Frontalieri e tassa sulla salute: «Viola l’accordo fiscale?»
La cosiddetta «tassa sulla salute», voluta dal Parlamento italiano per chiamare alla cassa i vecchi frontalieri, continua a far discutere. Dopo le parole dell’assessore lombardo Massimo Sertori, che non intende affatto mollare la presa malgrado le difficoltà di applicazione della norma, ora a chiedere spiegazioni - direttamente al Consiglio federale - è il consigliere agli Stati Fabio Regazzi (Centro). «La tassa sanitaria introdotta dall’Italia viola il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri?» chiede Regazzi, che ieri ha inoltrato un’interpellanza all’Esecutivo federale. «Ho seri dubbi che la tassa sulla sanità sia legale», evidenzia in effetti Regazzi al Corriere del Ticino. «L’articolo 9 del nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri in vigore dal 2024 stabilisce che i “vecchi” frontalieri restano imponibili soltanto in Svizzera, escludendo qualsiasi imposizione italiana», ricorda nel suo atto parlamentare. «Ora, le imposte si differenziano dalle tasse proprio perché vengono riscosse senza nessuna controprestazione diretta dell’ente pubblico (non causalità). La tassa sanitaria, non essendo causale, è assimilabile a un’imposta, risultando quindi in contrasto con l’art. 9 dell’accordo». Per questo, il consigliere agli Stati chiede in prima battuta se il Consiglio federale non ritenga che il «contributo» chiesto ai vecchi frontalieri «sia in realtà un’imposta, anche se non viene designata come tale» e, nel caso fosse così, se Berna «non ritiene di dover intervenire preso le autorità italiane per esigere il rispetto della legalità». Anche perché, spiega Regazzi, «l’applicazione di tale onere potrebbe danneggiare le aziende svizzere di confine, già in difficoltà nel reperire manodopera qualificata, i cui collaboratori verranno imposti, forse irregolarmente, perturbando quindi la normale attività economica». Di conseguenza, scrive, «è essenziale che eventuali violazioni siano tempestivamente segnalate e corrette, senza attendere ulteriori dettagli da parte delle regioni italiane».
«È fuori luogo»
Ma non è tutto, perché il consigliere agli Stati vuole anche sapere come intende muoversi il Consiglio federale di fronte alla richiesta italiane di poter accedere alla lista dei vecchi frontalieri, necessaria per poter poi riscuotere il contributo. Proprio ieri, lo ricordiamo, l’assessore lombardo Sertori aveva infatti spiegato che l’Italia intende chiedere a Berna di creare un’apposita base legale che permetta poi ai Cantoni di confine di trasmettere alle Regioni l’elenco dei nominativi dei vecchi frontalieri. Una richiesta finora negata a causa, appunto, della mancanza di una base legale. Secondo Regazzi, però, la richiesta italiana dovrebbe essere cassata. «A mio avviso - dice - si tratta di una richiesta discutibile, a cui la Svizzera non dovrebbe dare seguito. L’Italia avrebbe dovuto pensarci a suo tempo, quando cioè si stava negoziando il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri e inserire lì la questione. Arrivare ora con questo nuovo provvedimento - peraltro in contraddizione con quanto prescritto nell’accordo - e chiedere a noi di creare un’apposita base legale mi pare francamente fuori luogo». Se però Berna dovesse decidere di assecondare la richiesta di Roma, secondo Regazzi occorrerebbe esigere una contropartita: «Sono del parere che non si debba mai trattare a spizzichi e bocconi. Se il Consiglio federale intende andare incontro all’Italia su questo tema, bisogna perlomeno chiedere indietro qualcosa. Ci sono nostre rivendicazioni - l’accesso ai mercati finanziari, ad esempio - pendenti da anni, che magari potrebbero finalmente essere sbloccate».