Piazza finanziaria

Superare la «monocultura» del private banking

Per le banche ticinesi l’accesso al mercato italiano per la gestione patrimoniale resta tuttora difficoltoso - Luca Venturini (PKB): «Ma l’idea di aprirsi a 360 gradi verso l’economia della vicina Penisola rimane difficilmente attuabile»
Da tempo il settore bancario riflette su modelli di sviluppo alternativi al private banking. © Keystone / Gaetan Bally
Dimitri Loringett
10.10.2023 22:45

Con l’entrata in vigore dello scambio automatico delle informazioni fiscali e l’attuazione in Italia della direttiva europea MiFID II, nel gennaio 2018, la Svizzera ha perso un importante vantaggio competitivo che nel passato ha plasmato la struttura della piazza finanziaria ticinese. Da allora (in realtà già da tempo) negli ambienti bancari si riflette sulle prospettive future e su modelli di sviluppo alternativi alla «monocultura» del private banking.

Una riflessione in tal senso la facciamo assieme a Luca Venturini, CEO dal 2020 di PKB Private Bank, a cui chiediamo subito un parere sull’idea per le banche ticinesi di «tornare a fare le banche» e considerare, tra le altre possibilità, la finanza d’impresa, vista la vicinanza geografica con l’Italia. «I rapporti tra il settore bancario ticinese e l’economia del Nord-Italia sono, da tempo, al centro di riflessioni tra gli attori della piazza finanziaria», risponde Venturini. «Ad esempio - continua - si è spesso discusso di un modello di business in cui le banche svizzere e ticinesi finanziano le imprese italiane nelle loro attività commerciali, in particolare legate alle attività di sviluppo estero, puntando parallelamente a seguire l’imprenditore anche dal lato della gestione patrimoniale».

Come noto, PKB è stata fondata dalla famiglia piemontese Trabaldo Togna, tutt’ora unico azionista. «Si tratta di una famiglia di imprenditori (del tessile, ndr) - spiega Venturini - quindi la sensibilità verso il mondo dell’impresa è forte. Tuttavia, la concretizzazione di una simile visione si scontra sempre con gli stessi ostacoli, ovvero i limiti imposti dalle normative attuali in materia di accesso al mercato. Attualmente è possibile operare in Italia grazie alla Libera prestazione di servizi (LPS), limitata alle sole attività bancarie: queste comprendono l’apertura di relazioni e la concessione di crediti. Per quanto riguarda i servizi di investimento, ovvero la gestione patrimoniale, l’accesso al mercato per le banche svizzere non è ancora garantito ed è questo il nodo più importante. Salvo l’esistenza di una succursale in Italia, per le banche svizzere è possibile mantenere rapporti con i clienti e le clienti residenti in Italia ma non è loro consentito di acquisirne attivamente di nuovi (a meno che l’iniziativa non parta da questi ultimi, la cosiddetta reverse solicitation). Come si può immaginare di espandersi offrendo servizi a 360 gradi agli imprenditori con tutti questi vincoli? Finché perdura questa situazione, l’idea di una piazza ticinese aperta verso l’economia della vicina Penisola, seppur affascinante, rimane difficilmente attuabile».

Come ci spiega Luca Venturini, PKB ha potuto sviluppare un modello d’affari conforme al framework normativo italiano e svizzero attuale, sulla base della LPS per i servizi bancari «grazie alla sinergia con Cassa Lombarda, boutique di private banking e parte del Gruppo PKB, la quale offre servizi per clienti privati e istituzionali in Italia. Nel concreto il nostro modello prevede che il cliente residente in Italia possa aprire un conto presso PKB in Svizzera, la cui gestione dal punto di vista degli investimenti viene però effettuata da Cassa Lombarda, dove il cliente è affiancato da un consulente basato in Italia».

Le competenze non mancano

Fin dalla seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso, il settore bancario ticinese si è progressivamente concentrato quasi esclusivamente sul private banking, un riorientamento che ha però mostrato alcuni limiti a seguito dei cambiamenti paradigmatici della normativa di riferimento. Come può il Ticino uscire da questa monocultura del private banking? Ancora Venturini: «Credo che la piazza finanziaria ticinese non sia sufficientemente riconosciuta e valorizzata in Svizzera per le sue vere competenze. Trovo che quello ticinese sia paradossalmente il mercato che si è più affrancato a livello culturale rispetto alle altre piazze svizzere che a volte, sembrano non conoscere le vere dinamiche del rischio crossborder e fiscale dei diversi Paesi nei quali desiderano operare. In Ticino lo si è appreso da oltre vent’anni, a partire dal primo scudo fiscale di Tremonti nel 2001. Piuttosto, la monocultura è, a mio avviso, quella che si vede nel resto della Svizzera, dove ancora sembra essere in vigore la visione del “one size fits all”, ovvero il modello di banca svizzera cui tutti i mercati e clienti si devono adattare. Il Ticino, paradossalmente e nonostante si rivolga “solo” a pochi mercati (quello italiano, ticinese e in parte quello sudamericano), ha accumulato negli anni e grazie alla continua esposizione alle esigenze di una clientela complessa, una conoscenza che gli altri non hanno – e che, appunto, non riconoscono. Secondo me in Ticino sottostimiamo questo savoir faire e la nostra importante capacità di ascoltare i clienti sapendoci di conseguenza adattare alle loro specifiche esigenze».