L'analisi

Est contro Ovest, le due Germanie uscite dalle urne di domenica

A quasi 40 anni dalla caduta del Muro la riunificazione mostra tutti i suoi limiti – Lo storico Filippo Triola: «La DDR sembra essere tornata a farsi sentire ma sotto altre forme
Il leader della CDU e cancelliere in pectore Friedrich Merz. ©Martin Meissner
Dario Campione
24.02.2025 20:30

Tra i commenti che oggi affollavano i media germanici, non pochi mettevano in evidenza la sovrapposizione temporale del Carnevale, il Fasching, con il rinnovo del Bundestag. Il Carnevale è un pilastro assoluto del calendario culturale e politico tedesco, ed è tuttora vissuto in molte comunità in modo apertamente burlesco, satireggiante. Un tiro al bersaglio della politica che culmina, nel giorno del Martedì Grasso (Faschingsdienstag), in eventi spesso sopra le righe, chiassosi, apparentemente molto distanti dall’immagine che tanti hanno della compassata e razionale quotidianità tedesca.

Fino a qualche anno fa, risultati come quelli del voto di domenica sarebbero stati assimilati a un mondo improvvisamente capovolto, tipico del periodo pre-quaresimale. Oggi sono invece realtà. Con cui fare i conti. «C’è un aforisma, attribuito talvolta a Lenin, qualche altra volta a un politico differente, che dice come vi siano decenni in cui succede nulla, e poi giorni in cui capitano decenni. Forse ci troviamo di fronte a un’accelerazione mai vista della storia, una di quelle fasi nelle quali, da una settimana all’altra, sembrano essere trascorsi anni, a fronte di un passato non troppo lontano in cui nulla sembrava potesse succedere». La considerazione è di Filippo Triola, docente di Storia contemporanea e di Storia dei media all’Università di Bologna, da anni attento studioso della Germania.

«Se osserviamo il voto di domenica da una prospettiva storica di più lungo periodo - dice Triola al Corriere del Ticino - il prima dato che balza agli occhi è l’incremento di 10 punti percentuali ottenuto dalla destra radicale di Alternative für Deutschland (AfD). Mai, nella Repubblica federale di Germania, c’era stata una crescita così imponente per un partito da un’elezione all’altra. È qualcosa di rilevante, che lascerà una traccia. Soprattutto se l’AfD saprà far fruttare questa enorme capitalizzazione di consenso che ha avuto a Est, dove con oltre il 30% è saldamente la prima forza politica, ma anche a Ovest, dove ha fatto breccia ed è una realtà. Il secondo dato è la sconfitta altrettanto pesante dei socialdemocratici della SPD che, paradossalmente, stando almeno ai sondaggi, ha avuto un risultato forse migliore delle aspettative: molti la davano al 14%. E qualcuno si è spinto a dire che la SPD ha perso “soltanto il 9,29%”, che il 16,41%, in fin dei conti, è un risultato non così negativo come ci si poteva attendere».

Il declino dell’ecologismo

Al dato dei grandi vincitori e dei grandi sconfitti, categoria quest’ultima cui vanno ascritti anche i liberali della FDP, incapaci di raggiungere il quorum e quindi rimasti fuori dal Parlamento, si aggiunge un altro elemento: la crisi dell’ambientalismo politico. «Uno dei punti principali della piattaforma dell’AfD - dice Triola - era smetterla con la transizione ecologica e tagliare le sovvenzioni alla produzione di risorse energetiche alternative ai combustibili fossili. Nel 3% in meno di voti ai Verdi e nella crescita dell’AfD, partito che nel suo programma ha un piano anti-transizione ecologica, si può leggere quindi un cambio di orientamento culturale molto significativo».

Lo stesso leader della CDU e cancelliere in pectore, Friedrich Merz, «ha un po’ cavalcato quest’onda anti-Verdi e antiecologista - aggiunge lo storico bolognese - dicendo che i problemi del Paese sono altri. Negli ultimi anni, la Germania è stata, anche in sede di Commissione europea, tra i Paesi che più di altri hanno spinto per l’abbandono dei combustibili fossili, per la promozione delle auto elettriche e la trasformazione dell’industria dell’automotive e di politiche incentrate sul green. Adesso, nell’elettorato, qualcosa evidentemente è cambiato».

Il ritorno della sinistra

Se i toni del verde sembrano sbiadirsi, alcune sfumature di rosso sono invece tornate prepotentemente sulla scena. Lo dimostra il sorprendente risultato della Linke, partito che quattro anni fa non era riuscita a superare lo sbarramento del 5% restando fuori dal Parlamento. Domenica, anche la Linke ha quasi raddoppiato i voti, sfiorando il 9% e portando nell’emiciclo di Berlino 25 deputati. Una sorta di rinascita, favorita probabilmente sia dalla reazione alla crescita dell’AfD sia al bisogno di politiche sociali, soprattutto a Est.

«La Linke, in determinate zone del Paese, è il partito più votato dall’elettorato che non ha ancora compiuto 30 anni, e quindi senz’altro il consenso ottenuto può essere letto come una risposta nei confronti dell’ascesa dell’AfD, percepita nelle fasce giovanili come partito neonazista - argomento Filippo Triola - C’è, in questo schierarsi contro, un bisogno di appartenenza identitaria. Ma tra gli elettori della Linke ci sono pure i delusi della SPD, i quali hanno premiato la piattaforma di una formazione politica che sembrava essere instradata sulla via del tramonto e che ha saputo invece rinnovarsi e darsi nuova linfa, grazie anche a un gruppo dirigente giovane».

La grande affluenza

Altro dato interessante e in parte controcorrente, rispetto almeno al panorama delle democrazie occidentali ed europee in particolare, è stata la grande affluenza al voto. L’82,3% di votanti non ha soltanto sorpreso molti osservatori, ma ha sicuramente avuto un peso sul risultato finale.

«Le elezioni tedesche sono state uno degli argomenti più a lungo al centro del dibattito internazionale, anche per via delle dichiarazioni di Elon Musk e della nuova amministrazione statunitense - dice lo storico dell’Università di Bologna - questo ha fatto sì che si creasse una sorta di polarizzazione intorno al voto, come dimostra anche la spinta data all’AfD da una internazionale delle destre direttamente sponsorizzata dalla Casa Bianca. Le elezioni sono perciò sembrate molto più sentite delle altre: il risultato delle urne in Germania, pure per via dei confusi scenari in Europa orientale e in Medio Oriente, è parso essere molto più decisivo rispetto a quello degli ultimi 10, 15 anni. Ciò spiega, credo, la grande affluenza: il dibattito internazionale, la posta in gioco nei rapporti tra Stati Uniti ed Europa e il futuro stesso dell’Unione europea. Inoltre, i rapporti con la Russia e con l’Ucraina hanno fatto sì che uno Stato come la Germania, il più importante dell’Unione, si trovasse probabilmente a un bivio decisivo. Molti elettori hanno pensato che fosse necessario scongiurare un possibile scenario in cui l’AfD diventasse partito di governo. Penso che questo abbia giocato un ruolo fortissimo nel portare tanta gente a votare. Su chi, poi, si sia avvantaggiato da questa affluenza superiore rispetto al normale, ce lo diranno a breve le analisi sui flussi».

Un passato che non passa

Nel 2029, conclude Filippo Triola, «saranno trascorsi quarant’anni dal crollo del Muro. Il fatto che Alternative für Deutschland sia oggi il primo partito in modo indiscutibile proprio a Est, nel territorio della ex DDR, deve dire, deve significare qualcosa. Forse, quel divario di benessere, di capacità di consumi che doveva essere colmato tra Est e Ovest dopo la fine della DDR e la caduta dell’Unione Sovietica, non si è mai colmato. Anche dal punto di vista culturale e sociale. Se guardiamo i colori della mappa elettorale, siamo ancora di fronte a due Germanie, con la sola eccezione dell’isola Berlino. La DDR è tornata a farsi sentire sotto altre forme. La storia ci dice che probabilmente il passato non è stato ancora risolto».