L'intervista

«Fiducia, cuore e idee: così voglio rilanciare il Sant'Anna»

Parola al nuovo direttore della scuola privata di Lugano, Lorenzo Dell'Acqua
© CdT/Chiara Zocchetti
Giuliano Gasperi
16.05.2024 06:00

Lorenzo Dell’Acqua, 29 anni, di Lugano, è il nuovo direttore dell’Istituto Sant’Anna. Lo attendono varie sfide. Una – non per forza la più importante, ma forse la più delicata – è ricucire l’immagine della scuola, lesa dalle vicende giudiziarie del direttore precedente. Di questo e altro abbiamo parlato con Dell’Acqua, entrato in carica il 2 maggio.

Direttore, su quale aspetto vorrebbe incidere di più? E quali idee porterà?
«Affidando questo ruolo a un ragazzo di ventinove anni nato e cresciuto in città, il nostro gruppo ha fatto una scelta precisa, basata sul lungo periodo. È la prima volta per me: ci sono diverse cose che devo capire, ma fortunatamente sono affiancato da persone molto valide e con grande esperienza alle spalle. Uno dei miei obiettivi è creare una squadra di fiducia, un corpo docente solido che abbia come priorità gli studenti. Vorrei che si sentissero seguiti e a proprio agio, mai abbandonati. Qualcuno dice che i giovani di oggi siano complicati da gestire. Beh, avendo lavorato anche con i richiedenti l’asilo a Chiasso, posso dire di aver visto un ventaglio di problematiche piuttosto ampio, e di aver imparato cose che vorrei trasmettere ai miei studenti».

Lei per un anno al Sant’Anna è stato insegnante d’italiano, e continuerà ad esserlo. Come convincere le nuove generazioni a curare il modo in cui parlano, o scrivono, con la stessa attenzione con cui, ad esempio, curano il loro aspetto esteriore?
«È un paragone che mi è capitato di fare in aula. Ho detto loro che quando conoscono qualcuno di nuovo, la prima cosa da cui sono colpiti è tendenzialmente il suo aspetto, ma la seconda è come si esprime. Parlare in modo corretto e avere buoni argomenti è un biglietto da visita fondamentale, che può agevolarli in tanti campi della vita».

È piuttosto giovane anche lei. Sicuramente fra i più giovani direttori in Ticino, non solo in ambito scolastico. Cosa la spaventa di più, o le crea più pensieri?
«Spaventare, direi nulla. Sento, sul lungo periodo, di poter fare un buon lavoro. Mi manca l’esperienza, certo, ma la mia età mi dà un vantaggio: sentirmi psicologicamente più vicino agli studenti, intuire le loro paure e interpretare le loro richieste. Capirli».

Quali sono le sfide più importanti per il Sant’Anna oggi?
«La più importante è far sapere a tutti che la nostra è una scuola propositiva. Un tempo fu definita ‘la scuola delle idee’. Siamo stati i primi, ad esempio, a ricevere dal Dipartimento Educazione Cultura e Sport l’autorizzazione per una scuola elementare bilingue italiano/tedesco e a introdurre il tedesco dal primo anno nella scuola media. E per il liceo stiamo valutando di offrire anche un indirizzo socioeconomico con nuove materie come sociologia, antropologia e psicologia. Poi vorremmo far capire che la scuola privata non va intesa come un ‘piano B’. È vero: chi viene da noi, a volte, è rimasto deluso da altre esperienze scolastiche e cerca nuovi percorsi per non precludersi una futura carriera professionale. Ma è altrettanto vero che qui gli studenti possono essere seguiti individualmente, mentre nei licei pubblici, se non arrivano i risultati, tendono ad essere considerati semplicemente come adulti che devono prendersi le proprie responsabilità. Vorremo che la nostra filosofia, per molti, potesse essere un ‘piano A’».

Iscriversi non è però alla portata di tutti. Lei sarebbe favorevole a istituire delle borse di studio?
«È una questione economica di competenza non mia, bensì del Gruppo Sant’Anna. Di principio, parlando a titolo personale, sarei favorevole. So che la scuola collabora con alcune fondazioni che concedono, in determinati casi, borse di studio a studenti meritevoli ma le cui famiglie non hanno i mezzi finanziari sufficienti per coprire la retta. Inoltre, d’intesa con il fondatore della scuola Antonio Schenardi, si sta pensando di costituire una fondazione per sostenere gli allievi con limitati mezzi finanziari».

Parlando ancora di sfide, è difficile andare oltre quanto accaduto con l’ex direttore?
«Quella è stata una parentesi molto triste e buia, un capitolo che vogliamo lasciarci alle spalle, ma che fondamentalmente riguarda solo l’ex direttore. Io l’ho vissuta da lontano, perché quando è scoppiato il caso ero nel mezzo di un viaggio di sette mesi fra India, Tibet, Nepal, Sri Lanka e tanti altri paesi, un’esperienza profondamente arricchente sul piano umano che volevo realizzare dai tempi dell’università. Sentendo i colleghi, però, ho capito che per loro è stato un periodo difficile. La scuola comunque ha una storia di oltre cinquant’anni e può superare tutto questo».

A livello d’iscrizioni, state avendo delle ripercussioni?
«Nell’anno scolastico in corso i numeri sono rimasti stabili e per il prossimo prevediamo addirittura un incremento. Ciò a dimostrazione del fatto che le famiglie hanno compreso perfettamente che la scuola non c’entra nulla con i fatti commessi dall’ex direttore».

Temete che in futuro alcuni studenti potrebbero sentirsi danneggiati da lui e rivalersi sulla scuola, ad esempio per quanto riguarda la validità dei loro diplomi?
«No, la scuola è del tutto estranea alle vicende dell’ex direttore e ha sempre operato nella piena legalità. Non vi è alcun dubbio sul fatto che tutti i diplomi rilasciati dalla scuola siano perfettamente validi. È stata la scuola a denunciare alla Magistratura i fatti commessi dall’ex direttore e ad attivarsi immediatamente per risolvere tutte le problematiche sorte».

Prosegue intanto l’inchiesta a carico del quarantaduenne italiano ex direttore del Sant’Anna, che risulta tuttora irreperibile. Le ipotesi di reato nei suoi confronti sono quelle di amministrazione infedele, truffa, appropriazione indebita e falsità in documenti. A denunciarlo al Ministero pubblico era stata la scuola stessa, che nel procedimento si è costituita accusatrice privata.