L'analisi

Rallentamento ma non recessione in un quadro globale in movimento

Nel rapporto di UBS GWM la previsione di un PIL mondiale ancora in aumento nel 2025, seppur non con lo stesso passo del 2024 – In questi anni Venti c’è stata anche una serie di dati economici positivi, nonostante i fardelli legati alla pandemia, all’inflazione, ai conflitti bellici
© Pavel Bednyakov
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
01.12.2024 23:59

Crescita mondiale in rallentamento, ma non recessione internazionale. Inflazione nel complesso ancora in calo. Borse globali che rimangono in territorio positivo. Sono alcuni dei punti salienti del rapporto sulle prospettive per il 2025, firmato dal ramo Global Wealth Management (GWM) di UBS. Un rapporto che viene pubblicato in finale di ogni anno e che questa volta ha come titolo in inglese Year Ahead 2025: Roaring 20s, cioè L’anno a venire 2025: Ruggenti anni Venti. Il riferimento è naturalmente a questi anni Venti del Duemila, nei quali si è sin qui registrata anche una serie di dati positivi, nonostante i lockdown legati alla pandemia, un’impennata di inflazione e tassi di interesse, le guerre in Europa Orientale e Medio Oriente.

Lo scenario

Dall’inizio degli anni 2020, indicano gli esperti della maggior banca elvetica, i mercati azionari globali sono cresciuti del 50%, il PIL nominale è aumentato di oltre il 30% e gli utili aziendali degli Stati Uniti sono quasi raddoppiati. La presidenza Trump ora può potenzialmente rimodellare il panorama economico e geopolitico degli USA. I dazi, affermano gli analisti di UBS, sono in grado di impattare in modo significativo gli scambi commerciali e di provocare inflazione. Ma le negoziazioni con i partner o le sfide legislative a livello nazionale potrebbero attenuarne la portata e nel contempo i tagli alle imposte e la deregolamentazione potrebbero sostenere una narrazione di mercato più positiva.

Lo scenario di base per il 2025 prevede una crescita ancora solida negli USA, tassi di interesse comunque più bassi e progressi legati all’intelligenza artificiale. In Asia, la crescita della Cina dovrebbe rallentare, mentre l’India dovrebbe continuare a registrare una crescita robusta. In Europa la crescita sarà con ogni probabilità contenuta e non omogenea, ma dovrebbe nel complesso un po’ migliorare, anche grazie agli aumenti salariali e al calo dei tassi. Svizzera, Regno Unito e Spagna dovrebbero avere crescite superiori all’1%, mentre Germania, Francia e Italia dovrebbero crescere attorno all’1%.

Le cifre

L’economia mondiale dovrebbe registrare un aumento del PIL del 2,9% nel 2025, dopo un 3,2% nel 2024. Gli USA dovrebbero avere l’anno prossimo un 1,9%, dopo un 2,7% quest’anno. L’Eurozona dovrebbe registrare uno 0,9% nel 2025, dopo uno 0,7% nel 2024. La Svizzera dovrebbe avere un 1,3% l’anno prossimo, dopo un 1,4% quest’anno. Il Regno Unito dovrebbe registrare un 1,5% nel 2025, dopo uno 0,9% quest’anno. Il Giappone dovrebbe registrare un 1,1% nel 2025, dopo un -0,2% nel 2024. La Cina dovrebbe avere un 4% l’anno prossimo, dopo un 4,8% quest’anno. L’India dovrebbe crescere del 6,3% nel 2025, dopo un 6,7% nel 2024.

Per gli esperti di UBS l’inflazione in media annua a livello mondiale dovrebbe scendere dal 5,8% nel 2024 al 3,3% nel 2025. Gli USA dovrebbero avere un calo dal 3% al 2,6%, l’Eurozona dal 2,4% al 2,1%, la Svizzera dall’1,1% allo 0,8%, il Regno Unito dal 2,5% al 2,3%. In Asia, il Giappone dovrebbe scendere dal 2,6% al 2,2%, la Cina dallo 0,4% allo 0,1%, l’India dal 4,7% al 4,2%. Nonostante il difficile quadro geopolitico internazionale e le possibili ulteriori tensioni su dazi e barriere commerciali, gli analisti della maggior banca svizzera vedono quindi il permanere per ora del calo dell’inflazione.

Non siamo ovunque a quel 2% in media annua che è l’obiettivo delle principali banche centrali, ma ci si è vicini. La Svizzera d’altronde è dentro il suo 0%-2%. Guardando non solo al 2025 ma anche agli anni successivi, dicono gli esperti di UBS, le 5D (debito, deglobalizzazione, demografia, decarbonizzazione e digitalizzazione) rimangono fattori chiave che probabilmente traineranno mercati ed economie, con opportunità e rischi. Questi trend dovrebbero portare ad una crescita più elevata, pur con il pericolo sempre esistente di periodi di inflazione più alta.

Borse e valute

Rimanendo all’anno prossimo, l’indice borsistico mondiale a fine 2025 dovrebbe essere ancora in progresso rispetto ai livelli di queste settimane, già frutto di consistenti rialzi. Il traino maggiore dovrebbe essere nuovamente la Borsa americana. La Borsa svizzera dovrebbe avere un altro progresso annuo, seppur moderato. In campo valutario, il dollaro USA dopo i netti rialzi di questi mesi potrebbe cedere l’anno prossimo qualche frazione all’euro. Il franco viene visto ancora molto forte, in rialzo sulla valuta USA e in sostanza stabile sulla moneta unica europea. Oltre alle azioni, UBS indica tra i capitoli più interessanti quello dell’oro, visto ancora in progresso, e quello dell’immobiliare, soprattutto per logistica, data center, alloggi multifamiliari. Questo lo scenario, la verifica nei prossimi mesi.

Svizzera, la tenuta resta molto buona

In molti casi una parte consistente della Svizzera riconosce al Paese meno di quanto venga riconosciuto, in termini di meriti, oltre frontiera. Uno dei campi in cui ciò è più evidente è quello della crescita economica. Le valutazioni positive sulla Svizzera sono molto numerose all’estero, mentre in patria non pochi si lamentano per una presunta insufficienza elvetica. L’insistenza della stessa Segreteria di Stato dell’economia (SECO) su una crescita svizzera attuale al di sotto della media è fuorviante, perché è ovvio che in una fase di rallentamento economico internazionale non si possa essere ai livelli più brillanti. Ma il punto vero è che la Svizzera in questo contesto complicato esprime una tenuta chiaramente buona e ciò va valutato positivamente.

I numeri

Il rapporto del ramo Global Wealth Management (GWM) di UBS sulle prospettive per il 2025 assegna alla Svizzera una crescita economica dell’1,3% per l’anno prossimo, dopo un 1,4% per quest’anno. Sono buone percentuali. Soprattutto considerando due fattori importanti. Il primo è appunto il non facile quadro geopolitico ed economico internazionale. Il secondo è il livello alto già da tempo raggiunto dalla Confederazione elvetica: trattandosi di un Paese già molto sviluppato, è chiaro che non si possono richiedere elevati tassi di crescita economica annua, che sono invece in genere una caratteristica dei Paesi emergenti o di sviluppo ancora contenuto, che devono evidentemente guadagnare un maggior terreno.

Secondo il Fondo monetario internazionale (FMI), la Svizzera tra il 2006 e il 2015 ha registrato una crescita media annua del 2%, contro l’1,5% dell’insieme delle economie avanzate. Negli otto anni successivi, sino al 2023 compreso, la Confederazione ha registrato quattro volte risultati migliori della media delle economie avanzate. Non si capisce bene dunque come si possa valutare non positivamente la crescita economica elvetica, tenendo presente come detto anche i livelli alti già raggiunti, anche per quel che riguarda il Prodotto interno lordo (PIL) pro capite. Lo stesso FMI prevede che il PIL svizzero aumenti ancora dell’1,3% nel 2025, dopo aver ottenuto una percentuale identica nel 2024.

Le previsioni dell’FMI e di UBS GWM trovano conforto anche nei dati sul terzo trimestre di quest’anno, pubblicati nei giorni scorsi dalla SECO. Tra luglio e settembre la crescita è stata dello 0,2% sul trimestre precedente e dell’1,3% rispetto ad un anno prima. Queste sono le cifre al netto degli eventi sportivi (la Svizzera è sede di organizzazioni sportive internazionali che hanno un rilevante indotto economico). Se si prendono le cifre al lordo degli eventi sportivi, le cose vanno ancora meglio: crescita dello 0,4% sul trimestre precedente e del 2% rispetto ad un anno prima. Le lamentele sul fatto che la crescita nel terzo trimestre sia stata inferiore a quella del secondo trimestre hanno scarso fondamento. Anzitutto, ciò è vero su base trimestrale ma non su base annua. Poi, si potrebbe allora anche dire che i dati del terzo trimestre sono superiori a quelli del primo trimestre. Alla fine, quello che conta è la media di crescita per l’intero anno e questa con ogni probabilità sarà come visto ben sopra l’1%.

Tempi e modi

Occorre anche analizzare con equilibrio i dati sull’andamento dei singoli settori. L’economia svizzera è molto diversificata, è fatta di industria, commerci, finanza. Può capitare che nei diversi trimestri ci sia un andamento positivo per alcuni settori e uno meno positivo o negativo per altri. Bisogna tenere sotto controllo le dinamiche dei differenti versanti, ma per una valutazione dell’intera economia elvetica occorre naturalmente tener conto anche e soprattutto del risultato complessivo. Ponendo come termine di riferimento principale quello dell’andamento in almeno un anno. Adottando una lettura ragionevole di questo tipo, si può vedere come la resilienza economica della Svizzera, favorita dalla diversificazione, sia stata e sia notevole.