Scenari

Verso l’«era dell’elettricità» con l’aiuto delle fonti fossili

Nel suo «World Energy Outlook» la IEA prevede che la domanda di petrolio raggiungerà il picco nel 2030 - L’eccesso di offerta dovrebbe aiutare gli investimenti nelle rinnovabili, che però nel «mix» energetico resteranno ancora minoritarie
© CdT/Gabriele Putzu
Dimitri Loringett
17.10.2024 23:30

Il mondo si trova sull’orlo di una nuova «era dell’elettricità», con una domanda di combustibili fossili destinata a raggiungere il picco entro la fine del decennio, il che significa che le forniture in eccesso di petrolio e gas potrebbero spingere gli investimenti nelle rinnovabili. Lo sostiene l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) nel suo ultimo rapporto annuale World Energy Outlook.

«Nella seconda metà di questo decennio, la prospettiva di forniture più abbondanti - o addirittura in eccesso - di petrolio e gas naturale, a seconda dell’evoluzione delle tensioni geopolitiche, ci porterebbe in un mondo energetico molto diverso», ha dichiarato il direttore esecutivo dell’IEA Fatih Birol, citato in una nota stampa allegata al rapporto. Secondo Birol, le eccedenze di combustibili fossili porterebbero probabilmente a una riduzione dei prezzi e potrebbero consentire ai Paesi di dedicare maggiori risorse all’energia pulita.

L’IEA ha rilevato che l’anno scorso è stato messo in funzione un livello record di energia pulita a livello globale, con oltre 560 gigawatt (GW) di capacità di energia rinnovabile. Si prevede che nel 2024 saranno investiti circa 2 mila miliardi di dollari in energia pulita, quasi il doppio di quelli investiti nei combustibili fossili. Tuttavia, la crescita della produzione di energia pulita non ha tenuto il passo con l’aumento della domanda globale di elettricità - di cui due terzi proviene dalla Cina - e si prevede che questa tendenza continui dal 2023 al 2030, il che significa che l’uso del carbone diminuirà più lentamente di quanto previsto in precedenza, sostiene l’IEA.

Tenendo conto di ciò, si prevede che nel 2030 la quota di combustibili fossili nel mix energetico globale sarà del 75% nell’attuale scenario, rispetto all’80% di oggi. Nel rapporto dello scorso anno, lo stesso scenario prevedeva una quota del 73% dei vettori fossili.

Energie fossili e rinnovabili

«Sappiamo che, perlomeno in Europa, parlare di carbone è sempre più un tabù, ma la realtà è che questo minerale esiste e molte economie ne hanno bisogno, soprattutto per motivi logistici, dato che è più semplice da gestire rispetto ad altri vettori energetici fossili - per esempio il gas o il petrolio - e per motivi di costo», osserva Urbano Clerici di Coeclerici Group, società italiana con sede anche a Lugano che fornisce e commercializza materie prime, tra cui appunto il carbone, per l’industria siderurgica e chimica. «Non solo la sua produzione è aumentata in modo massiccio nell’ultimo quarto di secolo (+75% circa, da 4,6 miliardi di tonnellate nel 2000 a oltre 8 miliardi nel 2022, ndr), ma ne prevediamo, in uno scenario “stabile”, un incremento ulteriore attorno al 18% nei prossimi 8-10 anni», ha aggiunto l’esperto nel corso di una discussione con altri commodity trader della piazza luganese, tenutasi in occasione del lancio della seconda edizione del programma di formazione Certified Commodity Trader Specialist promossa dalla Lugano Commodity Trading Association e ALMA Impact.

«Siamo tutti d’accordo che il futuro è nelle rinnovabili, ma in questa fase di transizione bisogna essere realisti: i proventi delle energie fossili servono per finanziare gli investimenti in quelle pulite e dovremmo pertanto concentrarci piuttosto in investimenti mirati nella riduzione e “capturing” delle emissioni causate dalle fossili anziché puntare sulla loro immediata eliminazione totale», ha rimarcato dal canto suo Alberto Salsiccia di Petraco, società luganese attiva nel trading petrolifero.

Secondo l’IEA, la domanda globale di petrolio raggiungerà un picco prima del 2030 per poi scendere ai livelli del 2023 entro il 2035, soprattutto a causa di una minore domanda da parte del settore dei trasporti con l’aumento dell’uso dei veicoli elettrici.

Il rapporto illustra anche il probabile impatto sui futuri prezzi del greggio, che nel 2050 dovrebbe assestarsi attorno a 75 dollari al barile. «La tendenza è al ribasso - conferma Alberto Salsiccia - e il prezzo del greggio dovrebbe stabilizzarsi nel medio-termine attorno a 70 dollari al barile. E nonostante le tensioni geopolitiche, non vediamo il rischio di sproporzionate e imminenti fiammate di prezzo sui mercati: gli shock dal lato offerta (per esempio, eventi bellici in zone di produzione) sono controbilanciati dal lato della domanda (in particolare della Cina), dalla logistica diventata negli anni sempre più efficiente e resiliente e da nuove realtà di produzione al di fuori del cartello Opec+, per esempio USA, Brasile, Guyana e Namibia».

Petrobras investe nell'idrogeno verde

La compagnia petrolifera statale brasiliana Petrobras ha annunciato che costruirà il suo primo impianto pilota per generare idrogeno verde presso la centrale termoelettrica Vale do Açu, nello stato brasiliano di Rio Grande do Norte. L'idrogeno sarà prodotto utilizzando l'energia solare, che genererà energia elettrica per separare le molecole d'acqua in idrogeno e ossigeno. 

Con un investimento complessivo di 90 milioni di real (circa 13,6 milioni di franchi) il progetto sarà sviluppato in collaborazione con l'istituto Senai di innovazione in energie rinnovabili e vedrà i lavori realizzati da Weg, azienda brasiliana di riferimento a livello mondiale nel elettrificazione. L'unità dovrebbe entrare in funzione nel primo trimestre del 2026. 

«È il primo passo verso future iniziative commerciali nel segmento dell'idrogeno sostenibile», ha affermato in un comunicato il direttore di Transizione energetica e Sostenibilità di Petrobras, Maurício Tolmasquim.