Elly Schlein: «Giustizia sociale e ambientale vanno perseguite in un’unica battaglia»
Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, questa sera alle 20.00 sarà al Lux di Massagno per presentare il suo libro «La nostra parte. Per la giustizia sociale e ambientale, insieme». Dibatteranno con lei la consigliera agli Stati Marina Carobbio e la consigliera nazionale Greta Gysin.
«Il mio libro - ci spiega l’autrice - è un invito alla mobilitazione collettiva a favore della giustizia sociale e climatica, ma è anche una riflessione sul fatto che nella società, e nelle mobilitazioni delle nuove generazioni, mi sembra ci sia molta più consapevolezza del fatto che la lotta contro le diseguaglianze sia inscindibile dalla battaglia contro i cambiamenti climatici. Nel libro cerco di spiegare l’interconnessione tra i due fenomeni. Oggi chi sta pagando il prezzo più caro dell’emergenza climatica sono i Paesi più poveri, ossia quelli che hanno meno contribuito a creare questa emergenza. Ma anche nelle nostre società a pagare di più per l’emergenza climatica sono le fasce più fragili, impoverite dalle crisi economico-finanziarie».
E ciò cosa ci suggerisce? «Ciò ci deve portare alla doppia sfida di realizzare la transizione ecologica con soluzioni su misura per i diversi bisogni, senza lasciare indietro le fasce più fragili. Questo significa - precisa la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna - che occorre investire molto nella formazione, nell’innovazione e nella ricerca. Perché ciò vuol dire riprofessionalizzare lavoratrici e lavoratori. Vuol dire prendere misure che riguardano l’efficientamento energetico, a partire da quello che riguarda le case popolari». I giovani sollecitano risposte concrete a questi problemi, la politica come sta rispondendo?
«Il libro - chiosa la nostra interlocutrice - vuol far riflettere su qual è la nostra parte, in politica, nel cercare di realizzare un nuovo tipo di sviluppo. Perché mi sembra che la politica sia rimasta più indietro della società e di quei giovani che manifestano insieme per il clima e per un lavoro dignitoso. Se ci guardiamo intorno vediamo che ci sono già alcune esperienze politiche che portano avanti la visione di un modello di sviluppo che riduce le diseguaglianze e al contempo riduce le emissioni che alterano il clima».
Un esempio di successo in tale ambito? «Ce ne sono diversi, io provo a guardare anche al di là dei nostri confini - sottolinea Schlein - e vedo che a Oslo, per esempio, sono riusciti a ripensare la mobilità urbana, limitando l’uso dell’auto nel centro della città. Nel libro racconto come a Medellin, in Colombia, abbiano fatto trenta corridoi verdi che hanno diminuito le temperature urbane a vantaggio delle persone anziane che nelle nostre città supercementificate soffrono le ondate di calore in modo pesante durante l’estate, e anche questa è una conseguenza dei cambiamenti climatici, e ciò miete anche delle vittime, purtroppo. Oppure guardo alla Spagna dove grazie a delle discussioni con le organizzazioni sindacali e con i rider (persone attive nella consegna a domicilio di cibo, in bicicletta o motorino n.d.r.) è stato possibile introdurre delle nuove tutele del nuovo lavoro digitale. Il mondo del lavoro sta conoscendo una trasformazione. Allora abbiamo bisogno di cambiare anche i diritti di quel lavoro, altrimenti vediamo che l’innovazione tecnlogica, che è un fatto positivo in quanto ci facilita sia nei processi produttivi sia nella vita, rischia di aumentare le diseguaglianze, ricreando antiche forme di sfruttamento a cottimo».
Per portare avanti questi cambiamenti sono però necessari importanti investimenti. La guerra in Ucraina ha però sconvolto le priorità in Europa dove ora si parla di un aumento delle spese militari. Servono soldi anche per il rilancio economico nel dopo COVID. Qual è la scelta giusta?
«Mi preoccupa la corsa al riarmo dell’UE anche se una difesa comune serve. Si tratta allora di fare degli investimenti comuni e quindi ottimizzare la spesa militare invece di aumentarla in maniera lineare in tutti i Paesi europei. Spero comunque che le spese militari non rallentino gli investimenti che l’Unione europea sta facendo a favore di una ripresa inclusiva dell’economia, grazie al NextGenerationEU da 750 miliardi di euro. Di questa somma il 37% dovrà andare a favore della transizione ecologica, almeno il 20% alla trasformazione digitale, mentre la terza grande priorità di questo fondo è la coesione sociale».