenti, inclusi veicoli corazzati, ritenuti da molti obsoleti e non necessari alle forze armate mentre le aziende indiane hanno investito circa 40 miliardi di dollari nell'economia americana. Andando contro gli interessi degli stessi produttori automobilistici indiani, il governo ha poi annunciato di voler procedere seriamente sul taglio delle tariffe per l'import dei veicoli elettrici, come da tempo preteso da Trump.

Ma nonostante tutto questo, il presidente Usa non ha risparmiato la doccia fredda al «grande amico Modi: loro ci tassano del 52%», ha detto lapidario, «e noi non li abbiamo tassati quasi di nulla per anni e anni, e decenni».

Ma se la politica e i commentatori manifestano sostanziale sintonia con le scelte e le attese del governo, l'offensiva tariffaria sta già avendo pesanti ripercussioni sulla borsa indiana: Mumbai ha chiuso oggi con i due principali indici azionari, il Bse Sensex e il Nifty 50, crollati del 5%, ai minimi degli ultimi 9 mesi.

Previsioni poco rosee anche dall'analisi del think tank Gtri, Global Trade Research Initiative: già nel 2025 l'export verso gli Usa potrebbe calare del 6,41%, altri 5.67 miliardi di dollari persi, pur tenendo contro dell'esenzione accordata ai prodotti legati all'energia, ai farmaceutici e al rame, per i quali resta in vigore la clausola Most Favoured Nations.

L'India è certo meno toccata di altri Paesi dell'area ma per Delhi non c'è tempo da perdere: deve riportare al più presto Washington al tavolo della mega partnership dello Us-India Compact.

20:23
20:23
Pechino corteggia il mondo: «Noi la Terra promessa»

La decisione del presidente cinese Xi Jinping di reagire con rapidità e forza alla raffica di «dazi reciproci» globali voluti da Donald Trump ha inviato al mondo un messaggio chiaro: se gli Stati Uniti vogliono una guerra commerciale, la Cina è pronta a combatterla. E le ultime minacce del tycoon di ulteriori tariffe del 50%, nel caso in cui Pechino non ritirasse le sue tariffe al 34% sull'import dei beni americani, è difficile che possano fare breccia tra i leader comunisti, dove il cedimento alle pressioni Usa ha il significato di una debolezza intollerabile.

Quindi, con la scarsa propensione al negoziato, Pechino è tornata a corteggiare le aziende americane attive nel Dragone con lo scopo sia di ribadire la volontà di tutelare i loro interessi di fronte alle posture anti-multilateralismo di Washington, sia di presentarsi come «terra promettente» per tutti gli investimenti stranieri. Il viceministro del Commercio Ling Ji, nell'incontro di domenica coi rappresentanti di una ventina di imprese a stelle e strisce presenti nel Dragone (tra cui Tesla, Ge Healthcare e Medtronic), ha affermato che le tariffe cinesi di ritorsione mirano a rimettere gli Stati Uniti sulla «strada giusta», avendo lo scopo di «proteggere con fermezza i diritti e gli interessi legittimi delle imprese, incluse quelle americane».

La causa principale del problema dei dazi «risiede negli Stati Uniti», ha osservato ancora Lin in base al resoconto fornito oggi dallo stesso ministero, esortando le aziende a «intraprendere le azioni pragmatiche per mantenere in modo congiunto la stabilità delle catene di fornitura globali e per promuovere la cooperazione reciproca e i risultati vantaggiosi per tutti». La mossa di convocare le aziende americane ha, per altro verso, il proposito di Pechino di contare sulla loro pressione su Washington per un cambio di rotta.

Intanto, con Xi passato alla modalità da combattimento, lo yuan è scivolato ai minimi delle ultime 11 settimane sul dollaro oltre quota 7,23, diventando un altro strumento di difesa anti-dazi per sostenere l'export. I funzionari cinesi, inoltre, hanno trascorso il fine settimana a discutere le misure per stabilizzare l'economia e i mercati di fronte all'assalto di The Donald. Goldman Sachs, in particolare, ha stimato «un'accelerazione significativa» dell'allentamento fiscale per compensare le nuove difficoltà alla crescita cinese emerse con i dazi, risultati superiori alle aspettative. La banca d'affari americana, in un rapporto diffuso domenica, ha ipotizzato un impatto di «almeno lo 0,7%» in meno sul Pil di Pechino per il 2025: «Prima dei dazi, la crescita stava procedendo al di sopra delle nostre previsioni e stavamo contemplando una revisione al rialzo delle relative aspettative sul Pil per il 2025». Lo tsunami tariffario ha costretto una revisione globale degli scenari.

19:29
19:29
Via libera alla lista completa dei dazi UE

Il via libera politico dei ministri degli Esteri e del Commercio dei Paesi Ue arrivato oggi a Lussemburgo riguarda la lista integrale di controdazi messa a punto dalla Commissione europea per rispondere a Donald Trump.

Lo riferiscono fonti diplomatiche europee vicine al dossier, confermando che l'elenco è stato trasmesso alle ambasciate dei Ventisette in vista del voto tecnico previsto per il 9 aprile nel comitato in seno all'esecutivo Ue per l'approvazione finale.

Se non ci saranno segnali di apertura da parte degli Stati Uniti, il primo blocco di dazi entrerà in vigore il 15 aprile, mentre una seconda tranche è pronta a scattare il 15 maggio previo un secondo voto tecnico. Nella lista, da una prima verifica, non risultano inseriti superalcolici americani come il whisky.

19:28
19:28
Trump minaccia il veto su una legge che vuole limitare i suoi poteri sui dazi

Donald Trump minaccia il veto ad una proposta di legge bipartisan (con sette adesioni repubblicane al Senato) che limiterebbe l'autorità del presidente di imporre dazi unilaterali: lo scrive Axios dopo aver visionato una nota inviata dalla Casa Bianca agli uffici del Congresso.

«Se approvata, questa proposta di legge ostacolerebbe pericolosamente l'autorità e il dovere del presidente di determinare la nostra politica estera e proteggere la nostra sicurezza nazionale», si legge nella nota, che preannuncia il veto.

18:39
18:39
Il Messico non esclude nuovi dazi per gli USA

Il governo messicano non esclude la possibilità di applicare tariffe reciproche agli Stati Uniti, il suo principale partner commerciale, ha dichiarato oggi la presidente Claudia Sheinbaum. «Per quanto possibile, vogliamo evitare di imporre dazi reciproci. Non lo escludiamo, ma preferiamo proseguire il dialogo prima di adottare altre misure», ha affermato il capo dello Stato nel mezzo della guerra commerciale globale scatenata dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

«Vogliamo evitarli - ha aggiunto - perché particolarmente nel caso dell'acciaio e dell'alluminio la loro attuazione renderebbe i prodotti in Messico più costosi e noi vogliamo sostenere le nostre aziende».

18:37
18:37
«All'Europa basta restare unita: gli Stati Uniti non resisteranno a lungo»

«La pressione è innanzitutto sugli americani. Il Paese potrebbe andare incontro a una recessione con un'inflazione elevata. Si tratta di un mix tossico per qualsiasi società aperta. Vedremo come andrà, ma non saranno in grado di resistere a lungo. Soprattutto se l'Europa riuscirà a essere unita e ad allearsi con tutti gli altri Paesi colpiti da questa follia tariffaria, come il Giappone, la Corea del Sud e ora l'Indonesia».

Lo ha detto il ministro dell'Economia tedesco Robert Habeck al termine al Consiglio Ue sul Commercio.

17:35
17:35
Starmer: «I dazi? Una sfida enorme, ma vogliamo un accordo con gli USA»

I dazi USA annunciati da Donald Trump sono «una sfida enorme» per il Regno Unito. Lo ha detto oggi Keir Starmer, illustrando nella fabbrica Jaguar Land Rover un pacchetto d'aiuti al settore auto che comprende l'alleggerimento degli obblighi sulla transizione verso l'elettrico e la proroga del bando dei modelli ibridi dal 2030 al 2035.

«Nessuno gradisce i dazi, ma vanno colti come un'opportunità», ha proseguito il premier britannico, lasciando intendere di non voler adottare per ora ritorsioni e invocando «calma» sullo sfondo dei «negoziati intensi» in corso con Washington per strappare «il miglior accordo (bilaterale) possibile».

Gli aiuti del governo del Labour all'industria automobilistica del Regno - colpita in prima fila dai dazi di Trump - erano stati annunciati in precedenza dalla ministra dei Trasporti, Heidi Alexander. Starmer li ha quindi dettagliati in un intervento pubblico nella sede della Midlands dello stabilimento inglese di Jaguar Land Rover: storico marchio britannico dell'auto (da tempo di proprietà del colosso indiano Tata) che in questi giorni ha già formalizzato la sospensione delle esportazioni negli USA.

Il premier britannico ha ammesso che quelli attuali sono «tempi problematici», ma anche tempi che richiedono di agire «con urgenza e di levarsi uniti come nazione per affrontare la grande sfida della nostra epoca: rinnovare la Gran Bretagna per renderla sicura in un'era d'instabilità globale».

Ha inoltre accennato alla necessità di «riscrivere» la strategia economica« della sua stessa compagine laburista moderata per garantire »gli interessi dei lavoratori«: parole che secondo i media potrebbero aprire le porte in futuro a un approccio meno restrittivo sulla leva del debito pubblico e sulla politica fiscale e di bilancio.

Al suo fianco, il premier ha voluto con sé nell'occasione sia l'amministratore delegato di Jaguar Land Rover, Adrian Mardell, sia la cancelliera dello Scacchiere, Rachel Reeves, titolare di Tesoro e Finanze nel suo governo. Quest'ultima, facendogli eco, ha rivendicato la scelta dell'esecutivo britannico di reagire »a mente fredda« ai dazi di Trump, ossia senza alcuna ritorsione immediata; e ha fatto suo il riferimento dei giorni scorsi di sir Keir alla necessità di accettare l'inizio di »una nuova era« segnata dal superamento di una certa idea di globalizzazione economica a favore della stella polare »dell'interesse nazionale«.

17:32
17:32
«Negoziati sui dazi con tutti tranne che con la Cina»

«Tutti i colloqui» sui dazi «con la Cina saranno interrotti subito. I negoziati con gli altri Paesi, che hanno richiesto gli incontri, inizieranno immediatamente». Lo ha detto Donald Trump su Truth.

17:19
17:19
Guy Parmelin ha avuto un incontro con il rappresentante USA per il commercio

Guy Parmelin ha avuto un incontro con il rappresentante statunitense per il commercio Jamieson Greer. Le discussioni continueranno, ha annunciato oggi il consigliere federale su X.

L'incontro ha rappresentato «una grande opportunità per discutere delle relazioni commerciali bilaterali», ha sottolineato Parmelin. Giovedì scorso il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato dazi del 31% sui prodotti svizzeri.

17:17
17:17
«Bazooka per colpire Big Tech? Preferiamo negoziare»

«In questa fase, non mi addentrerei in definizioni precise, in speculazioni sul tipo di strumento che metteremo in campo, su come descriveremmo il ragionamento per l'uso di questo strumento o quello strumento, noi preferiamo il negoziato, la nostra risposta è molto graduale. Ora stiamo reagendo all'acciaio e all'alluminio, la risposta è molto incrementale, è spalmata nel corso nel tempo perché vogliamo creare lo spazio negoziale necessario. Quindi siamo pronti a impegnarci e sarebbe un buon risultato per tutti».

Lo ha detto il commissario Maros Sefcovic in conferenza stampa al termine del consiglio del Commercio UE rispondendo a una domanda sulla possibilità che Bruxelles possa rispondere ai dazi USA attivando lo strumento anti-coercizione.

«Primo o poi gli USA si siederanno al tavolo», ha aggiunto, osservando tuttavia: «Allo stesso tempo, finora, nonostante gli sforzi e le aperture, non abbiamo visto un vero impegno che portasse a una soluzione reciprocamente accettabile, perché deve essere equa per entrambe le parti» ha aggiunto.

17:12
17:12
Il consigliere della Casa Bianca per il commercio attacca Musk: «È solo un assemblatore di auto»

«Un assemblatore di automobili»: Peter Navarro, consigliere della Casa Bianca per il commercio, ha definito così Elon Musk, dopo che il patron di Tesla lo aveva denigrato come un «egocentrico che non ha mai costruito un c...».

«Quando si tratta di tariffe e commercio, Elon non è un produttore di automobili ma un assemblatore di automobili», ha detto a CNBC, aggiungendo che molti componenti Tesla provengono da Giappone, Cina, Taiwan.

«La differenza tra il nostro modo di pensare e quello di Elon è che noi vogliamo che gli pneumatici siano realizzati ad Akron, vogliamo che le trasmissioni siano realizzate a Indianapolis», ha aggiunto.

16:55
16:55
Amministrazione Trump nel caos: la Casa Bianca smentisce il consigliere

La Casa Bianca ha subito smentito le parole di Kevin Hassett, consigliere economico di Trump, il quale aveva parlato della possibilità di uno stop di 90 giorni ai dazi. «È una fake news», ha detto la Casa Bianca in merito alle dichiarazione di Hassett alla rete tv CNBC. 

16:49
16:49
«Trump sta valutando una pausa di 90 giorni sui dazi, esclusa la Cina»

Donald Trump sta considerando una pausa di 90 giorni sui dazi, fatta eccezione per la Cina: lo ha detto il consigliere economico della Casa Bianca, Kevin Hassett, come riporta Cnbc.

16:39
16:39
Le maggiori banche del mondo si sono chiamate al telefono sul caos dei dazi

I dirigenti di alcune delle più grandi banche del mondo hanno avuto ieri sera una conferenza telefonica sugli effetti dei dazi sui mercati finanziari e sull'impatto per l'economia globale. Lo rivela Sky News che ha appreso che i responsabili di istituti di credito tra cui Bank of America, Barclays, Citibank e Hsbc Holdings hanno discusso del caos in corso.

16:36
16:36
Von der Leyen: «Offerto a Trump tariffe zero per zero per i beni industriali»

«Siamo pronti a negoziare con gli Stati Uniti. In effetti, abbiamo offerto tariffe zero per zero per i beni industriali, come abbiamo fatto con successo con molti altri partner commerciali, perché l'Europa è sempre pronta per un buon affare».

Lo ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, durante un punto stampa con il premier norvergese Jonas Gahr Store.

«L'offerta è stata fatta molto tempo fa e ripetutamente, ad esempio nel settore automobilistico, ma non c'è stata una reazione adeguata» da Washington, ha sottolineato von der Leyen, osservando che «da molto tempo» l'Ue ha «dazi zero con altri Paesi che hanno anche un forte settore automobilistico».

La Commissione europea in un secondo momento ha chiarito che l'offerta è stata parte dei negoziati tra il commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic e le autorità Usa.

«Tutti gli strumenti sono sul tavolo: ce n'è una gamma», lo strumento anti-coercizione è «un mezzo», ma «dobbiamo vedere come vanno i negoziati per poi decidere quale usare», ha inoltre detto la presidente della Commissione europea, rispondendo a una domanda sulla volontà dell'Ue di usare lo strumento anti-coercizione, visto come l'extrema ratio nella politica di difesa commerciale europea, per rispondere ai dazi di Donald Trump.

Von der Leyen ha ribadito a più riprese che l'Ue è «aperta ai negoziati» e in parallelo sta pensando ad «altre misure di ritorsione».

16:22
16:22
Borsa: l'Europa prosegue in caduta dopo Wall Street, Zurigo al -5,7%

I mercati azionari del Vecchio continente restano violentemente negativi dopo l'avvio in ampio calo di Wall Street: il listino peggiore è di qualche frazione quello di Milano, che è tornata anche a una perdita del 6,0%, seguito da Madrid (-5,8%), Zurigo (-5,7%) e Amsterdam, in calo del 5,6%. Poco al di sotto della perdita di cinque punti percentuali sono Francoforte (-4,9%), Parigi (-4,7%) e Londra (-4,4%).

14:46
14:46
JPMorgan: bisogna risolvere «il prima possibile» la questione dei dazi

Il Ceo di JPMorgan Jamie Dimon - manager americano assai conosciuto e ascoltato nell'ambiente, finanziario, essendo al suo posto dal 2006, praticamente la preistoria in ambito bancario - chiede di risolvere «il prima possibile» la questione dei dazi per via degli effetti che rischia di produrre sull'economia e delle molte «incertezze» che genera e definisce «disastrosa» una «frammentazione» del sistema delle alleanze Usa, a partire dall'Europa.

«Quanto prima si risolve questo problema, tanto meglio è perché alcuni degli effetti negativi aumentano cumulativamente nel tempo e sarebbero difficili da invertire», avverte in una lettera agli azionisti della banca americana. «Mantenere le nostre alleanze unite, sia militarmente che economicamente, è essenziale», aggiunge il 69enne.

Per Dimon «qualunque cosa si pensi delle ragioni legittime delle tariffe appena annunciate - e, ovviamente, ce ne sono alcune - o dell'effetto a lungo termine, buono o cattivo, è probabile che ci siano importanti effetti a breve termine» tra cui «conseguenze inflazionistiche, non solo sui beni importati ma anche sui prezzi interni, poiché i costi di produzione aumenteranno e la domanda di prodotti nazionali aumenterà». «Resta da discutere se il menu delle tariffe provochi o meno una recessione, ma rallenterà la crescita».

Inoltre «ci sono molte incertezze che circondano la nuova politica tariffaria: le potenziali azioni di ritorsione, anche sui servizi, da parte di altri paesi, l'effetto sulla fiducia, l'impatto sugli investimenti e sui flussi di capitale, l'effetto sui profitti aziendali e il possibile effetto sul dollaro Usa. Quanto prima si risolve questo problema, tanto meglio è perché alcuni degli effetti negativi aumentano cumulativamente nel tempo e sarebbero difficili da invertire. Nel breve periodo, considero tutto ciò come un'ulteriore goccia che fa traboccare il vaso».

Secondo Dimon «le nazioni autocratiche del mondo, e alcune delle nazioni non allineate, vorrebbero vedere una frammentazione delle alleanze economiche dell'America e un indebolimento della nostra posizione economica globale» ma «i nostri obiettivi strategici a lungo termine dovrebbero essere chiari: mantenere la coesione e la forza del mondo occidentale, comprese le loro economie. Se le alleanze militari ed economiche del mondo occidentale dovessero frammentarsi - ammonisce Dimon - la stessa America si indebolirebbe inevitabilmente nel tempo».

Dimon rileva che l'Europa «ha alcuni seri problemi da risolvere» sia in campo economico, dove servono riforme strutturali per la crescita e una maggiore integrazione, sia sul fronte di un rafforzamento della difesa. Ma «se la debolezza economica dell'Europa porta alla frammentazione, il panorama assomiglierà molto al mondo prima della seconda guerra mondiale» e «ogni nazione dovrà cercare le proprie relazioni per garantire il proprio futuro, e ciò potrebbe benissimo significare rapporti più stretti con Russia e Iran per l'energia e con la Cina per il commercio e l'economia», di cui potrebbero diventare nel tempo «Stati vassalli». «L'economia - aggiunge - è il collante di lungo termine, e America First va bene, purché non finisca per essere America sola».

14:22
14:22
La Borsa crolla? Ecco i precedenti storici, con occhio anche alla Svizzera

Nelle due giornate di venerdì e di oggi i mercati azionari globali - Svizzera compresa - sono crollati sotto l'impatto dei dazi imposti dal presidente americano Donald Trump al resto del mondo e delle annunciate ritorsioni cinesi. A titolo di confronto ecco una carrellata dei principali crash degli ultimi cento anni, che peraltro non sempre coincidono con le giornate peggiori per la borsa elvetica.

2020: panico per la pandemia
Il 12 marzo 2020, il giorno dopo che l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) dichiara ufficialmente la pandemia Covid-19, i mercati azionari vivono un giovedì nero: Milano (-17%), Madrid (-14%) e Parigi (-12%) subiscono crolli senza precedenti, per Londra (-11%) e New York (-10%) è il peggiore arretramento dal 1987. Si soffre anche nei giorni successivi: il 16 marzo gli indici statunitensi scendono di oltre il 12%.

2008: crisi dei subprime
Le conseguenze della crisi dei subprime - mutui concessi a chi non ha una posizione creditizia favorevole - negli Stati Uniti si estendo ai mercati finanziari mondiali. Tra gennaio e ottobre, i principali indici del mercato scendono tra il 30% e il 50%, con forti perdite in diverse sessioni di ottobre. La crisi finanziaria, culminata nel crollo della banca d'affari americana Lehman Brothers, in settembre, fa precipitare gli Stati Uniti nella recessione. Milioni di americani perdono la casa.

2000: scoppio della bolla di internet
La bolla speculativa dei titoli internet e delle nuove tecnologie si sgonfia. Dopo aver raggiunto un massimo il 10 marzo, l'indice americano Nasdaq scende del 27% nelle prime due settimane di aprile e del 39% in un anno. Il crollo ha ripercussioni su tutti i mercati legati alla cosiddetta new economy.

1987: lunedì nero
Lunedì 19 ottobre, in seguito a un grave deficit commerciale negli Stati Uniti e a un aumento dei tassi di interesse di riferimento da parte della Bundesbank tedesca il Dow Jones americano crolla del 23% in un solo giorno. Anche altri mercati azionari vengono contagiati Si tratta del primo crash dell'era informatica.

1929: crollo di Wall Street
Giovedì 24 ottobre, soprannominato giovedì nero, il Dow Jones perde oltre il 22% all'inizio delle contrattazioni, ma limita poi il calo al 2% alla chiusura. Il 28 ottobre si aggiunge un ribasso del 13% e il 29 ottobre del 12%. È l'inizio della Grande Depressione negli Stati Uniti e di una crisi economica globale.

Quelli indicati sono i principali crolli, che diverse volte sono avvenuti su più giorni in una determinata fase storica. Se si analizzano solo le singole giornate e si prende come riferimento l'indice dei valori guida SMI (che esiste dal 30 giugno 1988: ha esordito a 1500 punti) per quanto riguarda la borsa di Zurigo il giorno più nero è stato il 16 ottobre 1989, quando il mercato perse il 10,54% in reazione a un brusco calo di Wall Street sulla scia di difficoltà di finanziamento in un contesto di euforia delle fusioni. La seconda seduta meno piacevole per gli investitori elvetici è stata quella del 12 marzo 2020 (pandemia coronavirus), con un rosso del 9,64%, la terza il 15 gennaio 2015: venne perso l'8,67% nel giorno in cui la Banca nazionale svizzera (BNS) abolì la soglia minima di cambio fissata in modo unilaterale nel rapporto euro/franco. Interessante è anche la quarta giornata peggiore: risale al 19 agosto 1991, quando nell'Unione sovietica avvenne un colpo di stato (fallito) contro l'allora presidente Michail Gorbaciov. Oggi alle 14.15 l'SMI perde il 5,85% rispetto a venerdì, quando era già arretrato del 5,14%. Se la flessione dovesse confermarsi alla chiusura si tratterebbe del ribasso giornaliero più marcato dal marzo 2020 (pandemia).

12:03
12:03
In fumo già 890 miliardi in 3 ore in Europa

L'Europa ha già mandato in fumo quasi 890 miliardi di euro in poco meno di 3 ore di contrattazioni. È il saldo provvisorio della seduta odierna con l'indice Stoxx 600 in calo del 5,86%. Guardando i singoli listini, Milano perde il 6,17%, Francoforte il 5,68%, Parigi il 5,56%, Madrid il 5,33%, Zurigo il 5,31% e Londra il 4,52%

12:02
12:02
Taiwan chiude a -9,7%, mai così pesante

Le borsa di Taiwan chiude la seduta in calo del 9,7%, registrando la peggiore perdita mai segnalata dal listino di Taipei: l'indice Taiex brucia 2065,87 punti, attestandosi a quota 19'232,35 punti.

12:02
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Alla borsa svizzera «titoli in calo del 65%», ma era uno sbaglio

Il panico generale sui mercati azionari ha portato anche una grande confusione: stando a quanto riferisce l'agenzia Awp i sistemi di quotazione della borsa svizzera SIX, presumibilmente sovraccarichi, hanno mostrato cali di entità inimmaginabile per diverse azioni negoziate.

Per l'istituto di gestione patrimoniale EFG International, ad esempio, il sistema ha mostrato una contrazione di circa il 65% come primo prezzo, mentre per la banca online Swissquote la flessione era del 62%. Si trattava però chiaramente di cosiddetti «mistrades», ossia di transazioni con prezzi errati: le relative operazioni sono state rapidamente dichiarate non valide da SIX.

Nel frattempo il quadro si è normalizzato. I cali di prezzo di EFG (-9,7%) e Swissquote (6,0%) sono ancora consistenti, ma rimangono in linea con quanto ci si può aspettare nell'attuale contesto, che vede l'SMI scendere di circa il 5%. In generale EFG risente del deterioramento del contesto del mercato azionario, mentre Swissquote è probabilmente influenzata dalla riduzione di corso delle criptovalute.

10:34
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Ackman a Trump: «Fermati e tratta o sarà inverno nucleare economico»

L'investitore miliardario e sostenitore di Trump Bill Ackman ha chiesto al presidente americano di sospendere la sua aggressiva campagna di dazi, avvertendo che potrebbe innescare «un inverno nucleare economico» con conseguenze negative per la classe operaia americana.

«Imponendo tariffe massicce e sproporzionate sia ai nostri amici che ai nostri nemici e scatenando così una guerra economica globale contro il mondo intero in una volta sola - sostiene il gestore di hedge fund - stiamo distruggendo la fiducia nel nostro Paese come partner commerciale, come luogo in cui fare affari e come mercato in cui investire capitali».

«Il presidente - è l'appello di Ackman su X - ha l'opportunità di chiedere una sospensione di 90 giorni, negoziare e risolvere accordi tariffari asimmetrici ingiusti e indurre migliaia di miliardi di dollari di nuovi investimenti nel nostro Paese».

Il miliardario sostiene anche che «gli affari sono un gioco di fiducia» e Trump «sta perdendo la fiducia dei leader aziendali in tutto il mondo».

10:27
10:27
Débacle anche per il Bitcoin

Come da previsioni la settimana si apre con un nuovo tonfo sui mercati mondiali dall'annuncio dei dazi di Donald Trump di mercoledì scorso e dalla conseguente risposta della Cina.

La tempesta è partita da oriente, con Shanghai in calo di quasi il 4,5% in apertura e di oltre il 7,3% in chiusura, Hong Kong in ribasso del 12% e Tokyo di oltre il 7,8% in chiusura, mentre Shenzhen ha lasciato sul campo oltre il 10% e Seul (-6%) ha registrato la peggiore seduta dall'agosto del 2024.

Il contraccolpo è arrivato subito in Europa: Londra e Parigi perdono ora il 6,5% Francoforte il 6,0, Zurigo il 5,7%, con i future Usa in forte ribasso (Dow Jones -3,2%, Nasdaq -4,0% a fronte di variazioni inferiori all'1% nella norma).

Le vendite hanno poi riguardato anche il greggio , con il petrolio Usa sotto i 60 dollari al barile (Wti - 3,57% a 59,78 dollari) e il Brent in calo del 3,42% a 63,34 dollari al barile. Positivo l'oro (+0,34% a 3044,45 dollari l'oncia), bene di rifugio insieme al Bund tedesco, il cui rendimento in calo di 10 punti base al 2,47%. Débacle anche per il Bitcoin (-8,76% a 76'220,78 dollari), che si è mangiato in poche ore tutto il guadagno accumulato con i precedenti annunci del presidente Usa Donald Trump.

In questo quadro si rafforza l'euro sul dollaro a quasi 1,1 dollari, mentre la sterlina scende a quasi 1,29 dollari. Da parte sua il franco si è rafforzato sia sul dollaro (+1,0% a 0,85 franchi) che sull'euro (+0,8% a 0,94 franchi).

Da Bill Ackman a Stanley Druckenmiller, gli investitori accusano Trump del disastro sui dazi, che potrebbe rallentare l'economia soffiando sul fuoco dell'inflazione. La speranza ora è che intervenga il governatore della Federal Reserve Jerome Powell abbassando i tassi, ma quest'ultimo ha già detto di non avere fretta.

09:49
09:49
L'Europa scivola ancora, Zurigo e Francoforte -7%

Sulla scia del crollo di Wall Street venerdì e delle borse asiatiche oggi per i dazi di Trump, i listini europei non trovano pace e scivolano ancora. Francoforte, che è partita in calo di oltre il 9%, cede il 7,4%, Milano e Parigi, che hanno fatto fatica in avvio perché gran parte dei titoli non riuscivano ad entrare agli scambi per eccesso di ribasso, perdono rispettivamente il 7,6% e il 5,9%. Pesante anche Londra (-5,2%). Zurigo arretra del 6,7%.

09:29
09:29
A picco anche le altre borse europee

Tracollo dei mercati azionari europei in avvio di seduta: la Borsa di Francoforte lascia il 9,1%, Parigi cede il 6,5%, Madrid perde il 4,7%, Londra flette del 5,5% e Milano arretra del 3,4%, ma molti titoli non riescono ad aprire per eccesso di ribasso.

09:28
09:28
Shanghai chiude a -7,34%, Shenzhen a -10,79%

Le borse cinesi affondano sui timori di guerra commerciale e recessione dopo i controdazi di Pechino al 34% su tutti i beni importati dagli Usa in risposta alle tariffe del presidente americano Donald Trump: l'indice Composite di Shanghai cede il 7,34%, a 3096,58 punti, mentre quello di Shenzhen perde il 10,79%, a quota 1777,37.

I listini hanno una debole reazione nel finale anche di fronte all'annuncio secondo cui il fondo sovrano cinese Central Huijin ha aumentato ancora le sue partecipazioni, e continuerà a farlo in futuro, di fondi indicizzati aperti (Etf) negoziati in borsa allo scopo di favorire il funzionamento stabile dei mercati di capitali.

La Borsa di Hong Kong crolla e registra la seduta peggiore dalla crisi finanziaria del 1997 sui timori di una guerra commerciale e di una recessione globale, in scia ai controdazi cinesi al 34% sull'import dall'America annunciati venerdì in risposta alle tariffe aggiuntive di Donald Trump sul made in China, sempre al 34%: l'indice Hang Seng cede il 13,22%, a ridosso dei minimi di giornata, a 19'828,30 punti, sulle vendite che hanno falcidiato titoli bancari e tecnologici.

09:20
09:20
Borse nel panico, anche in Svizzera apertura in netto ribasso

La borsa svizzera apre in netto ribasso la prima seduta della settimana: alle 09.03 l'indice dei valori guida SMI segnava 11'476,31 punti. Dopo un avvio in netto calo (-1,5%) la borsa svizzera ha accentuato le perdite: alle 09.15 l'indice dei valori guida SMI segnava 10'820,84 punti, in flessione del 7% rispetto a venerdì. Tutti i 20 titoli che compongono l'SMI sono in forte ribasso, con contrazioni che vanno dal -4,2% di Swisscom al -11,9% di Holcim.

Il mercato prende atto della chiusura in profondo rosso di venerdì a Wall Street (Dow Jones -5,50% a 38'314,86 punti, Nasdaq -5,82% a 15'587,79 punti) e dell'andamento odierno spiccatamente negativo delle piazze asiatiche, a partire da Tokyo (Nikkei -7,83% a 31'136,58 punti).

Dopo il venerdì nero - l'SMI ha perso il 5%, la peggiore seduta dal marzo 2020, ai tempi della pandemia - vi è rischio che segua un lunedì altrettanto fosco. Dappertutto a dominare gli eventi sono le conseguenze dei dazi decisi dal presidente americano Donald Trump: il timore è che sulla scia delle guerre commerciali - la Cina ha già risposto con contro-misure - l'economia globale entri in una spirale di recessione. Nel contempo però le barriere doganali potrebbero rinfocolare ulteriormente l'inflazione, rendendo ancora più difficile la lotta al rallentamento congiunturale.

L'avversione al rischio trova conferma nell'ulteriore rafforzamento del franco, considerato un bene rifugio nel momento di crisi: nei confronti della moneta elvetica il dollaro perde l'1,4% (a 0,8483 franchi), l'euro lo 0,9% (a 0,9348 franchi).

Sul fronte interno scarseggiano oggi notizie importanti in ambito aziendale. Nel mercato allargato PSP (dato non ancora disponibile) è da oggi scambiate senza dividendo.