Faide, violenza e legami con la malavita: ecco gli ultras di Inter e Milan
Il grave, gravissimo fatto di sangue consumatosi ieri mattina a Cernusco sul Naviglio, in provincia di Milano, non è un caso isolato. Né, tantomeno, il solo punto di contatto fra le cosiddette curve – gli ultras, per intenderci – e la mafia, nello specifico la 'ndrangheta. Ma anche, allargando il campo, fra le curve e l'illegalità. La morte di Antonio Bellocco, 36 anni, membro del clan di Rosarno, per mano di Andrea Beretta, uno dei leader della Nord interista, riaccende semmai i riflettori su rapporti particolari, di amicizia anche, fra i due mondi. Rapporti che, a Milano e nell'hinterland, negli anni hanno anche lasciato morti per strada. Per tacere dei tentati omicidi o, ancora, di pestaggi e aggressioni. Tradotto: tanto l'Inter quanto il Milan, da tempo, hanno un problema con la frangia più calda del tifo. Lo suggeriscono i precedenti.
Quella volta a Santo Stefano prima di Inter-Napoli
La Milano violenta, in termini calcistici, ha un inizio preciso. Quantomeno, rimanendo all'ultimo decennio. Nel 2018, la sera di Santo Stefano, il corteo di tifosi del Napoli – formato da diversi pulmini – sta procedendo verso lo stadio prima della supersfida di Serie A a San Siro contro l'Inter. All'improvviso, sulla scena irrompono una ventina di automobili. A bordo, un centinaio di ultras nerazzurri, armati di caschi e bastoni. Sfruttano la nebbia dei fumogeni, lanciati ad arte, per farsi largo. E, soprattutto, per menare. Una spedizione punitiva, letteralmente. Fra i facinorosi dell'Inter c'è anche Daniele «Dede» Belardinelli, un ultrà varesino di 39 anni, leader della formazione di estrema destra dei Blood & Honor. Investito da un mezzo dei napoletani, morirà qualche ora dopo in ospedale, al San Carlo, per le gravi ferite riportate. All'agguato partecipano pure tifosi del Nizza. L'ultrà del Napoli alla guida, per contro, verrà condannato a quattro anni per omicidio stradale e non per omicidio volontario, come chiesto dalla Procura. Incredibilmente, ma nemmeno troppo considerando le dinamiche delle curve, dopo il pestaggio nessuno parla. «Abbiamo trovato un muro di omertà dai tifosi dell’Inter – le parole di un investigatore –. Non hanno collaborato nonostante la vittima appartenesse alla loro parte. Nessun tifoso interista, tra i molti presenti, ha sentito il dovere e ha avuto la sensibilità di presentarsi agli investigatori per narrare quanto visto e fornire elementi utili a ricostruire la dinamica dell'investimento e individuarne l'autore».
L'episodio, a suo modo, rappresenta uno spartiacque. La cui memoria è rimasta viva. Tant'è che nel maggio 2023, a Varese, i gruppi Cuv 19, Skannati, Arditi e Blood & Honour minacciano la popolazione di fede napoletana in vista dell'oramai imminente festa scudetto: «Varese tifa Varese. Festeggiamenti di altre squadre nella nostra città non sono graditi, in particolar modo quelli del Napoli». Puntualmente, il 4 maggio le autorità devono fronteggiare non poche aggressioni in centro a Varese, durante i festeggiamenti (pacifici) di persone normalissime. Il bilancio? Auto danneggiate, un padre preso a pugni con in macchina il figlio piccolo, due donne con un minore aggredite. La vendetta napoletana non tarda ad arrivare: un corteo di una cinquantina di automobili, con a bordo tifosi del Napoli, il 14 maggio si dirige verso Varese sfruttando l'occasione di Monza-Napoli. Il corteo cerca, appunto, vendetta. All'arrivo in città, però, un importante dispiegamento di forze dell'ordine ferma i facinorosi.
Gli spari a «Enzino» Anghinelli
Altro giro, altro caso. Il 12 aprile del 2019, in zona Porta Romana, Enzo Anghinelli viene raggiunto da una pioggia di proiettili mentre è al volante della sua Ford Focus. A sparare sono due uomini. Due colpi raggiungono Anghinelli allo zigomo. L'uomo rimane in ospedale per mesi, in coma. L'agguato, oltre a gettare nel panico un intero quartiere, anche a distanza di anni non trova spiegazioni. Tant'è che, ora, c'è il rischio dell'archiviazione. Le indagini, però, fanno emergere il passato oscuro della vittima, legato al traffico di droga e ai delicati equilibri di potere all'interno della curva milanista. Gli inquirenti, in particolare, sospettano che stupefacenti e ultras facciano parte, in realtà, di un unico movente. Proprio per i legami, strettissimi, fra spaccio e curve. Anghinelli, detto «Enzino», poco prima del tentato omicidio aveva patteggiato tre anni per traffico di droga. In curva, invece, a circa un mese dall'agguato, era stato accerchiato e pestato a sangue.
L'uccisione di «Zio Vittorio»
Tre anni più tardi, il 29 ottobre del 2022, a morire è «Zio Vittorio», al secolo Vittorio Boiocchi, storico capo della Curva Nord interista, settant'anni di cui oltre ventisei trascorsi dietro le sbarre. Boiocchi viene ammazzato, con modalità tipiche dell'esecuzione mafiosa, davanti al portone di casa, nel quartiere Figino a Milano. Il curriculum di Boiocchi è notevole. La sua «carriera» comincia nel 1974 con una serie di rapine a mano armata e si conclude con qualcosa come dieci condanne definitive. I capi di imputazione? Traffico internazionale di stupefacenti, armi, ricettazione, sequestro di persona e furto. L'esecuzione avviene prima di Inter-Sampdoria. Quando la notizia dell'omicidio di «Zio Vittorio» si diffonde sugli spalti, a San Siro, gli altri capi della Nord chiedono (anche, se non soprattutto, con le cattive) a tutti i curvaioli di uscire dallo stadio.
Indegno di quella maglia
L'ultimo episodio, prima dei fatti di Cernusco, risale allo scorso maggio, quando in piazza Axum, a San Siro, cinque ultras del Milan aggrediscono e accoltellano un 25.enne romeno, indegno – ai loro occhi – di indossare una maglia della Curva Sud. Finiscono in manette in tre: Alessandro Sticco, 42 anni, noto come «Shrek», tra i più importanti esponenti della Sud rossonera, da sempre fedele al leader Luca Lucci, Islam Hagag, 35 anni, conosciuto come «Alex Cologno», e infine Luigi Magrini, 43 anni, in passato colpito da un Daspo, cioè un'interdizione dagli stadi, scaduto nel 2019. I tre, alla fine, patteggiano altrettante condanne per quanto accaduto: Magrini, l'autore materiale della coltellata, patteggia un anno e 8 mesi, Sticco e Hagag un anno e 4 mesi. Arrivano anche nuovi Daspo: cinque anni per Magrini, due per Sticco e Hagag.
La 'ndrangheta a Milano
La striscia di sangue e violenza, come visto, è lunga. Sui reali motivi del litigio di Cernusco, sfociato nella morte di Bellocco, sta indagando la Procura di Milano. Che, innanzitutto, cercherà di vederci chiaro sui rapporti fra 'ndrangheta e tifoseria organizzata dell'Inter. Da tempo, al riguardo, si parla di infiltrazioni nel mondo ultrà. Non solo in quello nerazzurro, evidentemente. Lo stesso Boiocchi, secondo un'indagine avviata dalla Digos, la Divisione investigazioni generali e operazioni speciali della Polizia di Stato, avrebbe intrattenuto rapporti con le cosche calabresi. Stando alle prime ricostruzioni della stampa, in primis il Fatto Quotidiano, Bellocco avrebbe preteso una maggiore percentuale sul ricavato delle vendite del negozio della curva Nord a Pioltello, gestito da Beretta. Il quale, però, si sarebbe rifiutato e, per questo motivo, avrebbe iniziato a girare armato temendo rappresaglie. D'altro canto, come annota il Corriere della Calabria, che la 'ndrangheta faccia affari, da decenni, a Milano non è una novità né un mistero. Di recente, per dire, il Ministero dell'Interno tramite una direttiva ha parlato di potenziali infiltrazioni anche nella macchina organizzativa delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026. Non stupirebbe, insomma, se da Cernusco emergessero evidenze sui rapporti fra ultras e mafia.