Industria

Quando lo «speed dating» si fa aziendale

L’Associazione delle imprese farmaceutiche in Svizzera (vips) ha organizzato per la prima volta in Ticino uno «speed dating» con alcuni amministratori delegati per discutere anche delle sfide che incombono sul settore
Una sfida comune a molte aziende farmaceutiche è la pressione sui prezzi esercitata dall’autorità federale. © CdT/Chiara Zocchetti
Dimitri Loringett
27.11.2024 06:00

Cinque CEO di altrettante aziende farmaceutiche, quindici minuti di interazione «one-on-one», un luogo, molti temi. Non è evidente, almeno per un giornalista, poter parlare «a tu per tu» con un alto dirigente d’azienda, figuriamoci cinque di loro in un unico luogo e simultaneamente. O quasi. Sì, perché quello svolto ieri a Locarno è stato uno «speed date aziendale», un innovativo modo di mettere in contatto le imprese coi media proposto per la prima volta nella Svizzera italiana da vips (Associazione delle imprese farmaceutiche in Svizzera). Un’operazione di relazioni pubbliche, certo, ma già sperimentato con successo nel resto del Paese e alla quale non poteva certo mancare la Svizzera italiana, dove il settore occupa complessivamente circa 3.700 dipendenti e fattura quasi due miliardi di franchi all’anno (dati Farma Industria Ticino).

E lo scopo di questi incontri «a rotazione» non era necessariamente quello di generare contenuti per i media, piuttosto di allacciare rapporti personali ed estendere le rispettive reti di contatti. Ma, appunto perché l’industria farmaceutica è una realtà economica importante in Ticino, ne abbiamo approfittato per scoprire, da una parte, realtà forse meno conosciute e, dall’altra, capire quali sono le sfide che queste aziende stanno affrontando. Cominciamo a dire che c’è un fattore che accomuna le cinque società incontrate ieri a Locarno: sono state tutte fondate molti anni fa, nei primi decenni del Novecento. Una curiosità: due aziende partecipi all’evento hanno origine a Chiasso: la più antica (FarmaMondo, fondata nel 1915), ha tuttora sede nella centralissima piazza Indipendenza, mentre l’altra e forse più nota (Sintetica, fondata nel 1921), è insediata da tempo a Mendrisio. Le altre imprese presenti all’incontro erano: Bracco (Suisse), fondata in Italia nel 1927 ma presente in Ticino, nel Luganese, dal 1991; IBSA Institut Biochimique, fondata nel 1945 pure essa nel Luganese; e OM Pharma, società non propriamente ticinese, poiché che si è insediata nel 1937 è a Meyrin, nel Canton Ginevra, ma la filiale elvetica è diretta da un ticinese «doc» (di Cadro, per la precisione).

Ad accomunare queste aziende ci sono naturalmente altri elementi, decisamente più «attuali», relativi al mercato, all’innovazione e alle condizioni quadro offerte nella Confederazione. Diciamo subito che vi è unanimità fra gli amministratori delegati di queste aziende sul fatto che la Svizzera è, oggi come un secolo fa, un Paese molto attrattivo per fare impresa nell’iper-competitivo settore della farmaceutica, specie per le realtà medio-piccole che caratterizzano (anche) il contesto ticinese. Ma le sfide non mancano - e non sono tutte, come si potrebbe pensare, relative alle crescenti difficoltà che si riscontrano nel commercio internazionale (trasporti, catene di approvvigionamento, dazi ecc.). Se pensiamo, per esempio, al paventato giro di vite sui dazi che la prossima amministrazione Trump potrebbe effettuare, per praticamente tutti i CEO incontrati il problema praticamente non sussiste. Bisogna dire che, in generale, il settore pharma è meno soggetto di altri in materia di dazi. Inoltre, molte società, anche di piccola-media taglia, o già producono negli USA, o esportano prodotti di nicchia che non sono fabbricati con componenti oggetto di dazi particolari. È stato anche sottolineato che l’Accordo sul reciproco riconoscimento (MRA) sulle Norme di buona fabbricazione, siglato l’anno scorso, aiuta molto la commercializzazione di farmaci sviluppati in Svizzera destinati al mercato nordamericano e viceversa. Non per nulla, ma anche per altri motivi, buona parte delle aziende partecipanti all’evento ritiene il mercato USA quello con maggiore potenziale di sviluppo.

Ma la sfida maggiore emersa in tutte le cinque conversazioni è «in casa» e riguarda la pressione sui prezzi dei farmaci rimborsabili dall’assicurazione malattia in Svizzera. L’Ufficio della sanità pubblica effettua ogni tre anni il riesame delle condizioni di ammissione dei farmaci soggetti all’obbligo di rimborso dalle casse malati, un’operazione che tiene conto anche dei prezzi dei medicinali all’estero, notoriamente più bassi. Come si può facilmente intuire, l’autorità federale impone prezzi sempre più bassi, il che provoca però un ulteriore assottigliamento dei margini di guadagno delle imprese che producono tali farmaci. Margini che sono già sottili per via dell’aumento dei costi di produzione (materie prime, processi, personale, inflazione ecc.). Come uscirne? Per alcuni si rinuncia semplicemente a produrre il farmaco non più redditizio. Per altri, dove non c’è alternativa perché si tratta di farmaci indispensabili (e «di nicchia»), si «stringe la cintura». E poi c’è la delocalizzazione di linee di produzione che, tuttavia, non ha un impatto troppo significativo nel cantone in quanto queste aziende hanno già impianti di produzione all’estero. Infine, c’è la via dell’innovazione, che per rimane ancora la soluzione preferita sul lungo termine, benché la più dispendiosa nel breve.