L'analisi

USA e Europa, inflazione in rialzo, ma la Svizzera va controcorrente

Le impennate del biennio 2022-2023 sono lontane, però negli ultimi mesi in molti Paesi sono tornate alcune tensioni sui prezzi – I maggiori istituti centrali sono nuovamente chiamati a decidere sui tassi
© KEYSTONE (Photo by Anthony Behar/Sipa USA)
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
24.02.2025 06:00

La battaglia contro l’inflazione ha registrato successi importanti, ma in molti Paesi non è terminata. In questi ultimi mesi infatti il rincaro in diverse aree economiche ha avuto una tendenza ad un relativo rialzo. Rimaniamo ben sotto i picchi toccati tra il 2022 e il 2023, ma non siamo ancora al raggiungimento dell’obiettivo di molte banche centrali, cioè un’inflazione media annua non superiore al 2%. La Svizzera dal canto suo è nella minoranza di Paesi che hanno un rincaro molto contenuto e sta confermando dunque la sua leadership nel campo della bassa inflazione. La Banca nazionale svizzera ha raggiunto il suo obiettivo di inflazione nella fascia 0%-2% e deve decidere i suoi prossimi passi.

Le cifre

Se si guarda al periodo settembre 2024-gennaio 2025, si può vedere come in molti casi il rincaro sia tornato a salire, seppur non a grandi passi, dopo molti mesi di trend nettamente al ribasso. Negli Stati Uniti l’inflazione era al 2,4% in settembre ed al 3% in gennaio; nell’Eurozona rispettivamente all’1,7% e al 2,5%; nel Regno Unito all’1,7% e al 3%; in Giappone al 2,5% e al 3,6%. In Svizzera invece il rincaro era allo 0,8% in settembre e allo 0,4% in gennaio. Non ci sono molti altri Paesi che abbiano avuto in gennaio un’inflazione sotto l’1%; in Estremo Oriente c’è ad esempio la Cina con il suo 0,5%, ma le dinamiche del Dragone sono solitamente abbastanza diverse da quelle delle principali economie avanzate, su questo come su altri versanti.

Anche tra i Paesi più sviluppati, peraltro, ci sono diversità. Negli Stati Uniti la tenacia dell’inflazione sembra legata ad una robusta crescita economica, che sostiene i prezzi. Nell’Eurozona la crescita è moderata e i rimbalzi del rincaro sembrano collegati piuttosto alle residue tensioni sui prezzi di una parte delle materie prime e in particolare su alcune del settore energia. Il Regno Unito pare in una situazione simile a quella dell’Eurozona. Il Giappone ha una sua realtà molto specifica, nella quale l’obiettivo di gran lunga principale a quanto pare è rimasto quello di non avere deflazione (prezzi in calo perdurante).  Su tutti, Paesi sviluppati ed emergenti, incombe comunque la spada di Damocle delle tensioni geopolitiche. Con due capitoli principali in tema di prezzi: conflitti bellici e dazi annunciati da Trump. Pur diversi tra loro, entrambi questi capitoli comportano il rischio di nuovi aumenti l’inflazione.

Fed e BCE separate

Dopo l’impennata del 2022 e di parte del 2023, il rincaro è diminuito anche e soprattutto per l’azione delle banche centrali, che hanno alzato i tassi di interesse, pur con ritardo ma comunque poi in modo deciso. In seguito ai successi ottenuti con la diminuzione dell’inflazione, gli istituti centrali nel 2024 hanno tagliato i tassi. Ora devono nuovamente stabilire come muoversi. La Federal Reserve (Fed) americana potrebbe ridurre gli ulteriori tagli previsti o anche rinunciare del tutto a farli, considerando la tenacia dell’inflazione e il fatto che l’economia USA ora non ha comunque un gran bisogno di tassi più bassi. D’altro canto il presidente Trump vuole invece tassi più bassi, per alleggerire l’onere del maxi debito pubblico e per spingere l’export con un dollaro un po’ più debole. La Banca centrale europea (BCE) è in una situazione diversa, perché l’Eurozona ha bisogno anche di un minor costo del denaro per rafforzare la sua crescita e su questo nell’area euro c’è un consenso abbastanza ampio in sede sia economica sia politica. La Banca d’Inghilterra è in un certo senso a metà strada tra la politica dei tassi della Fed e quella della BCE, dovrà decidere su quale delle due sponde dell’Atlantico attestarsi. La Banca del Giappone come visto segue un suo percorso particolare.

BNS, pro e contro

Quanto alla Banca nazionale svizzera (BNS), il suo prossimo pronunciamento sarà in marzo. Il tasso guida attuale sul franco è lo 0,5%, molto più basso del 4,5% americano e britannico ed anche del 2,9% dell’area euro. Il Giappone ora ha lo stesso tasso guida della Svizzera, ma in un quadro nazionale diverso. Le previsioni prevalenti al momento sono per un nuovo taglio da parte della BNS, con un tasso guida in discesa allo 0,25%. Un eventuale passo di questo tipo ha pro e contro. I pro principali sono il sostegno alla crescita svizzera ed il freno ad un franco che resta molto forte e crea alcuni ostacoli all’export elvetico. I contro maggiori sono il rischio di avere una risalita dell’inflazione e la certezza della riduzione ulteriore dei margini di guadagno sugli interessi sia per il settore bancario-finanziario sia per i risparmiatori. La BNS è certo in una situazione più confortevole rispetto a molte altre banche centrali, ma ha davanti a sé un altro bivio. 

Riflettori su resilienza delle economie e buon andamento dei mercati azionari 

Il titolo dell’evento organizzato nei giorni scorsi a Lugano dalla PKB Private Bank, cioè “2025: un anno da ricordare”, dice molto sull’ampia concentrazione di temi di rilievo in questo anno appena iniziato. Dopo il benvenuto agli ospiti ed ai relatori dato da Peter Conrad, PKB Head of Private Banking, durante l’incontro ci sono stati gli interventi di Klaus W. Wellershoff, President Wellershoff & Partners Ltd. e ZWEI Wealth AG, e di Sascha Kever, PKB Chief Investment Officer.

Il quadro

Per quel che riguarda le prospettive economiche, Wellershoff ha affermato che l’economia potrebbe diventare lievemente più debole negli Stati Uniti e invece leggermente migliore in Europa, con la Svizzera posizionata in sostanza a metà strada. L’aspetto positivo del quadro delineato è che la crescita secolare di fondo sta rimanendo intatta e che non ci sono motivi per ritenere che questa tendenza sia destinata a cambiare. Per quel che concerne il versante delle tecnologie, Wellershoff ha ribadito che il punto di partenza oggi è l’Intelligenza Artificiale (IA) e che quindi il messaggio chiave è che tutte le aziende devono occuparsene, anche per evitare il rischio di scomparire; tuttavia, per ora le economie nazionali non avranno una crescita più elevata con questo fattore.   Un tema centrale in questa fase è quello degli aumenti dei dazi, che sono voluti dal presidente USA Trump e che potrebbero determinare misure contrapposte da parte dei Paesi colpiti. Wellershoff ha sottolineato come l’impatto dei dazi possa provocare una crescita economica più debole ed un’inflazione più alta, ma ha pure indicato che tutto ciò dipenderà anche dallo sviluppo o meno della totalità dei dazi di cui si parla e dalla loro durata. A proposito di inflazione, questa continuerà a rappresentare un problema, quindi le banche centrali non potranno replicare l’aiuto dato ai mercati nel corso del 2024. In campo valutario, Wellershoff vede un dollaro USA leggermente sopravvalutato ed un franco svizzero che si rafforzerà anche in futuro.

Kever ha ricordato gli inizi della carriera professionale e in particolare l’anno 1990. All’epoca i temi erano la caduta del Muro di Berlino, l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq con intervento degli Stati Uniti, la liberazione di Nelson Mandela, Mikhail Gorbaciov con perestrojka e glasnost in Russia. In un certo senso ora i temi sono gli stessi, ha affermato, anche se cambiano gli attori (invasione russa dell’Ucraina, Israele). Ma, soprattutto, sono i mercati ad essere cambiati, perché oggi sono molto più veloci ed hanno flussi di informazioni incessanti, anche con operazioni dettate da sistemi di algotrading. Quindi nella decisione degli investimenti particolare attenzione va data alla gestione dei rischi ed a movimenti più dinamici.

I mercati azionari per Kever saranno ancora positivi nel 2025, con un maggior equilibrio tra Stati Uniti, Europa, Emergenti. È positivo che titoli e settori che guidano i listini, specie per quel che riguarda Wall Street, stiano vivendo una rotazione che rende meno impattanti i cosiddetti magnifici 7. I settori finanziario, minerario aurifero, dei servizi pubblici, della tecnologia sono quelli che, in parte già ben avviati in questo 2025, continuano ad essere più interessanti per rapporto tra fondamentali, prospettive e valutazioni.

Il franco e l’oro

Sul versante delle monete, secondo Kever il franco svizzero è destinato a restare forte strutturalmente, mentre all’euro mancano impulsi per una ripresa duratura; il dollaro americano e la sterlina britannica grazie al livello dei rendimenti dovrebbero avere una buona accoglienza da parte degli investitori mondiali anche nel prossimo futuro. Per quel che riguarda l’oro, il trend secolare c’è ancora e i fondamentali giocano a favore di un proseguimento dell’ascesa del prezzo nel medio periodo. A sostenere la quotazione del lingotto sono la ricerca di sicurezza, la protezione contro l’inflazione e la volontà delle banche centrali di diversificare i bilanci, aumentando la quota di beni reali.