Femminicidi e ruolo del patriarcato: un dibattito su posizioni distanti
Femminicidio e società patriarcale. È questo il tema discusso nella seconda parte de La domenica del Corriere, in onda su Teleticino. Un tema, purtroppo, di strettissima attualità dopo il dramma di Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex fidanzato. Gianni Righinetti ne ha parlato con due deputati, Lisa Boscolo (PS) e Sergio Morisoli (capogruppo UDC). Si parte da una lettera rilasciata nei giorni scorsi dalla sorella di Giulia, Elena. «Un mostro è un’eccezione, una persona esterna, della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I ‘‘mostri’’ non sono malati, sono figli sani del patriarcato. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna». Un concetto forte, che ha creato un dibattito infinito in Italia. «Sottoscrivo questa dichiarazione», rileva Boscolo. «Trovo Elena molto coraggiosa: ha mostrato un cambio di reazione nei confronti di un femminicidio». Atti che avvengono ovunque, anche in Svizzera. Come ricorda ancora Boscolo, «nel 2023 nel nostro Paese ci sono stati 15 femminicidi e 8 tentativi di femminicidio. Vediamo una svolta nel movimento delle donne che invitano a denunciare un atto, un massacro contro loro stesse. E le donne chiedono ora anche agli uomini di reagire». «Bisogna portare rispetto per chi è vittima di questo fatto», dice Morisoli. Un fatto che ha sconvolto due famiglie, «perché non ci sono mai vincenti in questi episodi. Condivido totalmente la parola femminicidio: si è ucciso senza ragione una persona. Non condivido invece il collegamento diretto con l’idea di patriarcato o con la cultura dello stupro, come se l’Italia fosse un posto dove vigono usi e costumi che promuovono questi modi di fare nella società civile. Mi dissocio dal concetto della questione patriarcale. Il patriarcato, così come ci è forse stato trasmesso, è scomparso da decenni in quella forma». Viene però talvolta importato da altre società e culture. Per Morisoli, «il patriarcato, nella nostra società, l’abbiamo lasciato alle spalle. Non ha senso parlarne in questo momento, anche perché è scomparsa la figura reggente di questa forma familiare: il padre». Un padre che per il deputato UDC «ha difficoltà nel profilarsi tale, ad assumersi un nuovo ruolo». «Il patriarcato è una struttura socioculturale che purtroppo esiste ancora da noi, è non è importato da altre civiltà. Lottare contro il patriarcato in Svizzera o in occidente è più facile rispetto ad altri Paesi in cui le donne non hanno diritti. Ma anche da noi vige ancora. Altrimenti non riuscirei a capire come è possibile che esistano ancora i femminicidi, la punta dell’iceberg di un cumulo di violenze contro le donne. Le donne come Giulia Cecchettin non sono state uccise perché non avevano diritti: bensì perché si sono opposte a un uomo», ingabbiato in un modello di mascolinità tradizionale. Secondo Boscolo, quindi, le donne sono a rischio proprio perché emancipate, libere. Dunque, «esiste un legame tra femminicidio e patriarcato».
«C’è però stata una colpevolizzazione del genere maschile?», chiede Righinetti. «Non si può ritenere plausibile un collegamento del genere», ribatte Morisoli. «Se così facessimo, entreremmo nella woke culture, in cui bisogna cancellare tutto perché se sei bianco, occidentale e credente sei visto come il male». Si tratta dunque di un’esagerazione? «Siamo arrivati a un momento in cui, grazie alle parole della sorella della vittima, abbiamo fatto emergere la coscienza degli uomini», risponde Boscolo. «In questi anni le donne sono state in grado di lavorare su loro stesse, sul denunciare certi atti. Il fatto di additare gli uomini come colpevoli è interessante: se tu, in quanto uomo, non fai nulla per denunciare le violenze, allora sei un problema. È arrivato il momento in cui gli uomini devono denunciare ogni genere di violenza».
Tra le mura di casa
La violenza ha molte forme. Anche quella domestica, con numeri che impressionano a livello svizzero. «È un problema di valori e di educazione», sottolinea Morisoli. «Indipendentemente dalle statistiche, abbiamo dismesso alcuni valori fondamentali, come il rispetto della persona. C’è una possessività patologica, anche verso i figli. Noi vogliamo il mondo perfetto, in cui se mi piace una donna, deve essere solo mia. La società, oggi, non sa assorbire i ‘‘no’’, le sconfitte». Il ruolo dei social, infine. «Sono positivi per diffondere la sensibilizzazione», sostiene Boscolo. «In generale, siamo in un’emergenza sociale. I femminicidi sono una piaga sociale, che dobbiamo voler risolvere come cittadini». Bisogna quindi creare una società «in cui gli esseri umani vengono rispettati in quanto persone che hanno una dignità».