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Per Barilla «la Svizzera è tra i mercati più importanti»

Intervista al vicepresidente del gruppo alimentare che spiega il legame con il territorio elvetico, la scelta di sottolineare i temi ambientali e perché la Borsa non rientra nei piani dell’impresa
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Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
14.06.2019 09:00

LUGANO - Paolo Barilla, classe 1961, ha iniziato la sua carriera nell’azienda di famiglia nel 1991, presso la consociata Barilla France. Nel 1994 è stato nominato vicepresidente del Gruppo Barilla, carica che ha ancora oggi. Dal 1999 al 2000 ha inoltre ricoperto l’incarico di amministratore delegato. Dal 2010, anno in cui è stato nominato presidente dell’Aidepi (Associazione delle industrie dolciarie e pastaie italiane), Paolo Barilla ha ricoperto numerose cariche associative. Nel 2014 è diventato vicepresidente della fondazione Barilla Center for Food and Nutrition. Nel 2016 è stato eletto presidente dell’International Pasta Organization (IPO). Da marzo 2017 a dicembre 2018 ha ricoperto l’incarico di presidente dell’Unione Italiana Food di cui, dal 1°gennaio 2019, è vicepresidente vicario. Durante il Barilla Insieme Day 2019, che si è svolto a Berlino nei giorni scorsi, abbiamo intervistato Paolo Barilla sulle attività e sulle strategie del gruppo.

Il Gruppo Barilla ha una storia lunga ed è una realtà ampia. Quali sono, in sintesi, gli elementi principali di questa storia e di questa realtà?

«Siamo un gruppo internazionale del settore alimentare, di proprietà familiare. Abbiamo radici profonde, la generazione che oggi guida il nostro gruppo è la quarta. Barilla è nata a Parma nel 1877, è chiaro che il percorso delle attività, da allora sino ad oggi, è stato lungo. C’è stata naturalmente un’evoluzione, con un’ulteriore accelerazione in questi ultimi anni. All’inizio la chiave era sostanzialmente produrre-vendere. Questa chiave è rimasta, ovviamente, ma nel corso del tempo se ne sono aggiunte altre, pure importanti. Per parlare del secolo scorso, dagli anni Settanta si è puntato con ancora maggior attenzione sulla capacità di fare cibo sicuro. Dagli anni Ottanta si è sviluppata la selezione delle materie prime migliori. Dagli anni Novanta si è ampliato il focus sulla nutrizione e la salute delle persone. Negli anni Duemila siamo andati ancora avanti e oggi parliamo di ‘good for you, good for the planet’ (buono per te, buono per il pianeta). Portiamo nel mondo il cibo buono, ispirandoci al gusto e allo stile di vita italiano e alla dieta mediterranea. E lo facciamo in un modo che ci permette di contribuire sia alla salute delle persone che alla sostenibilità ambientale».

Avete anche creato una fondazione, quali sono le motivazioni alla base di questa iniziativa?

«Abbiamo creato la fondazione Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN), che opera in maniera indipendente e che ci consente di capire meglio, anche attraverso il parere di esperti internazionali, quali sono i nodi da affrontare per poter procedere in questo percorso di cibo buono e sano e sostenibilità ambientale. Come Gruppo Barilla e come BCFN ogni anno organizziamo un evento internazionale sui temi legati al cibo e all’ambiente; l’anno scorso il Barilla Insieme Day si è tenuto a Singapore, quest’anno a Berlino. Vogliamo far avanzare il dibattito e le conoscenze scientifiche e ascoltare tutte le parti coinvolte, dunque gli esperti e gli chef, ma pure gli opinionisti di questo e altri settori e quanti sono impegnati con esperienze e formazioni diverse nella salvaguardia dell’ambiente; a Berlino quest’anno, ad esempio, hanno partecipato all’evento anche giovani del movimento ambientalista Friday for Future».

Un’impresa deve naturalmente porre sempre grande attenzione ai meccanismi della produzione e della vendita. In che modo queste vostre scelte hanno inciso sul quadro produttivo e commerciale?

«Come impresa abbiamo una funzione produttiva, è chiaro, che va mantenuta e sviluppata. Ma vogliamo andare oltre. Nel nostro gruppo abbiamo bisogno di competenze, tra l’altro sempre più avanzate dal punto di visto tecnologico; accanto alle competenze, tuttavia, i valori restano sempre essenziali. Mio padre, Pietro Barilla, nelle riunioni di ogni livello in impresa insisteva, senza paura di ripetersi, sul concetto di qualità. Noi oggi non dobbiamo stancarci di insistere su concetti come nutrizione, salute, pianeta. Abbiamo riformulato e riequilibrato nutrizionalmente 420 prodotti. Abbiamo eliminato l’olio di palma da tutta la produzione; per lo sviluppo dei nuovi prodotti seguiamo linee guida nutrizionali precise e i valori di fondo che ci ispirano. E vogliamo vendere bene questi prodotti, nel senso di spiegare bene che utilizzo farne, di descriverne correttamente le caratteristiche e la fruibilità, di creare una cultura adeguata anche in chi vende».

La vostra strategia di espansione si basa più sulla crescita organica, cioè delle attività che già avete, o più sulle acquisizioni?

«Guardiamo sempre sia alla crescita organica, sia ad eventuali acquisizioni. Per noi la priorità è ancora e sempre modernizzare e rafforzare le attività che già abbiamo. Non siamo interessati ad acquisizioni motivate solo dal fatto di poter ampliare il volume d’affari. Valutiamo le opportunità di acquisizioni sulla base della possibilità di rilevare attività che possano complementare la nostra offerta, ma che siano coerenti con la nostra linea e i nostri valori. Le faccio un esempio: non credo proprio che compreremmo un’impresa che produce patatine fritte. Quando abbiamo acquisito la svedese Wasa, che è leader nel segmento dei pani croccanti e che è oggi uno dei nostri marchi di punta, abbiamo fatto invece qualcosa che era in linea con le nostre strategie e con i nostri valori».

Come valuta la vostra presenza sul mercato svizzero?

«La Svizzera per noi è importante, è il nostro settimo singolo mercato. È inoltre un mercato molto selettivo sul valore della qualità e per noi questo è molto positivo, anche perché ci dà spunti per migliorarci continuamente. Il rapporto con i clienti svizzeri è stato ed è rilevante. Le faccio un esempio: proprio dalla Svizzera è arrivata molti anni fa la richiesta di usare solo uova di galline allevate a terra per la nostra pasta all’uovo; la richiesta era giusta e da quel momento abbiamo utilizzato quel tipo di uova non solo per il mercato svizzero, ma per tutta la nostra produzione. Ma c’è un altro elemento da considerare, la Svizzera è anche un Paese di punta nell’innovazione e produzione di alta tecnologia industriale. Noi lavoriamo storicamente con Bühler, che ci fornisce impianti ad alta tecnologia per la produzione alimentare. Per Barilla e i suoi marchi la Svizzera non è quindi solo un mercato importante, ma è anche la sede di una collaborazione tecnologica di primo piano».

Il Gruppo Barilla non è mai stato quotato. Pensate che la Borsa sia una possibilità, oppure resterete lontani dai listini azionari?

«Effettivamente non abbiamo mai voluto quotarci in Borsa. Non pensiamo che la Borsa in sé sia negativa. Semplicemente non ne abbiamo mai sentito l’esigenza. E ancora oggi è così. Ogni impresa deve certamente puntare a fare utili e i numeri sono importanti perché sono gli indicatori dello stato di salute dell’impresa. Pur riconoscendo l’importanza dei numeri, tuttavia non bisogna rimanerne vittime. Per esempio, un focus eccessivo sui risultati economici rischia spesso di dare maggiore priorità a una logica di breve periodo. Occorre invece poter pensare più in grande, poter attuare strategie adeguate di lungo periodo, capaci di portare valore all’azienda, alle persone, alle comunità e all’ambiente. Sin qui ci siamo riusciti e pensiamo di poter continuare lungo questa nostra strada».

Paolo Barilla è al timone del gruppo insieme ai fratelli Guido e Luca.
Paolo Barilla è al timone del gruppo insieme ai fratelli Guido e Luca.