Farmacie, «solo il 20% delle attività è indipendente»

Che lettura dare al fenomeno della progressiva scomparsa delle farmacie a gestione familiare? E come si sta trasformando il mercato di questo importante settore della salute? Per capire meglio queste dinamiche ci siamo rivolti a Giovan Maria Zanini, farmacista cantonale.
Innanzitutto, per una fotografia del fenomeno, è bene fare un passo indietro. «In Ticino questa evoluzione è arrivata con qualche anno di ritardo rispetto al resto della Svizzera per via della ‘‘taglia’’ ridotta di queste attività sul nostro territorio», commenta. Oggi, a un paio di decenni di distanza, la realtà racconta di farmacie sempre più collegate fra loro sotto forma di grandi gruppi o catene. Una connessione che si traduce in una vasta diversificazione di modalità di controllo. «Alle volte il vecchio proprietario lascia al gruppo campo libero, facendosi totalmente da parte», spiega Zanini. «Ma può anche essere che il titolare, una volta ceduto il controllo, collabori ancora in svariate forme». Il dato di fatto, comunque, è che attualmente moltissime farmacie in Ticino fanno parte di un gruppo o di una catena. «Non abbiamo dati esatti», aggiunge il farmacista cantonale. «Anche perché può capitare che un’attività sia strutturata come società anonima. Ma ritengo che le farmacie indipendenti fino in fondo siano una netta minoranza. Difficilmente superano il 20% del totale». Una radiografia completamente diversa rispetto a 30 anni fa.
La tutela legale
Ma dal punto di vista del consumatore che cosa cambia? L’avvento in Ticino dei grandi gruppi ha avuto degli effetti sul cliente finale? «Per il consumatore, il fatto che una farmacia appartenga a una di queste catene dovrebbe tradursi in prezzi più favorevoli», sottolinea ancora il farmacista cantonale. «Questo perché, acquistando grossi volumi di merce, è possibile spuntare prezzi migliori ai grossisti. È la dinamica dell’economia di scala, che si potrebbe applicare anche ad altre realtà commerciali». Un altro vantaggio, aggiunge Zanini, è l’assenza di un conflitto di interesse. «In termini generali, se il farmacista non è il titolare bensì è un semplice stipendiato, non avrà alcun interesse a vendere medicinali in più, magari non strettamente necessari». Ma c’è il rovescio della medaglia. Perché i gruppi lavorano anche per obiettivi, come evidenzia il nostro interlocutore. «Le catene hanno delle direttive, delle politiche di vendita. Così facendo, però, limitano le competenze professionali del farmacista o del gerente. Ma è per questo che noi, come autorità cantonale, chiediamo al farmacista responsabile di firmare una clausola contrattuale. Una clausola che obbliga la proprietà dell’attività, qualunque essa sia, a dare autonomia totale al farmacista gerente sulle questioni di carattere professionali e sanitarie». Questa norma legale è pensata proprio a tutela dei consumatori e dei pazienti. Infatti, se per motivi commerciali venisse ad esempio imposta la vendita di un prodotto inadeguato, il farmacista avrebbe il dovere di segnalare il caso all’Ufficio del farmacista cantonale. «Sarebbe inaccettabile dal profilo sanitario», rileva Zanini. Tuttavia, casi simili non ce ne sono mai stati. «Dal lato pratico non abbiamo ricevuto alcuna segnalazione. E attenzione: non sto parlando di vendere un farmaco originale piuttosto che il suo generico, due prodotti perfettamente interscambiabili. Mi riferisco appunto alla vendita di farmaci che producono effetti diversi sul paziente». In soldoni, se il farmacista non condivide le direttive della direzione del gruppo, «ha il dovere di non rispettarle se toccano l’ambito sanitario, segnalando il caso alle autorità se si trova di fronte a una violazione della legge».
Se cade la motivazione
Un altro tema sollevato dai due farmacisti indipendenti che abbiamo interpellato nell’articolo a fianco è quello della mancanza di manodopera specializzata. Una situazione, viene sottolineato, dovuta all’assenza di farmacie indipendenti. Chi rientra dagli studi, opta quindi più volentieri per una carriera in ambito industriale o ospedaliero piuttosto che farsi assumere come dipendente di un gruppo. «Come detto in precedenza, il Ticino ha sempre avuto più farmacie attive sul territorio rispetto agli altri cantoni», dice Zanini. «In sostanza, ci si accontentava di cifre d’affari più basse perché probabilmente – nella nostra mentalità – gli aspetti della gestione diretta e della responsabilità erano più importanti rispetto al resto della Svizzera. Questo discorso, oggi, non esiste praticamente più proprio per via del fenomeno a cui stiamo assistendo ormai da tanti anni». Una piccola parte, comunque, ancora prosegue sulle orme dei genitori. «Ma solo se i titolari decidono di andare avanti a conduzione familiare», conclude Zanini. «Altrimenti viene a cadere la motivazione alla base di questa scelta».