Fabri Fibra, nichilismo e saggezza

La vita al tempo del consumismo è piena di punti di non ritorno. Come con la carta igienica umida, il Kandoo; oggi riuscireste ancora a immaginarvi lindi e sorridenti, in sua assenza? Questa considerazione vale anche per la parabola di più grande intellettuale italiano vivente: Fabri Fibra.
Nella carriera del rapper di Senigallia, il Wendepunkt giunge con la conquista della notorietà nazionale. Quando mi sono imbattuto nel CD del 2004 Mister Simpatia, grazie a un compagno di squadra, Fabrizio Tarducci non aveva ancora firmato il suo primo contratto con una major discografica – la Universal, nel 2006 – né pubblicato Tradimento, l?album che lo ha trasformato in un fenomeno di costume. In pratica, se lo filavano in pochissimi; anche perché, sulle frequenze radio italiane, le sue canzoni – a causa della violenza inaudita dei testi – erano in massima parte improponibili.
Per chi ha ascoltato solo le composizioni più recenti, quei testi del periodo pre-2006 sono una scoperta metà scioccante e per il resto esilarante. Non a caso, le differenze di superficie tra l?odierno Fabri Fibra 35enne e il suo frustrato, rabbioso passato – nei temi, ma soprattutto nella durezza del linguaggio – sono il propellente per chi lo accusa di avere imboccato una strada troppo apertamente commerciale, nella quale la vis polemica dei giorni andati risulta stemperata, o indirizzata verso bersagli insignificanti. La tesi che intendo sostenere, da parte mia, è invece che le linee di continuità – nelle due parti della produzione discografica tarducciana – siano superiori alle presunte fratture.
Certo, oggi non è forse più pensabile ritrovare la rabbia esistenziale, quasi à la Cioran, rimata sopra la base scabra della canzone-manifesto L?uomo nel mirino («Rinfaccio a mia madre il giorno in cui mi ha partorito»), o la follia autodistruttiva, nichilista, disimpegnata, misogina, omofoba che caratterizza brani da tenere ben nascosti ai vostri figli, come Da questo locale o Solo una botta, vertiginoso racconto di una notte tra prostitute asiatiche e molestatori gay. Che dire poi di un distico abissale come «Io sono il testimone oculare dello sconforto/ La prova evidente che qualcosa è andato storto» (da Tienila su)? Questo è il passato, inutile negarlo.
Se però ci concentriamo sulle affinità, Mister Simpatia mostra non pochi punti di contatto con brani recenti; ad esempio Non t?invidio, colata solforica contro lo star system del Belpaese («Io rapisco una velina/ e ne abuso fino al giorno del rilascio di Riina») prefigura i temi ripercorsi con il singolo del 2010 VIP in trip. Allo stesso modo, l?appassionata difesa del rap all?italiana – chiaramente riconoscibile in Tranne Te, dietro la maschera della farsa e del divertissement – era già pienamente espressa in Non fare la puttana, disperato atto d?accusa di un cantante fallito.
Al di là di queste «somiglianze di famiglia», comunque, il principale elemento per sostenere una continuità – a dispetto dell?ammorbidimento di certe asperità liriche – ce lo fornisce l?artista stesso. In sostanza, ha affermato Fabri Fibra in un?intervista, andare sopra le righe è necessario – e, in un certo senso, giusto – quando bisogna sgomitare per fare conoscere il proprio valore; ma una volta che l?obiettivo è raggiunto – se lo scorrere del tempo ha portato con sé la logica maturazione personale – diventa naturale abbracciare un tono meno bellicoso, senza che questo significhi perdere la propria identità. Una lezione di saggezza da tenere a mente, non soltanto per gli aspiranti musicisti rap.