Informatica

Quando la «sovranità digitale» la creano le aziende svizzere

Nel parco tecnologico di Basilea si è appena aperto un centro d’innovazione per l’IA dove operano società che contribuiranno a rendere la Svizzera meno dipendente da tecnologie straniere, garantendo la sicurezza dei dati nazionali
Il co-fondatore di Phoenix Tecnologies, Thomas Taroni, nel «suo» data center. © Phoenix Technologies
Dimitri Loringett
12.04.2025 06:00

C’è anche un po’ di Ticino nell’AI Innovation Center che ha aperto i battenti negli scorsi giorni nel complesso dello Switzerland Innovation Park Basel Area. Il centro, il primo del suo genere in Svizzera, è il frutto anche della collaborazione, annunciata lo scorso febbraio, di due aziende svizzere attive l’una (Phoenix Technologies) nel campo delle infrastrutture informatiche, dei servizi di intelligenza artificiale (IA) e del cloud computing e l’altra (la ticinese ITNB) nel campo della sicurezza informatica e dell’IA. La visione comune alle due aziende è chiara: contribuire a raggiungere l’obiettivo della «sovranità digitale», in particolare nell’ambito dell’IA e della cibersicurezza. Un obiettivo per altro incluso nella strategia «Svizzera digitale» del Consiglio federale e che, a seguito delle sempre più rapide evoluzioni in atto nell’industria dell’informatica avanzata e dei mutati contesti internazionali, è diventato ormai una priorità.

«L’autodeterminazione digitale non è più un’opzione, è essenziale», ha dichiarato Patrick Geiser, direttore di Phoenix Technologies, durante l’evento inaugurale del centro. Il riferimento è alla questione della dipendenza da infrastrutture informatiche e servizi digitali forniti dalle grandi società tecnologiche straniere, perlopiù statunitensi, alle quali affidiamo molti, forse troppi, dati - soprattutto quelli sensibili e personali.

Anche la Confederazione stessa, ci spiega un utente del centro ed esperto di cibersicurezza, si affida ad AWS, la piattaforma cloud di Amazon fra le principali al mondo, benché funzioni su infrastrutture localizzate in Svizzera. Ma la U.S. CLOUD Act del 2018 (l'acronimo sta per Clarifying Lawful Overseas Use of Data) consente alle autorità inquirenti statunitensi di ottenere mandati di ingiunzione per costringere le aziende tecnologiche americane a fornire qualsiasi dato su cui abbiano controllo, ovunque sia fisicamente ubicato nel mondo. In altre parole, la Confederazione non è sovrana dei dati svizzeri custoditi in Svizzera sulle piattaforme cloud di Amazon, Google, Microsoft, Oracle ecc.

La sicurezza prima di tutto

Ma oltre alla questione della sovranità dei dati, c’è quella forse ancora più importante della sicurezza. Risale a fine marzo ma è stato ammesso solo in questi giorni: Oracle ha subito un ciberattacco alla sua popolare piattaforma cloud, da cui sono stati sottratti circa sei milioni di record, che includevano chiavi di sicurezza private dei clienti, credenziali crittografate e altro ancora. L’anno scorso la vicenda del «banale» aggiornamento del software di sicurezza Crowdstrike ha provocato guasti informatici in tutto il mondo, colpendo in particolare milioni di utenti Microsoft - anche in Svizzera, dove il gigante di Redmond opera da tempo i propri centri dati in locale ma che, si deduce, sono in qualche modo «raggiungibili» dagli USA.

Una questione di fiducia

Le questioni della sovranità digitale e della sicurezza informatica sono intrinsecamente legate fra di loro e trovano un fondamento comune nel principio della fiducia, di cui si è parlato molto all’evento basilese. Ma possiamo ancora fidarci dei colossi big tech? Giriamo la domanda a Matteo Brignoli, Business Development Officer di ITNB: «Senz’altro, specialmente perché non dobbiamo reinventare la ruota in materia di tecnologia. Dobbiamo tuttavia chiederci se possiamo permetterci di perdere l’esclusivo possesso e controllo dei nostri dati aziendali e personali. Ci troviamo dunque ad avere la necessità di utilizzare strutture sovrane Svizzere. Nel caso nostro e dei nostri clienti, possiamo provare che i dati, gli strumenti e i modelli LLM (large language model, ndr) sono al 100% in Svizzera».

Il settore privato è già in moto

Se la sovranità digitale è diventata ormai una priorità per la Confederazione, sorprende che in un Paese con due Politecnici a valenza internazionale e con superiori capacità tecnico-informatiche nel settore privato siamo tuttora «big tech-dipendenti», specie nel contesto della rivoluzione informatica in atto con l’IA. Ma qualcosa si è già mosso, perlomeno nel mondo accademico-scientifico: nel dicembre 2023 proprio i due Politecnici federali hanno lanciato la «Swiss AI Initiative», in collaborazione con le università e le SUP in Svizzera e con il Centro di calcolo scientifico svizzero (CSCS) dell’ETH a Lugano, dove a inizio 2024 è stato inaugurato il super calcolatore ALPS. L’obiettivo è di sfruttare l’enorme potenza di calcolo di ALPS per sviluppare dei cosiddetti foundation model (modelli base) di IA specifici per cinque aree (scienze, formazione, robotica, salute e ambiente) e per farli progredire su larga scala verso l’affidabilità e l’efficienza. E, soprattutto, la trasparenza.

Se il settore pubblico ha gettato le basi sulle quali costruire l’IA «Swiss made» di cui ci si potrà fidare, il settore privato non è rimasto con le mani in mano e l’apertura del centro basilese (che si colloca, va detto, in un contesto più ampio del citato SIP ma anche delle note industrie chimico-farmaceutiche e delle scienze della vita) ne è la dimostrazione. Ma l’impressione è che la Svizzera, nel suo complesso, sia un po’ in ritardo. Oppure no? E ancora: perché è così difficile, in un Paese così ricco e avanzato, riuscire a raggiungere l’autonomia digitale? Ancora Brignoli: «In realtà ci sono due tipi di aziende in Svizzera: quelle che stanno agendo e quello che hanno già perso il treno poiché non c’è più tempo per il “se” e i "ma". L’esempio dell’AI Innovation Center a Basilea dimostra la forte reazione del settore privato a questa percezione di ritardo che in realtà si sta trasformando in una forza congiunta con relativi risultati».

«La mia scommessa per il futuro è che non ci vorranno diciotto mesi prima che in questa regione, da questo cluster, o magari proprio da questo centro di innovazione, avremo notizia di un’azienda fondata interamente sulla GenAI (IA generativa) e completamente data-driven». Così, in chiusura, Patrick Geiser di Phoenix Technologies immagina il prossimo futuro - che sarà tutto svizzero, sicuro, affidabile e, aggiungiamo noi, anche un po’ ticinese.