Fermo al Maghetti: agenti condannati

Sì, i due agenti della Polizia Città di Lugano che hanno fermato in modo robusto un giovane iracheno la sera del 28 dicembre 2020 al Quartiere Maghetti hanno abusato della loro autorità. Lo ha stabilito il giudice della Pretura penale, Simone Quattropani, che ha sostanzialmente accolto il decreto d’accusa stilato dal procuratore generale Andrea Pagani, condannando un appuntato (difeso dall’avvocato Roy Bay) e un poliziotto (all’epoca dei fatti in formazione e patrocinato dall’avvocata Maria Galliani), a pene pecuniarie sospese da 60 a 20 aliquote per abuso di autorità e vie di fatto (solo per l’appuntato).
Per Quattropani è stato un video girato quella sera, che «a differenza delle persone, non mente». Dal filmato risulta che «non c’era una situazione di tensione, di minaccia o che potesse mettere in difficoltà gli agenti». L’appuntato, per il giudice, «ha perso le staffe, ha agito senza motivo e in modo sproporzionato, come è stato sproporzionato l’ammanettamento. Non vi è quindi dubbio che il reato di abuso di autorità è configurato». L’agire dell’altro agente, invece, «è sì diverso perché non ha visto gli inizi della colluttazione», ma «aveva percepito esattamente cosa stesse accadendo». E nonostante questo, per il giudice, «ha concorso all’ammanettamento indebito».
La catena degli eventi
Quel giorno era cominciato tutto da una sigaretta. Una sigaretta portata alla bocca dal giovane fermato dopo che gli era stato detto di non accenderla. Una sigaretta che l’agente aveva allontanato dalle labbra del giovane con una «sberla». E poi gli animi si erano scaldati. Secondo l’accusa, l’appuntato aveva creato un’escalation in una situazione tutto sommato tranquilla con il suo gesto «stizzito». E poi si sarebbe a torto sentito minacciato dal giovane di fronte a lui, mentre quest’ultimo avrebbe solamente alzato le mani per un gesto istintivo di difesa. Il poliziotto non aveva, in altre parole, motivo per mettere a terra e ammanettare la presunta vittima. Da là le ipotesi di reato di abuso d’autorità e di vie di fatto; quest’ultima riferita a due colpi sferrati dall’appuntato all’uomo a terra, un calcio e una ginocchiata. Colpi di contenimento ammessi in caso una persona ammanettata non collabori, ma che diventano illegali nel contesto di un fermo ritenuto illegittimo. Durante il dibattimento, l’agente si era scusato per la sberla: «Ho preso come una sfida che avesse acceso la sigaretta malgrado gli fosse stato detto più volte di non farlo, in quanto l’ha fatto con un ghigno in faccia. Con questo gesto duro e sicuro volevo fargli capire di smetterla e di ubbidire». Quanto alla sua reazione successiva aveva spiegato di essersi sentito minacciato. «Lui ha proteso le mani verso di me e ricordo di averle sentite al collo. A quel punto ho agito come ci hanno insegnato, allontanandolo, accompagnandolo a terra e ammanettandolo».