«Filantropia, la stampa di qualità così contribuisce al bene pubblico»

«Come dimostra in modo assai evidente l’esempio degli Stati Uniti, la crisi della democrazia è in parte legata a quella dei media. Quando i media infrangono l’ideale di neutralità, obiettività e diffusione di informazioni affidabili, contribuiscono alla destabilizzazione della democrazia, che si basa sull’opinione pubblica e quindi, in ultima analisi, sulla qualità e sull’indipendenza delle informazioni disponibili». Henry Peter è professore ordinario di Diritto all’Università di Ginevra, dove ha creato e diretto per otto anni un centro pluridisciplinare dedicato alla filantropia. In questo contesto uno dei temi trattati è il rapporto tra filantropia e democrazia e il ruolo dei media.
In Ticino, dove risiede, Peter è tra l’altro presidente della Fondazione per le Facoltà di Lugano dell’USI. La scorsa settimana, è stato nominato alla presidenza della Fondazione Aventinus, azionista di maggioranza del quotidiano romando Le Temps. Occuperà la carica a partire dal prossimo 1. gennaio, quando succederà a François Longchamps, già presidente del Consiglio di Stato del Canton Ginevra. Oggi, da noi interpellato, riconosce anche come i media stiano affrontando «una crisi di finanziamenti, con fonti pubbliche e commerciali che diventano così scarse da prosciugarsi, mettendo a dura prova la sostenibilità dei modelli noti». E allora è proprio qui che entrano in gioco le fondazioni, come quella per il Corriere del Ticino, che - nata nel 1941 - è stata precorritrice del modello.
L’indipendenza e l’onestà
Con Henry Peter approfondiamo proprio questo punto. Perché, «in tale contesto, l’intervento del settore delle fondazioni, attraverso i finanziamenti, ma anche attraverso strutture e organizzazioni dedicate, è sempre più essenziale per aiutare a sostenere i media indipendenti che possono contribuire alla vitalità e alla sostenibilità dei sistemi democratici. I media indipendenti consentono la libera formazione delle opinioni, essenziale per l’esercizio dei diritti dei cittadini. I media indipendenti devono fornire informazioni equilibrate e verificate, garantire uno spazio per un dibattito pubblico costruttivo e fornire un forum per l’espressione delle opinioni. Questo intervento è tuttavia legittimo solo nella misura in cui il contributo filantropico non serve direttamente o indirettamente interessi privati». In questo senso, la stessa Fondazione Aventinus si è data una regola rigida in termini di governance: «Il Consiglio di fondazione nomina il Cda della SA, ma non interferisce minimamente nella gestione del giornale e in particolare nella scelta e in ordine all’attività del direttore o della direttrice della redazione». Mette però anche in chiaro un punto, citato nella Charte rédactionelle del quotidiano: «Le Temps si impegna per i valori liberali fondamentali, difende le istituzioni democratiche, i diritti e le libertà dell’individuo e i principi di un’economia di mercato rispettosa dell’ambiente. Cerca di preservare la pace civile e la giustizia sociale, senza temere di stimolare il dibattito. In questo contesto, si impegna all’onestà intellettuale».
Rimane solo il terzo settore
I nobili scopi della Fondazione - ma anche del quotidiano a cui essa si riferisce - si riflettono nell’intenzione di sostenere l’esistenza dei media e di progetti giornalistici di qualità. Ma come si definisce la qualità dei media? Henry Peter riflette: «I media hanno oggi un ruolo che giustifica la loro esistenza nonostante la presenza dei social media e la sempre più presente intelligenza artificiale. Si tratta di fornire qualcosa di più, quindi un valore aggiunto in termini di approfondimento, verifica, riflessione. Se questo riescono a farlo i media, questo attrarrà lettori o ascoltatori e giustificherà una remunerazione, quindi un pagamento per aver accesso a tali media». Già, ma un sostegno è comunque indispensabile. Ci chiediamo se ci siano altre forme di finanziamento che possano garantire un futuro a medio-lungo termine ai nostri media. «Esistono varie possibilità per adattarsi al difficile contesto attuale. Non è tuttavia semplice, a maggior ragione in un bacino di lettori limitato quale quello ticinese. Concretamente, il settore privato non è più disposto a finanziare una tale attività in quanto non sufficientemente redditizia e nemmeno economicamente autoportante e lo Stato tende a non ritenere che sia il suo ruolo sostenere la stampa privata, a maggior ragione in un momento di riduzione delle entrate dell’erario. Rimane quindi solo il cosiddetto terzo settore - la filantropia - il cui intervento si giustifica dal fatto che la stampa di qualità contribuisce al bene pubblico e al buon funzionamento della democrazia».
L’iniziativa di Unige
Nell’ambito del suo progetto di ricerca Media e Democrazia, il Centro di Filantropia dell’Università di Ginevra, creato e diretto da Peter nel 2017, ha lanciato l’Iniziativa Media e Filantropia (IMP) che si propone di riunire competenze accademiche e professionali e di strutturare una rete internazionale di università di alto livello attorno a un’analisi dei criteri del bene comune applicati ai media. Gilles Marchand, finora direttore della RTS, è stato scelto per dirigere l’IMP. Si tratta, come sottolinea ancora Peter, di «una mappatura delle forme di finanziamento che consentono la produzione e la diffusione di informazioni di qualità e un’analisi dei modelli esistenti». La Fondazione Aventinus è un caso di applicazione del ruolo della filantropia. «Credo di essere stato scelto per assumere la presidenza di Aventinus alla luce della mia esperienza universitaria al Centro di Filantropia e delle riflessioni fatte in questo contesto in merito al ruolo della filantropia a favore dei media e dei possibili modelli per svolgere questo ruolo».
L’analogia con l’agricoltura
In un recente editoriale apparso sul ginevrino Le Courrier, si paragonavano i media svizzeri all’agricoltura svizzera, due forme diverse di «nutrizione». Si sollecitavano aiuti dallo Stato per i media proprio come viene fatto per l’agricoltura. «Capisco l’analogia, ma non credo che le cose siano così semplici. È vero che un nutrimento informativo di qualità è essenziale, così come lo è la nutrizione alimentare, anche in questo caso di qualità piuttosto che sotto forma di fast food. Pensandoci, i social media sono all’informazione quello che il fast food è all’alimentazione. Ma fare scelte qualitative e quantitative nel campo dei media è molto più complesso e non credo che lo Stato sia in grado - o che lo potrebbe essere - di fare le inevitabili scelte che andrebbero fatte, sapendo che comunque il sostegno statale non può essere illimitato».
La rivoluzione digitale
Da anni si parla di rivoluzione digitale nei media, ma da soli i siti, difficilmente, per bacini così ridotti, possono reggere il peso economico di un’azienda. Eppure gli abbonati del cartaceo in Svizzera sono in fase calante. Ha tutta l’aria di essere una trappola. «Tutte le testate svizzere sono confrontate allo stesso problema, ovverosia la progressiva riduzione delle versioni cartacee e quindi un trasferimento dei lettori verso versioni digitali. Il vantaggio del digitale è la sua immediatezza, nonché i costi di distribuzione. La difficoltà sta nel convincere i lettori che le testate forniscono un’informazione di qualità, diversa rispetto a quello che trovano gratuitamente sui social media, per cui si giustifica un pagamento. Tecnicamente il problema è stato ormai risolto; ora bisogna convincere i potenziali lettori». Diversi giornali, anche in Svizzera, riescono a farlo e altri devono ancora trovare la strada, fa notare ancora Henry Peter. «Il vantaggio di un quotidiano come il Corriere del Ticino è peraltro che il digitale può allargare sensibilmente il suo bacino di distribuzione, senza costi supplementari; si può pensare al riguardo alla Lombardia che può presentare un potenziale interessante, nello stesso modo in cui la NZZ ha captato una parte non indifferente di clienti del sud della Germania, e Le Temps distribuisce digitalmente anche oltre il confine francese». Questi aspetti, nella visione di Peter, potrebbero permettere ai media di superare i limiti del sostegno da parte del servizio pubblico. Sostegno che, lo si deve temere, non arriverà nei tempi e nella sostanza auspicati. Basti pensare alla consegna tardiva dei giornali da parte della Posta. «Sarebbe ideale, ma è illusorio pensare che lo Stato - direttamente o tramite la Posta - fornirà una prestazione che permetterà di distribuire più in fretta e a minori costi i quotidiani o i settimanali. Spetta quindi alle testate trovare una soluzione, ciò che è evidentemente costoso, ammesso e non concesso che sia possibile. Si torna quindi inevitabilmente alla soluzione digitale. Preciso che non solo gli editori devono adeguarsi, ma anche i lettori. Penso comunque che questo passaggio verso il digitale stia avvenendo, non solo presso i giovani, ma anche in generazioni di persone che hanno vissuto talvolta per decenni con versioni cartacee».
L’intelligenza artificiale
Resta ancora un argomento - ne resterebbero molti, con Henry Peter - da trattare: l’ormai inevitabile IA. Il Centro di Filantropia diretto dal ticinese se n’è occupato lo scorso mese di marzo con una conferenza dedicata. Ecco, ma in che modo l’IA cambierà il rapporto tra filantropia e media? «In questo contesto ci siamo chiesti non solo in che modo l’IA poteva aiutare le iniziative filantropiche, ma anche in che modo la filantropia poteva, e forse doveva, aiutare l’intelligenza artificiale. Il primo aspetto è evidente: questa nuova tecnologia permette di ridurre certi costi e quindi permette di disporre di risorse più importanti per finanziare progetti altruistici e di farlo meglio e più in fretta. Il secondo aspetto si fonda su una constatazione che credo sia innegabile: l’intelligenza artificiale elabora i dati disponibili in Internet; se questi dati non sono affidabili - o sono più o meno volutamente manipolati - il prodotto fornito dall’IA non è affidabile. Il ruolo della filantropia è quindi di finanziare iniziative vertenti a garantire che le informazioni sulle quali l’IA si basa siano di qualità, oltre a elaborare codici etici o simili interventi per garantire la qualità di quanto viene prodotto dall’IA». Lo stesso si può dire per quanto concerne i media in generale e la stampa in particolare. «L’intelligenza artificiale può essere uno strumento formidabile per produrre informazioni di qualità, più documentate, quindi più approfondite, più in fretta e a minor costo. Ma il rischio è che l’informazione generata dall’intelligenza artificiale sia inquinata da una materia prima inaffidabile. Ed è anche in questo contesto che la filantropia può quindi aiutare i media, oltre evidentemente al ruolo dei giornalisti i quali non devono non prendere semplicemente per buono quello che viene fornito dall’intelligenza artificiale medesima. In altre parole, vi è uno stretto legame tra filantropia, intelligenza artificiale e media».