Francesco Facchinetti: «A Lugano viviamo senza ansia, i nostri figli sono al sicuro»
Lasciare l’Italia per la Svizzera. Un viaggio neanche troppo lungo, da Mariano Comense a Lugano. Senza traffico è poco più di un’ora di macchina. Il motivo? La sicurezza della propria famiglia. Francesco Facchinetti, dopo la rapina a mano armata avvenuta lo scorso 3 febbraio a casa di suo padre Roby, si è sfogato sui social network e in TV: «Sono andato via dall’Italia, perché questo Paese non è più sicuro». Parole forti, accuse ai politici («Fanno solo propaganda, millantano cose che non accadono mai») e qualche polemica («C’è una pressione fiscale tra le più alte al mondo, dove li investono i soldi visto che su istruzione, sanità e sicurezza siamo messi malissimo?»). Ne abbiamo parlato proprio con l’imprenditore, conduttore televisivo e DJ, figlio del componente dei Pooh.
Lugano, una scelta della moglie
La rapina ai danni del padre è stata solo l’ennesima goccia in un vaso traboccato qualche anno prima: tre persone armate sono entrate nella casa di Francesco Facchinetti e della sua famiglia, a Mariano Comense. È da lì che è maturata l’idea di trasferirsi in Ticino. Un’idea della moglie, la modella Wilma Helena Faissol, ancora oggi alle prese con problemi d’ansia legati a quel drammatico evento: «Lei è brasiliana, ma ha studiato a Lugano – spiega l’imprenditore -. Ha vissuto sulle rive del Ceresio da quando aveva 14/15 anni fino ai 18. Ha studiato alla TASIS ed è sempre rimasta molto legata a Lugano». Facchinetti prosegue: «Anche prima di trasferirci, almeno un paio di volte al mese portavamo comunque i bambini a Lugano: facevamo il giro del lungolago e andavamo a vedere la scuola della loro mamma, che ricorda un po’ Hogwarts di Harry Potter. Poi i bambini hanno cominciato a fare il campus estivo lì. Insomma, c’è sempre stata la voglia di venire in Ticino, per mia moglie era un pensiero ricorrente».
Dopo il COVID la situazione è peggiorata
L’imprenditore constata con una punta di amarezza come la pandemia abbia esacerbato alcune problematiche nella Penisola: «Come ho detto più volte sui miei canali social e in TV, la situazione in Italia dopo il COVID è peggiorata. Per me è un grande dispiacere: mi sento italiano nel DNA, avevo deciso di vivere nel Paese in cui sono cresciuto, sul terreno che mi ha lasciato mio nonno. Avevo pensato lì il mio futuro, perché sentivo di doverlo all’Italia e alla mia città: per me i valori patriottici sono importanti. Poi, però, sono successe diverse cose che non hanno toccato me, ma la sicurezza dei miei figli e di mia moglie. Le persone che amo non erano più al sicuro. Come detto, dopo la pandemia, la situazione è peggiorata e quindi abbiamo deciso di venire ad abitare in Ticino». Facchinetti spiega: «Non è stata una scelta facile, ma è una presa di posizione nata dalla domanda che ogni genitore dovrebbe porsi: “In questo posto in cui ho deciso di stare, la vita dei miei figli è in pericolo?”. La risposta che mi sono dato è che i miei figli in Italia non potevano vivere tranquillamente la loro esistenza di ragazzini». E puntualizza: «Il discorso non l’ho mai fatto come singolo, ma come padre e marito. È un pensiero rivolto alla mia famiglia, alle persone che amo».
In giro con gli amici, senza ansia
Ma cosa è cambiato a Lugano, nella vita di tutti i giorni? Cose semplici, che non devono mai essere date per scontate. Facchinetti racconta: «Oggi posso vedere i miei figli che giocano al parchetto e si divertono con i loro amici, senza avere l’ansia che possa succedere qualcosa. Questa è una libertà molto grande di cui, in Italia, eravamo privati. Quando ero piccolo potevo uscire di casa a 6/7 anni, ricordo che andavo a piedi all’oratorio. Erano altri tempi ed eravamo tutti un po’ più liberi. Oggi in Italia mia figlia non la farei uscire da sola neanche se avesse 14 anni (Francesco Facchinetti ha tre figli, una avuta con Alessia Marcuzzi nel 2011, gli altri due nel 2014 e nel 2016 con l'attuale moglie, ndr.). Invece a Lugano posso permettermelo: qui esce con le sue amiche, fa le passeggiate sul lungolago e si diverte. Lo stesso vale per mio figlio di 8 anni: lo lascio al parchetto un paio d’ore a giocare con tanti altri bambini, che vanno lì da soli». Insomma, prosegue il conduttore televisivo, «a Lugano ho trovato un senso di sicurezza che era andato perso. Un senso di sicurezza che se non hai, da genitore vivi un’ansia quotidiana. Mentre per i figli è una privazione, perché non possono vivere la loro età come dovrebbero. Non si può avere costantemente paura di lasciare a casa da soli tua moglie e i tuoi figli. Oggi non c’è più quest’ansia di dover chiudere tutte le porte, le finestre, le tapparelle, le inferriate e attivare tutti gli allarmi: in Italia era una costante e nonostante questo mi sono entrate in casa tre persone». Facchinetti ricorda: «La villa di Mariano Comense è un po’ come Fort Knox: ho allarmi da tutte le parti, ma sono riusciti ad entrare lo stesso. Neanche con il sistema d’allarme migliore del mondo riesci ad essere tranquillo. Perché poi ti aspettano al cancello, ti puntano la pistola e via. Questo è quello che succede oggi in Italia».
Anche con le armi non puoi difenderti
Il noto personaggio televisivo in passato ha dichiarato di essere pronto ad impugnare un'arma e sparare per difendere la sua famiglia. Ma le armi sono davvero una soluzione? Facchinetti non è più troppo convinto: «Io vengo da una famiglia abituata alle armi. I miei parenti sparavano al poligono e facevano il tiro al piattello, ma, al di là di questo, una pistola in casa mi ha sempre dato un senso di protezione. Ovvio, non giro per casa col colpo in canna e la pistola in mano, però pensavo di potermi sentire più al sicuro. La realtà è che non riesci a difenderti neanche da armato. Quando ti entrano in casa in tre, e tu hai la tua famiglia accanto, non ce la fai. Non riesci neanche ad usarla una pistola. Che fai? Spari e ne prendi uno, ma gli altri? Mi sembrava un deterrente, ma alla fine diventa solo una problematica: se i ladri non sono armati, trovano la tua arma».
Milano come Buenos Aires e Rio de Janeiro
E nelle strade le cose non vanno meglio, spiega Facchinetti: «È una situazione delirante. Ho un sacco di amici che sono stati rapinati anche in strada». Qualche esempio? «Milano non è una città sicura: se vuoi rapinare una persona con il "grano", dove vai? A Milano. Ormai c’ è un furto al giorno e, giustamente, viene paragonata alle grandi città sudamericane. Oggi, paradossalmente, Milano è più pericolosa di Roma o di Napoli. La gente tende a dire: “Oddio, vado a Napoli, chissà cosa mi succede...». La realtà è che il capoluogo lombardo è peggiore. I turisti quando vanno a Milano fanno come a Buenos Aires o Rio de Janeiro: nascondono tutti gli oggetti di valore e non indossano vestiti firmati».
Con la luce accesa
La rapina nella villa di Mariano Comense ha avuto effetti pesanti sulla moglie Wilma: il trasferimento a Lugano quanto è servito a superare lo shock? Facchinetti sottolinea: «Purtroppo gli effetti legati a questi traumi rimangono nel tempo. Situazioni del genere modificano la vita delle persone. Quando si subisce una rapina a mano armata, poi si vive sempre nell’ansia di essere violentati nella propria privacy, in qualunque luogo ci si trovi. Mia moglie, anche in hotel, tiene sempre la luce accesa». E aggiunge: «A Lugano però Wilma è felice, non riuscirebbe a vivere in nessun altro posto. Certo, non è più la Lugano di fine anni '90, quella in cui ha vissuto da ragazzina e che ho frequentato anche io. La città è cambiata, ma del resto è tutto il mondo ad essere cambiato. Ai tempi forse c’era uno stile di vita più leggero, c’erano più attività e l’economia era diversa. Ma lei è sempre legata ai posti in cui le piaceva andare da ragazza: è contenta e non tornerebbe mai indietro».