L’intervista

Schindler: «La casa madre sta puntando sul Ticino»

L’azienda appresta a spegnere ben 75 candeline - Sono parecchi i progetti in cantiere per il prossimo futuro: ce ne parla Michele Peretti, branch manager di Locarno
Schindler Locarno, in 75 anni da fabbrica di motori a centro di eccellenza dell’elettronica. / © Schindler
Erica Lanzi
01.09.2021 10:36

La Schindler di Locarno si appresta a spegnere ben 75 candeline. Sono parecchi i progetti in cantiere per il prossimo futuro. Ce ne parla Michele Peretti, branch manager di Locarno.

Con quale spirito Schindler Locarno festeggia i suoi 75 anni?

«Gli ultimi 18 mesi sono stati alquanto impegnativi a causa della pandemia, che fin da subito ha avuto forti ripercussioni su tutto il processo produttivo. Infatti, dato che molti dei nostri clienti sono definiti essenziali (aeroporti, ospedali, trasporti, etc) la nostra produzione non si è mai fermata. Per garantire sia la protezione sanitaria dei collaboratori sia le consegne abbiamo dovuto organizzare doppi turni. Fortunatamente la ripresa delle ordinazioni da gennaio di quest’anno è stata sostenuta, addirittura oltre le aspettative. La crisi inoltre è stata un’occasione per accelerare vari progetti già in corso. Ad esempio il rifacimento del layout di produzione, del pavimento, nonché la costruzione di un nuovo stabile legato alla logistica».

Come è cresciuto il gruppo negli ultimi anni?

«Schindler ha aperto la sua prima sede decentralizzata a Locarno nel 1946. Il Ticino venne scelto per ragioni logistiche e per la disponibilità di manodopera e terreno. Si sviluppò velocemente una fabbrica di motori per ascensori che nel 1971 era già arrivata ad una capacità produttiva di 75.000 unità. A partire dagli anni ‘70, venne anche introdotta gradualmente la produzione di schede elettroniche, una divisione che vide una forte accelerata negli anni ‘90. La fabbrica cominciò ad incentrarsi sulle componenti di elettromeccanica degli ascensori. Al contempo Schindler Locarno si stava espandendo anche in altri ambiti, come il trading di decorazioni per gli ascensori per cui venne aperta una sede a Quartino. Finché a metà degli anni Dieci non si è deciso di trasformare la sede in un centro di eccellenza per l’elettronica, abbandonando di fatto le attività di Quartino».

Proprio la chiusura di Quartino lo scorso anno ha portato a vari licenziamenti. Qual è la situazione ora?

«A Locarno siamo in circa 480 collaboratori, inclusi una cinquantina di lavoratori temporanei. La chiusura di Quartino, che era stata preannunciata e che è stata completata due mesi fa, ha portato negli ultimi 18 mesi a 35 licenziamenti e 14 prepensionamenti. Abbiamo dovuto interrompere anche una trentina di contratti temporanei, la maggior parte dei quali però era stata assunta la scorsa primavera per affrontare l’emergenza del coronavirus. Nella fattispecie i doppi turni introdotti nella primavera 2020 avevano creato delle inefficienze, che poi sono state riassorbite con la successiva riorganizzazione strutturale delle linee di assemblaggio. C’è da dire che il gruppo Schindler ha investito moltissimo in Ticino, probabilmente mai come negli ultimi due anni, dato che a Locarno stiamo affrontando un importante riorientamento strategico. Gli investimenti hanno portato anche ad alcune assunzioni, che almeno in parte hanno bilanciato le perdite. Visto il cambio di strategia è però chiaro che ci potranno essere ancora delle fluttuazioni – in un senso o nell’altro – a livello di organico».

Ci parla della strategia di crescita per Locarno?

«Il progetto strategico è quello di trasformare Locarno nel centro di competenza mondiale dell’elettronica per il gruppo Schindler (ad esempio con la produzione di convertitori di frequenza, bottoniere, manovre e schede elettroniche). La realizzazione di questa visione passa da una serie di investimenti nell’area della produzione, nelle nuove linee di assemblaggio e nel controllo qualitativo. Abbiamo anche costruito un nuovo stabile legato alla logistica. Schindler crede tanto nel Ticino, lo dimostra il fatto che negli ultimi due anni sono stati investiti importi considerevoli per adattare la fabbrica alle nuove linee di elettronica. Ci aspettiamo una forte crescita di questo mercato nei prossimi anni, ragione per la quale saranno all’ordine del giorno investimenti importanti anche in futuro».

Fate fatica a trovare nuovi profili?

«È una sfida, trovare profili specializzati nell’elettronica è complesso. Ecco perché puntiamo molto anche sulla formazione interna: solo in Ticino abbiamo venti apprendisti, non sono pochi».

Il settore dell’elettronica si sta confrontando con seri problemi di approvvigionamento, non temete forti ripercussioni sulla vostra strategia?

«La pandemia ha acuito dei problemi già esistenti di squilibrio tra domanda e offerta di componenti elettroniche. Anche noi ne risentiamo, da maggio i nostri fornitori hanno iniziato a posticipare le consegne. Per far fronte alla situazione abbiamo sviluppato dei processi interni per gestire i materiali critici. Cerchiamo cioè di trovare delle alternative a processori e componenti che utilizzino tecnologie meno critiche. Finora grazie a questo approccio non abbiamo mai dovuto interrompere la produzione. Non sarà l’ultima crisi per l’elettronica, per noi è fondamentale sviluppare nuove competenze e soluzioni all’interno del gruppo».

Come festeggiate i 75 anni?

«Con il sorriso e con serenità. Per me è davvero un grande onore festeggiare questo traguardo. Abbiamo organizzato un programma sulle giornate di giovedì, dedicato ai nostri collaboratori, e venerdì, con vari ospiti esterni. Non mi aspettavo tanta adesione anche da parte delle autorità cantonali e comunali. D’altronde il rapporto con il territorio è forte. Il giubileo è anche un’occasione per rafforzarlo e per continuare a coltivarlo».