Fiscalità, in aula sarà battaglia
Per la maggioranza «si tratta di una proposta equilibrata e responsabile, che mira a garantire il benessere dei contribuenti ticinesi, la crescita delle imprese e la stabilità delle finanze pubbliche». Per la minoranza, invece, «si dà il panino alla popolazione, facendo pagare la michetta ai Comuni per servire poi il caviale ai ricchi».
La riforma fiscale è, anche, una battaglia di punti di vista. E a dicembre, in aula, le discussioni saranno senz’altro infuocate. Oggi si è infatti aggiunto un nuovo capitolo con la firma di due rapporti in Gestione. Senza dimenticare l’entrata in scena dei Comuni, sugli scudi dopo aver scoperto che la manovra avrebbe ribaltato sulle loro spalle «l’onere e la responsabilità di un eventuale incremento fiscale».
Le tre modifiche al messaggio
Ma andiamo con ordine, provando a rimettere assieme i pezzi e le motivazioni delle due proposte. La maggioranza, composta da UDC, PLR e Lega (i relatori sono Paolo Pamini, Alessandra Gianella e Boris Bignasca), ha parzialmente modificato il messaggio del Consiglio di Stato in tre punti, senza però intaccarne l’impianto: «In primo luogo si è ritenuto che a valle di questa riforma non ci potessero essere contribuenti con un aggravio di imposte rispetto a oggi», spiega Pamini. Pertanto, «si è deciso di neutralizzare l’aumento del coefficiente del moltiplicatore cantonale (che da gennaio passa da 97% al 100%) con l’unico modo possibile, ossia abbassando tutta la scala delle aliquote». La seconda misura che subisce una modifica riguarda il taglio dell’aliquota sui redditi alti. L’abbassamento al 12% sarà progressivo. «Arriveremo a regime solo nel 2030 e non nel 2025 come previsto dal Governo. Inoltre, inizieremo la discesa solo dal 2025 e non dal 2024», spiega Pamini che parla di «Realpolitik». Una scelta (quella di rendere progressivo l’abbassamento) che spiega il motivo per cui - per i primi quattro anni, fino al 2028 compreso - per i Comuni ci sarà una contrazione del gettito inferiore rispetto a quanto previsto dal Consiglio di Stato: «Con il messaggio si attaccava una pietra al collo dei Comuni; ora se ne attacca una più piccola, non vediamo perché rifiutarla». Pamini, tuttavia, ammette che a livello di comunicazione qualcosa non ha funzionato, come evidenziato nella lettera inviata dalle città alla Gestione: «Con il senno di poi sarebbe stato meglio coinvolgere i Comuni, anche se non c’erano alternative». La terza e ultima modifica riguarda le deduzioni per le spese professionali, aumentate – nella proposta della maggioranza – da 2.500 a 3.500 franchi, ma in maniera scaglionata.
Il taglio lineare
Per Alessandra Gianella il punto chiave da tenere presente è un altro: «Abbiamo introdotto la misura del taglio lineare dell’aliquota del 1,66% per neutralizzare il ritorno dal 2024 del moltiplicatore cantonale al 100%, per fare in modo, insomma che i cittadini paghino un po’ di meno». Inoltre, in riferimento alle preoccupazioni espresse dalle città, «va tenuto conto che ogni Comune ha una stratificazione fiscale diversa. C’è chi ha più persone giuridiche, chi meno. L’impatto sui Comuni cambia a dipendenza della composizione del gettito fiscale». In sostanza, chiosa Gianella, «abbiamo portato una variante frutto di un compromesso, che tenesse conto anche della situazione finanziaria del Cantone». Da parte sua, il presidente della Gestione Michele Guerra riassume così l’impatto della riforma sui Comuni: «Dall’analisi condotta dalla commissione, emerge che - fino al 2028 compreso - la proposta di maggioranza penalizza in misura minore i Comuni rispetto al messaggio del Governo». L’idea di bloccare l’incarto alla luce della lettera delle città è stata presa in considerazione, ma alla fine «si è deciso di procedere alla firma dei rapporti», taglia corto Guerra.
Verso il referendum
Fin qui il punto di vista della maggioranza. L’area progressista, invece, la vede in tutt’altro modo. «Questa riforma fiscale è una macchina che perde pezzi», tuona Fabrizio Sirica, co-presidente del PS. «Prima ha perso il sostegno di un partito, ora perde quello dei Comuni; in futuro perderà anche il sostengo della parte più importante, il popolo». Sirica ribadisce quindi l’intenzione di fondo del PS: «Se il Gran consiglio accetterà questa riforma, raccoglieremo le firme per andare di fronte al popolo». Nel concreto che cosa non convince? Ancora Sirica: «A partire dal 2029 per i Comuni ci sarà un aggravio netto di 7,7 milioni di franchi in più rispetto al messaggio governativo che già toglieva molte risorse ai Comuni». Un aggravio – sottolinea – che dal 2029 diventerà strutturale: «Da quel momento in poi ci sarà un deficit annuo che obbligherà i Comuni ad alzare il moltiplicatore o a tagliare i servizi». Sirica non esita a parlare di deresponsabilizzazione: «Così facendo si scarica la decisione sui Municipi. Mi sembra poco corretto». Ma il vero elefante nella stanza, che in alcun modo può essere accettato dal PS, è l’abbassamento dell’aliquota per i redditi alti al 12%. «In un momento in cui si chiede il contributo di solidarietà alla gente comune - sotto forma di taglio degli stipendi o mancato adeguamento dal rincaro o attraverso il taglio dei sussidi di cassa malati, andiamo a regalare i soldi ai benestanti. Nel 2030 concederemo, tra Cantone e Comuni, 31 milioni di franchi a chi in busta paga ha più di 30 mila franchi al mese. Qualcosa di scandaloso contro cui ci opporremo con tutti i mezzi». La co-coordinatrice dei Verdi Samantha Bourgoin riassume il tutto con una metafora. «Si dà il panino alla popolazione, facendo pagare la michetta ai Comuni, per servire poi il caviale ai ricchi. Ma sul caviale, in tempi grami, non si entra in materia».
Il Centro guarda
Fra i protagonisti di maggioranza e minoranza manca qualcuno. Il Centro, il quale non ha firmato né l’uno né l’altro rapporto. Il capogruppo Maurizio Agustoni: «La proposta della maggioranza è preferibile a quella del Governo, ma la nostra richiesta era quella di discutere la riforma tributaria contestualmente al preventivo», in particolare per la presenza – nella manovra di rientro dell’Esecutivo – di misure che toccano il ceto medio. «Sarebbe stato incoerente, a fronte di una riduzione dell’aliquota massima per che ci può anche stare in un discorso di concorrenza fiscale intercantonale, tagliare i sussidi di cassa malati al ceto medio. Per noi sarebbe preferibile un esercizio complessivo. Così facendo invece si scorpora il tema fiscale senza sapere come si andrà a incidere sugli altri». Per ora, dunque, il Centro preferisce astenersi. «Ciò non significa che alcuni nostri deputati non lo sosterranno, magari inserendo alcuni emendamenti. Ma come gruppo non ce la siamo sentita di avallare questa riforma».
«Non si fa i galanti con il gettito generato degli altri»
«Rimane una questione di principio». Il sindaco di Lugano Michele Foletti risponde con toni accesi alle proposte uscite dalla Gestione. «Durante l’elaborazione della proposta governativa, il consigliere di Stato Christian Vitta ci ha informati sullo svolgimento dei lavori. Per contro, la Commissione gestione e finanze ha voluto cambiare il modello di prelievo fiscale senza coinvolgerci. Oggi scopriamo che la proposta della maggioranza impatterebbe di meno, ma venirlo a sapere dai media non è il modo corretto di porre le basi per un rapporto istituzionale sano su cui costruire un consenso». Entrando nel merito della proposta, Foletti osserva che «se il problema per i Comuni si manifesterà solo dal 2029, ci sarà effettivamente tempo per trovare correttivi». Più in generale, però, il sindaco di Lugano, alzando lo sguardo all’orizzonte, non nasconde la preoccupazione per ciò che definisce «uno tsunami finanziario per i Comuni». Foletti cita l’accordo sui frontalieri, che comporterà una diminuzione dell’imposta alla fonte; l’entrata in vigore della nuova aliquota al 5% per le persone giuridiche, che avrà conseguenze analoghe sul gettito; e la nuova perequazione finanziaria. «Tutto questo non può che portare a un disequilibrio in termini di perdita di gettito e di ripartizione». Poi la stoccata finale all’indirizzo della Gestione: «Spero che dopo questa lettera i commissari abbiamo capito che occorre ragionare in maniera più lungimirante al di là delle mere conseguenze sulle imposte cantonali».
Sulla falsariga la reazione del sindaco di Bellinzona Mario Branda. Il quale sottolinea come per buona parte dei Comuni - cioè tutti quelli che non hanno tra i propri contribuenti dei “superricchi” - l’impatto sui conti sarà immediato (già dal primo gennaio 2024) e importante: «Per Bellinzona l’impatto è stimato attorno a 1,4 milioni di franchi all’anno». La proposta governativa non aveva questo tipo di ripercussione, osserva ancora Branda, che aggiunge: «A parte la poca considerazione per il ruolo e le difficoltà dei Comuni, non trovo corretto che si faccia i “galanti” con le risorse fiscali degli altri». Di sicuro, questa minore entrata in futuro renderà più difficile ogni discussione attorno a un possibile abbassamento del moltiplicatore d’imposta, ventilato a suo tempo dal Municipio e da parte delle forze politiche.