Finanza

Si rafforzano le speranze di chi possedeva bond AT1

Stando a retroscena rivelati dalla stampa domenicale, Credit Suisse avrebbe voluto rimborsare una parte delle obbligazioni azzerate nel contesto della fusione con UBS, ma la Finma si è opposta
Secondo la Finma, che non commenta l’indiscrezione, quella di Credit Suisse sarebbe stata una mera «ipotesi». © CdT/Gabriele Putzu
Dimitri Loringett
07.08.2023 23:00

L’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma), da noi contattata, non conferma e non smentisce nulla. Se però le indiscrezioni del domenicale «Sonntagszeitung» fossero confermate, sarebbe una notizia clamorosa: Credit Suisse (CS) - due giorni prima dell’acquisizione-salvataggio da parte di UBS e pilotata dal Governo federale - avrebbe voluto rimborsare almeno una parte dei famigerati titoli AT1. Si tratta delle obbligazioni dal valore nominale pari a 16 miliardi di franchi e poi annullati dalla Finma, nel contesto dell’accordo di acquisizione e fusione con UBS. Ma c’è di più: sempre secondo il domenicale, che cita «ex dipendenti di CS», la Finma avrebbe respinto la richiesta della stessa banca presentata il 17 marzo.

La mossa di CS sarebbe stata voluta nel tentativo di ripristinare la fiducia del mercato, a seguito anche delle dichiarazioni di due giorni prima, il 15 marzo, del presidente della Saudi National Bank che aveva detto che la sua banca, azionista di CS, non avrebbe iniettato ulteriori fondi - una dichiarazione che aveva fatto precipitare una situazione già critica per CS e alla quale seguirono le rassicurazioni, giovedì 16, da parte della BNS e della Finma riguardo l’adeguata capitalizzazione di CS. Va anche ricordato che in quella settimana la BNS aveva aperto una linea di credito da 50 miliardi di franchi a favore della banca in crisi di liquidità acuita dalla fuga di clienti e capitali.

Come detto, la Finma non commenta queste indiscrezioni, limitandosi a fornire indicazioni di contesto e accennando al fatto che la richiesta di CS sarebbe stata solo «un’ipotesi».

«Ma questa situazione evidenzia che il management dell’istituto non riteneva il prestito concesso dalla BNS un “viability event” (evento critico di non sostenibilità finanziaria, ndr) tale da far scattare la clausola di svalutazione delle obbligazioni ATI, come delineato nel prospetto di emissione», afferma l’avvocato luganese Dario Item, esperto di diritto finanziario, da noi interpellato.

«Questa “rivelazione bomba” della Sonntagszeitung - sottolinea l’avvocato Item - sta dando ulteriore forza alle pretese degli oltre 3 mila querelanti che hanno presentato ricorso al Tribunale amministrativo federale svizzero (TAF), a cui si aggiungono i ricorsi dei molti dipendenti di CS che si sono sollevati contro la svalutazione dei CCA (Contingent Capital Awards, strumenti simili agli AT1, ndr)».

«Soprattutto - continua l’avvocato Dario Item - la rivelazione sottolinea l’urgenza di accedere alla documentazione della Finma sul caso, che CS (ora UBS) sta cercando di bloccare con una discutibile (e disperata) domanda di segretazione alla corte». Il TAF, a oggi, non ha ancora preso una decisione in merito. «Per mantenere la trasparenza e la credibilità della Svizzera come Stato di diritto - continua l’esperto - e per riconquistare la fiducia degli investitori stranieri, è indispensabile che tutte le informazioni relative agli eventi di marzo siano rese note ai querelanti-investitori. Ciò dovrebbe avvenire indipendentemente dal lavoro in corso della Commissione parlamentare d'inchiesta, istituita con una decisione a maggioranza del Parlamento svizzero a giugno», conclude.

UBS, via 200 «investment banker» in Asia

UBS taglierà i due terzi della forza lavoro nel comparto Investment Banking in Asia. L’agenzia «Bloomberg» riferisce del licenziamento di circa 200 «investment banker» di Credit Suisse, una mossa che ridimensiona notevolmente le attività della banca nella regione. Queste indiscrezioni si aggiungono ai tagli avvenuti la scorsa settimana e riportati dal quotidiano britannico «Financial Times».

UBS intanto ha nominato i responsabili delle sue unità di fusioni e acquisizioni e di «Corporate Finance»: David Kostel e Christian Lesueur. Alcuni dirigenti lasceranno la banca, tra cui il presidente esecutivo dell’unità Global Banking Michael Santini. Rimarrà a disposizione di UBS fino alla fine del trimestre in corso per garantire la transizione. Con l’acquisizione di Credit Suisse, l’effettivo globale di UBS è salito a 120 mila impiegati di cui fra i 30 e 35 mila sono in uscita nell’ondata di licenziamenti prevista a settembre e che dovrebbe far risparmiare circa 6 miliardi di dollari nei prossimi anni. L’obiettivo è contenere i costi e limitare l’esposizione all’investment banking, la divisione che negli anni ha assunto i maggiori rischi dell’ormai ex-numero due svizzero. Invece, UBS intende integrare la divisione della gestione patrimoniale, uno dei punti di forza di Credit Suisse, così come ha interesse nel credito ai mercati emergenti e nei complessi prodotti derivati offerti dalla banca.