Rapporti internazionali

Fra Cina e Stati Uniti la «diplomazia dei panda» non funziona più?

Concessi "a noleggio" agli zoo americani, gli animali potrebbero presto fare rientro in patria a causa del mancato rinnovo di contratto da parte delle autorità cinesi — Da tempo Pechino utilizza i panda come strumento di soft power: il caso ha risvolti politici e la Casa Bianca starebbe correndo ai ripari
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Giacomo Butti
30.09.2023 18:00

Sono passati più di due anni da quando la Cina ha confermato l'esclusione del suo animale simbolo, il panda gigante, dalla lista degli animali a rischio d'estinzione. Decenni di sforzi per la conservazione del plantigrado, aveva fatto sapere Pechino nel luglio 2021, sono stati premiati. E il panda, ora, è "solo" vulnerabile. Ma gli esemplari di questo animale rimangono pochi e preziosissimi. Tanto che gli zoo fanno la fila per averne alcuni da mostrare alla propria clientela. Ma negli scorsi giorni i media americani hanno fatto notare come l'agenzia cinese per la fauna selvatica non abbia ancora accettato di rinnovare i contratti per il "noleggio" dei panda agli zoo statunitensi. Entro fine anno, dunque, gli animali soggiornanti oltreoceano dovranno tutti tornare a casa, seguendo le orme di Ya Ya. Una brutta notizia anche per la Casa Bianca. Perché?

Diplomazia

Per la Cina, il panda è più di un animale-simbolo. È, secondo molti analisti, uno strumento di soft power. Da quasi un secolo, Pechino sfrutta l'amore globale per l'animale bianco e nero come leva diplomatica. Tanto numerose le manovre in tal senso che il fenomeno è conosciuto come "Panda diplomacy", diplomazia del panda. Ma come funziona? Semplice: almeno dagli anni '40, la Cina premia gli amici concedendo loro degli esemplari dell'animale. E gli avversari? Per loro, nessun panda. Da quarant'anni, i preziosi plantigradi sono concessi con contratti di "noleggio" e non più in regalo. Una politica che permette a Pechino di dare e riprendere.

Negli Stati Uniti, la probabile partenza dei panda arriva in un momento in cui i legami tra Washington e Pechino hanno toccato un minimo storico. Per questo, il mancato rinnovo dei contratti agli zoo della capitale e di Atlanta, San Diego, Memphis sta facendo preoccupare anche l'amministrazione Biden. Xi Jinping sta lanciando un messaggio? L'ipotesi non è così campata per aria. In passato la Cina ha già riconosciuto il ruolo dell'animale nella propria diplomazia. Una decina d'anni fa, l'ambasciatore cinese negli Stati Uniti, Cui Tiankai, aveva dichiarato in un commento pubblicato sul Washington Post: «In realtà ci sono due ambasciatori cinesi a Washington: io e il cucciolo di panda dello zoo nazionale». Non solo parole: uno studio del 2013, riporta un articolo di Bloomberg, ha trovato una correlazione tra gli accordi sull'esportazione dell'uranio e i prestiti di panda a Canada e Francia. Nel 2018, invece, la Cina ha concesso dei panda alla Finlandia per celebrare il centenario dell'indipendenza finlandese. E guarda caso, chi gode ancora di uno dei contratti più lunghi? Un'amica di Pechino: la Russia. Nel 2019, riporta Reuters, Xi ha presentato al presidente russo Vladimir Putin due panda giganti, "prestandoli" per ben 15 anni nell'ambito di un programma di ricerca congiunto.

La situazione

Gli Stati Uniti non sono gli unici a trovarsi in questa situazione. Anche Regno Unito e Australia, per fare due nomi, potrebbero presto dover rendere i propri panda alla Cina. Un'evenienza che ha spinto la politica a muoversi. Sebbene, interpellato da Bloomberg, il National Zoo di Washington non abbia voluto commentare, fonti vicine all'amministrazione Biden hanno fatto sapere all'agenzia di stampa che gli Stati Uniti intendono discutere la questione con la Cina prima della partenza dei panda. 

Un'occasione potrebbe essere la (possibile) partecipazione di Xi Jinping al Forum della Cooperazione Economica Asia-Pacifico che si terrà a metà novembre a San Francisco. In un eventuale faccia a faccia, Joe Biden e il leader cinese, incredibile ma vero, potrebbero arrivare a parlare di panda. Intanto, la porta rimane aperta: l'ambasciata cinese a Washington, riportano i media americani, ha fatto sapere stare comunicato «sulla futura collaborazione per la conservazione e la ricerca sul panda gigante». «Sono stati raggiunti risultati molto buoni nell'allevamento, nella prevenzione e nel controllo delle malattie, negli scambi tecnici e nella sensibilizzazione dell'opinione pubblica», ha specificato il portavoce cinese.