USA, i punti di forza e i problemi del principale motore mondiale

Bene per la crescita economica che resta ad un buon livello, per l’inflazione che sta scendendo e per la disoccupazione che sta salendo poco. Male per l’ampio deficit commerciale e per il largo deficit pubblico. È questo, in estrema sintesi, il quadro economico degli Stati Uniti che si avviano alle elezioni presidenziali di novembre. Elezioni segnate dal ritorno in campo di Donald Trump e dall’uscita dalla corsa di Joe Biden, e in cui comunque il duro confronto tra le parti comprende anche i temi legati all’economia.
I capitoli
Per lo schieramento repubblicano, che ha come candidato appunto l’ex presidente Donald Trump, attualmente negli USA tutto o quasi va male, anche in economia. Per lo schieramento democratico, che supporta l’attuale presidente Joe Biden e la sua vice e più che probabile candidata Kamala Harris, al contrario tutto o quasi va bene, anche in campo economico. Banalmente, la realtà dei dati e dei fatti si colloca a metà strada. Con importanti punti di forza degli Stati Uniti e con alcuni punti di debolezza pure da registrare. Vediamo dunque alcuni importanti capitoli, sulla base di dati e previsioni del Fondo monetario internazionale (FMI). La crescita economica statunitense è stata dell’1,9% nel 2022 e del 2,5% nel 2023; per il 2024 è previsto un 2,6%. Considerando il contesto internazionale di rallentamento economico, si tratta di un buon livello di crescita, che supera la media delle economie avanzate per quel che riguarda il 2023 ed il 2024. Per l’anno prossimo l’FMI prevede poi una crescita statunitense dell’1,9%, quindi ad un livello inferiore a quello di quest’anno, ma ancora una volta sopra la media delle economie avanzate. Dunque gli Stati Uniti non solo hanno evitato una recessione, ma anche hanno marciato e marciano con un passo che si può definire come abbastanza robusto. Nel contempo l’inflazione sta scendendo, in modo graduale ma chiaro. L’indice complessivo dei prezzi al consumo negli Stati Uniti aveva registrato un aumento medio annuo dell’8% nel 2022, mentre nel 2023 la percentuale è stata del 4,1%; per il 2024 la previsione è 2,9% e per il 2025 è 2%. La Federal Reserve, la banca centrale USA, non ha ancora iniziato a tagliare i tassi di interesse, ma una prima riduzione nei mesi prossimi sembra probabile e altre dovrebbero arrivare in seguito. Con un’inflazione che è ora attorno al 3% (dato di giugno), il raggiungimento l’anno prossimo dell’obiettivo di un rincaro non superiore al 2% appare possibile, a patto naturalmente che da gennaio non ci siano su crescita e prezzi radicali cambiamenti di linea economica da parte della presidenza del Paese e della Fed.
L’andamento
Per quel che concerne il mercato del lavoro, la disoccupazione media annua negli USA è stata del 3,6% sia nel 2022 sia nel 2023; per il 2024 è previsto un tasso del 4%, per il 2025 del 4,2%. È vero che in questo schema si sta andando verso un aumento della percentuale di senzalavoro negli Stati Uniti. Ciò non è certamente positivo, ma è pur vero che, anche con questo sicuramente non desiderabile aumento, si tratta comunque di un livello di disoccupazione ancora abbastanza contenuto nel raffronto internazionale.
Le note sono invece dolenti nel campo dei commerci. Gli USA sono da molto tempo in deficit commerciale, il valore delle loro esportazioni è regolarmente inferiore a quello delle loro importazioni. I dazi e le misure protezionistiche varati durante la presidenza Trump non hanno cambiato questa realtà. Il presidente Biden ha tolto solo una parte di queste misure, mantenendo su alcuni terreni un’impostazione protezionistica. Secondo molti esperti è però evidente la necessità di rendere più competitivo l’export, anziché porre altre barriere all’import. Il deficit (dati degli uffici governativi USA) era di 481 miliardi di dollari nel 2016, di 676 miliardi nel 2020, di 784 miliardi nel 2023.
Il bilancio
La situazione non è positiva neppure per i conti pubblici. Tornando ai dati più recenti dell’FMI, il deficit pubblico in rapporto al PIL è stato del 4,1% nel 2022 e del 7,6% nel 2023; la previsione per il 2024 è 7,8% e per il 2025 è 7,6%. Sono livelli elevati, collegati alla prevalenza delle spese pubbliche rispetto alle entrate, ma anche agli oneri di un debito pubblico che è davvero molto cresciuto. Il rapporto di quest’ultimo con il PIL è stato del 119-120% nel 2022 e del 121-122% nel 2023; per il 2024 la previsione è 126-127%, per il 2025 è 128-129%. Gli Stati Uniti si collocano ormai stabilmente nella fascia dei Paesi a maggiore indebitamento pubblico. Sia durante la presidenza Trump (anche prima della pandemia) sia poi durante la presidenza Biden, per deficit e debito pubblici la tendenza di fondo è stata chiaramente all’aumento.