Ricchi sempre più ricchi mentre la povertà aumenta: «Nessuno dovrebbe avere un miliardo»
Ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. L’ineguaglianza nel mondo sta aumentando a un ritmo vertiginoso e passeranno centinaia di anni prima che la povertà venga sradicata. È quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief), secondo cui i cinque uomini più ricchi del pianeta (Elon Musk, Bernard Arnault, Jeff Bezos, Larry Ellison e Mark Zuckerberg) hanno più che raddoppiato la loro fortuna, passando da 405 miliardi di dollari del 2020 agli attuali 869 miliardi di dollari. Si parla di un ritmo di crescita di 14 milioni di dollari l’ora, mentre quasi cinque miliardi di persone sono diventate più povere. Se le tendenze attuali dovessero continuare - si legge nel documento dal titolo Inequality Inc. - il mondo avrà il suo primo trilionario (un trilione nella scala corta statunitense equivale a mille miliardi, ndr) entro un decennio e la povertà non sparirà dal nostro mondo prima di altri 229 anni.
Il report, pubblicato oggi, 15 gennaio, giorno in cui le élite imprenditoriali si riuniscono a Davos per il World Economic Forum (WEF), rivela che sette delle più grandi aziende del mondo su dieci hanno un miliardario come amministratore delegato o come principale azionista. Queste società valgono 10,2 trilioni di dollari, ossia più del PIL di tutti i Paesi dell’Africa e dell’America Latina sommati.
Il direttore esecutivo ad interim di Oxfam International, Amitabh Behar, ha commentato: «Stiamo assistendo all’inizio di un decennio di divisione, con miliardi di persone che si fanno carico dell'impatto economico di pandemia, inflazione e guerra, mentre le fortune dei miliardari crescono. Questa disuguaglianza non è casuale, i miliardari si assicurano che le aziende gli garantiscano più ricchezza a spese di tutti gli altri». E ancora: «Il potere monopolistico di queste società è una macchina che genera disuguaglianza: spremendo i lavoratori, eludendo le tasse, privatizzando gli enti statali e stimolando il collasso climatico, le aziende stanno incanalando ricchezza infinita verso i loro proprietari ultra-ricchi. Ma stanno anche incanalando il potere, minando le nostre democrazie e i nostri diritti. Nessuna azienda o individuo dovrebbe avere così tanto potere sulle nostre economie e sulle nostre vite: per essere chiari, nessuno dovrebbe possedere un miliardo di dollari».
In anni difficili, segnati dalla pandemia e guerre come quella in Ucraina e nella Striscia di Gaza, la ricchezza estrema è andata consolidandosi, mentre la povertà globale è rimasta impantanata ai livelli pre-COVID. Dal 2020 le ricchezze dei miliardari sono cresciute tre volte più velocemente del tasso di inflazione.
Nonostante rappresentino solo il 21% della popolazione mondiale, i Paesi del Nord del mondo possiedono il 69% della ricchezza globale e ospitano il 74% dei beni mondiali dal valore miliardario. L’1% di ultra-ricchi possiede il 43% di tutte le attività finanziarie globali. I «Paperoni» detengono il 48% della ricchezza finanziaria in Medio Oriente, il 50% in Asia e il 47% in Europa.
Le grandi aziende, inoltre, sono destinate a frantumare i loro record di profitti annuali: 148 delle più grandi società del mondo insieme hanno raccolto 1,8 trilioni di dollari di profitti netti totali fino al mese di giugno del 2023, un aumento del 52% rispetto all'utile netto medio nel periodo 2018-2021. I loro profitti straordinari sono saliti a quasi 700 miliardi di dollari. Il rapporto rileva che per ogni 100 dollari di profitto realizzati da 96 grandi aziende tra luglio 2022 e giugno 2023, 82 dollari sono finiti nelle tasche dei principali azionisti sotto forma di dividendi o buyback.
Secondo Amitabh Behar, «i monopoli danneggiano l’innovazione e schiacciano i lavoratori e le piccole imprese. Il mondo non ha dimenticato come i monopoli farmaceutici (la cosiddetta Big Pharma) abbiano privato milioni di persone dei vaccini contro il Covid-19, creando un apartheid razziale e creando al tempo stesso un nuovo club di miliardari». Le persone in tutto il mondo lavorano di più, spesso per salari miseri, in posti di lavoro precari e non sicuri. I salari di quasi 800 milioni di lavoratori non sono riusciti a tenere il passo con l’inflazione e sono andati persi 1,5 trilioni di dollari negli ultimi due anni, l’equivalente di quasi un mese (25 giorni) di lavoro non retribuito per ciascun lavoratore.
Qualche esempio di monopolio? Il report cita Bernard Arnault, il secondo uomo più ricco del mondo, a capo dell’impero del lusso LVMH. Arnault è già stato multato dall’organismo antitrust francese. Possiede anche il più grande media francese, Les Échos, e Le Parisien. Poi c''è Aliko Dangote, la persona più ricca dell’Africa, che detiene un «quasi monopolio» del cemento in Nigeria. L’espansione del suo impero nel settore petrolifero ha sollevato preoccupazioni sull'arrivo di un nuovo monopolio privato. Senza contare Jeff Bezos, il cui patrimonio di 167,4 miliardi di dollari è aumentato di 32,7 miliardi di dollari dall’inizio del decennio. Il governo degli Stati Uniti ha citato in giudizio Amazon, la creatura di Bezos, per aver esercitato il suo «potere monopolistico» per aumentare i prezzi, peggiorare il servizio rivolto agli acquirenti e soffocare la concorrenza.
Stando a un’analisi basata sui dati della World Benchmarking Alliance, che comprende oltre 1.600 tra le più grandi aziende di tutto il mondo, lo 0,4% di queste si impegna pubblicamente a pagare ai lavoratori un salario dignitoso e a sostenere un salario dignitoso nelle loro catene del valore. Poi però emergono situazioni di assoluta disparità: stando al report, per una donna attiva nel settore sanitario o sociale ci vorrebbero 1.200 anni per guadagnare quanto in un anno percepisce, in media, l’amministratore delegato di una delle 100 imprese della lista stilata da Fortune.
Il rapporto di Oxfam mostra inoltre come le multinazionali in questi anni abbiano incessantemente privatizzato il settore pubblico, segregando servizi fondamentali come l’istruzione o l’acqua: «Il potere pubblico dovrebbe tenere a freno il potere sconfinato delle imprese, modellando il mercato per renderlo più giusto e libero dal controllo miliardario. I governi devono intervenire per spezzare i monopoli, dare potere ai lavoratori, tassare questi enormi profitti aziendali e, soprattutto, investire in una nuova era di beni e servizi pubblici», ha dichiarato Behar, chiedendo un'azione decisiva da parte dei Governi per limitare il potere dei pochi ultra-ricchi.
Tra le misure che dovrebbero essere prese in considerazione per abbattere le disuguaglianze, l'Oxfam cita la tassa sul patrimonio dei più ricchi, un prelievo più efficace sui redditi delle grandi aziende e una rinnovata spinta contro l’evasione fiscale. Solo nel Regno Unito si stima che una tassa del 2% sul patrimonio dei super-ricchi (chi possiede più di 10 milioni) porterebbe 22 miliardi di sterline all'anno all'erario britannico. Julia Davies, membro fondatore di Patriotic Millionaires UK, un gruppo apartitico di milionari britannici che si batte per l’imposta sul patrimonio, ha affermato che le imposte sulla ricchezza sono «minuscole» rispetto alla tassazione sul reddito da lavoro. Citata dal Guardian, la donna ha spiegato: «Immaginiamo quanto potrebbero essere utili 22 miliardi di sterline all’anno da investire in servizi pubblici e infrastrutture. Potrebbero migliorare la vita di ognuno di noi e fornire ai nostri anziani, giovani e persone vulnerabili le cure e il sostegno di cui hanno bisogno e che meritano».