Figli di coppie gay: in Italia si accende la discussione, com'è la situazione in Svizzera?

Due mamme o due papà. I figli delle coppie gay sono al centro del dibattito, nella vicina Italia, ormai da settimane. Contrapponendo chi parla di diritti a chi porta avanti le (proprie) questioni ideologiche. Cosa sta succedendo? E, soprattutto, com'è la situazione in Svizzera?
La cronistoria delle ultime due settimane in Italia
Ricapitoliamo. 13 marzo: il Comune di Milano interrompe le trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali in Italia. La sospensione delle registrazioni arriva dopo una circolare del Prefetto di Milano. La prefettura, per chiedere l'interruzione delle trascrizioni, ha fatto riferimento alla legge 40 del 2004, quella sulla procreazione medicalmente assistita, consentita solo a coppie formate da persone di sesso diverso. Una legge che vieta anche la maternità surrogata. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha comunicato che bloccherà le trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei bambini con due papà e la formazione di atti di nascita italiani con due mamme, come garantito negli ultimi anni nel capoluogo lombardo.
14 marzo. Al Senato italiano, la commissione Politiche europee approva una risoluzione contraria alla proposta di regolamento UE sul certificato europeo di filiazione che prevede che la genitorialità stabilita in uno Stato membro venga riconosciuta in ogni altro Stato membro, senza alcuna procedura speciale, che si tratti di figli di coppie eterosessuali, omogenitoriali, figli adottati o avuti con la maternità surrogata dove è consentita. La risoluzione sostiene che l'obbligo di riconoscimento del certificato UE di filiazione non rispetta i principi di sussidiarietà e proporzionalità, per cui se venisse adottato sarebbe un'invasione del diritto europeo su quello nazionale (in particolare sulla maternità surrogata attualmente vietata in Italia e che si teme venga aggirata con l'ok alla proposta di regolamento).
19 marzo. Diecimila persone scendono in piazza, a Milano, per protestare contro il Governo italiano. Alla mobilitazione partecipa anche il PD, con la segretaria Elly Schlein, che annuncia una legge, pronta e da calendarizzare in Parlamento, per dare più diritti a queste coppie e ai loro figli, perché «il governo si scaglia contro i bambini». La manifestazione si conclude con un flashmob: migliaia di penne alzate al cielo in piazza della Scala, simbolo delle firme che i sindaci non possono più fare. Lo slogan? «La famiglia è quella che ci costruiamo noi con i nostri affetti, i nostri amori e le nostre amicizie. Non permetteremo al governo di decidere chi è figlio di questo Paese».

21 marzo. «I Paesi dell’Unione europea devono riconoscere ai minori con genitori dello stesso sesso lo status giuridico di figli, in modo da garantire loro una serie di diritti in tutta l’Unione europea». Così il commissario europeo della Giustizia, Didier Reynders, in una lettera di risposta a un’interrogazione del Movimento Cinque Stelle in cui sottolinea anche che i Paesi suddetti «devono rispettare i diritti fondamentali sanciti dalla Carta, compreso il diritto alla non discriminazione, esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’UE». Il testo va avanti riconoscendo da un lato l’autonomia dei singoli governi, «competenti per l’adozione di misure di diritto di famiglia sostanziale, comprese quelle riguardanti il genere e il contenuto dei documenti», e dall’altro ribadendo «i termini che si utilizzano in uno Stato per riferirsi a ciascun genitore». Reynerds chiarisce che «non possono essere invocati da un altro Stato membro per rifiutare il rilascio di un passaporto o di una carta d’identità a un minore i cui genitori siano dello stesso sesso». E ancora: «L’Unione europea può adottare misure di cooperazione giudiziaria in materia di diritto di famiglia con implicazioni transnazionali». Il commissario conclude: «In linea con la strategia per l’uguaglianza delle persone LGBTIQ 2020-2025, la Commissione è in continuo dialogo con gli Stati membri riguardo all’attuazione delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea. Ciò comprende anche l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere la filiazione di un minore con genitori dello stesso sesso ai fini dell’esercizio dei diritti conferiti dall’UE».
Nei giorni seguenti si sono alzate le voci di alcuni sindaci in rivolta, in difesa dei diritti dei bambini delle coppie omogenitoriali, da Padova a Prato, da Verona a Treviso e a Bologna. E hanno deciso una doppia mossa: un documento e una manifestazione, il 12 maggio a Torino. Sono i primi passi di una disobbedienza civile? Nel documento che stanno preparando chiedono al governo di decidersi a dare risposte: non si possono lasciare i diritti dei bambini nel limbo. «Lasciateci tutelare i bambini»: è la sintesi. Il 26 marzo la gente è scesa in piazza a Roma. «Il governo pianta una bandierina ideologica al giorno e intanto sferza un attacco senza precedenti ai diritti dei bambini e delle bambine – ha dichiarato il giorno seguente Elly Schlein nel corso della riunione con i gruppi parlamentari, alla Camera –. Le pressioni per interrompere le trascrizioni, ad esempio. Siamo stati nelle piazze di questi giorni con i nostri sindaci e lavoreremo anche qui in Parlamento».
La situazione in Svizzera
Il termine «famiglia arcobaleno» designa le famiglie nelle quali almeno un genitore si considera come LGBT. I bambini possono essere figli di relazioni eterosessuali precedenti, nati nell'ambito della coppia omosessuale, adottati in contesti particolari o accolti nel quadro di un collocamento famigliare. Dall'entrata in vigore del Matrimonio per tutti, il 1. luglio 2022 – in sei mesi hanno detto «sì» 749 coppie e 2.236 hanno convertito un'unione domestica registrata in matrimonio –, le coppie dello stesso sesso godono di tutti i diritti genitoriali associati al matrimonio. È quindi possibile per loro adottare bambini all'interno e all'esterno della famiglia, avranno accesso alla medicina riproduttiva e la relazione del bambino potrà essere riconosciuta fin dalla nascita con entrambi i genitori dello stesso sesso. Dal 1. luglio del 2022, quindi, anche le coppie omosessuali possono sposarsi e adottare congiuntamente un bambino. In Ticino – fa sapere l'Ufficio dell’aiuto e della protezione – da luglio 2022 è stata inoltrata una sola richiesta di adozione internazionale da parte di una coppia omossessuale. (Con l’entrata in vigore del diritto in materia di adozione, il 1. gennaio 2018, la cosiddetta adozione del figliastro è consentita anche alle coppie vincolate da unione domestica registrata e a quelle omosessuali o eterosessuali che convivono di fatto. L'adozione congiunta di un bambino estraneo, fino al 1. luglio 2022, continuava però a essere preclusa alle coppie omosessuali e a quelle conviventi di fatto).
Tuttavia, il riconoscimento da parte del partner omosessuale della madre non è possibile. La compagna si trova quindi costretta ad adottare il bambino / la bambina. «E per iniziare la procedura di adozione devono prima passare 12 mesi, in cui si dimostra di avere convissuto con il minore», spiega Sara Bonora, portavoce dell’Associazione Famiglie Arcobaleno per il Ticino.
Inoltre, le persone che vivono in unione domestica registrata non hanno il diritto di adottare dei bambini e non possono ricorrere alla procreazione medicalmente assistita.
Sì alle adozioni per le coppie sposate, ma non ovunque
«In Svizzera, se facciamo un confronto con l'Italia, siamo "messi meglio" – aggiunge Bonora, sposata dal 2009 con Tania, con cui ha due bambini –. Finalmente ci sono stati riconosciuti alcuni diritti fondamentali, a partire dal "matrimonio per tutti". Resta il fatto che le coppie sposate, oggi, possono adottare un bambino, ma il Paese con il quale si stringe l'accordo deve accettare che i genitori siano omosessuali. E questo non è sempre evidente ovunque».
C'è ancora molto da fare, insomma. «Soprattutto per quel che riguarda la filiazione. Per esempio, la co-parentalità dalla nascita è riconosciuta alle due mamme solo se si accede alla donazione di sperma in Svizzera. Se la donazione avviene all'estero, solo uno dei due genitori risulta come madre. E – spiega ancora Bonora – in realtà sono molti quelli che si rivolgono a un paese estero, anche per una questione di privacy».
L'apertura, nel nostro Paese, comunque c'è. Soprattutto perché si ha la consapevolezza che si tratta di «vuoti giuridici» che devono essere colmati. «Anche se poi l'iter è sempre lungo e non sempre di facile attuazione, a livello di tempistiche».
Non tutto è consentito in Svizzera
Dall'introduzione del «matrimonio per tutti», anche due donne sposate hanno accesso alla donazione di sperma. I genitori non possono scegliere il donatore e la donazione di sperma non è anonima: alla nascita di un bambino concepito mediante una donazione di sperma, i dati riguardanti il donatore sono trasmessi all’Ufficio federale dello stato civile (UFSC) e conservati nel registro dei donatori con il nome, la data di nascita, il luogo d’origine/nazionalità, il domicilio, la professione/formazione e l’aspetto fisico. I bambini concepiti mediante donazione di sperma possono chiedere informazioni sul loro padre biologico, a partire dai 18 anni d'età. Una donazione ufficiale di sperma, ovviamente, non dà luogo a una relazione giuridica padre-figlio né ai conseguenti diritti e obblighi (mantenimento, educazione, eredità).
In Svizzera la donazione di ovociti, la donazione di embrioni e la maternità surrogata sono invece vietate. Il 13 settembre 2022 la Camera dei cantoni, dopo il Consiglio Nazionale, ha accolto una mozione sulla donazione di ovuli in Svizzera (allo stesso modo della donazione di sperma) con 22 voti contro 20, nonostante la forte opposizione del Centro e dell'UDC. La mozione incarica il Consiglio federale di elaborare le basi legali. L'atto parlamentare mira a istituirne le condizioni quadro intese a permettere l'accesso alle donazioni, oltre a eliminare la disparità di trattamento fra uomini e donne presente nella legge in vigore, dal momento che la procreazione mediante una donazione di sperma è autorizzata e attualmente praticata. In mancanza di una legislazione in merito, le donne domiciliate in Svizzera sono obbligate a praticare il turismo medico per ottenere un dono d'ovuli.
«Anche in Svizzera, come in Italia, c'è chi solleva le "questioni etiche". Soprattutto per motivi politici e di partito – conclude la portavoce dell’Associazione Famiglie Arcobaleno per il Ticino –. Ma stiamo parlando di diritti. Di genitori e di bambini. E la strada è ancora lunga».