Confine

Frontalieri: tassa sulla salute, Berna avvia le verifiche

Il Consiglio federale risponde alla lettera inviata dall’Associazione delle industrie ticinesi che chiedeva di valutare se il contributo sanitario varato dall’Italia fosse in conflitto con le disposizioni del nuovo accordo fiscale – «La normativa è oggetto di un’analisi approfondita»
©Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
29.01.2024 06:00

Berna sta seguendo da vicino la tematica; ha già avviato una verifica «approfondita» della nuova norma italiana e, qualora dovesse riscontrare criticità, non esiterà a intervenire. Questo, in estrema sintesi, il contenuto della risposta alla lettera inviata a inizio anno da AITI al Capo del Dipartimento federale delle finanze, Karin Keller Sutter, e al Capo del Dipartimento federale degli Affari esteri, Ignazio Cassis, per chiedere chiarimenti sulla cosiddetta «tassa sulla salute» a carico dei «vecchi» frontalieri italiani.

Il quesito

Nella missiva inviata a Berna, AITI chiedeva infatti di verificare se il contributo di compartecipazione alla spesa sanitaria italiana fosse in conflitto o meno con la disposizione del nuovo accordo fra Svizzera e Italia sulla fiscalità dei lavoratori frontalieri.

Un quesito sollevato anche dalle organizzazioni sindacali italiane - CGIL, CISL e UIL - le quali, con il sostegno di UNIA e OCST, si dicevano «fermamente contrarie al provvedimento introdotto dal Parlamento italiano con la legge di bilancio 2024.

Un provvedimento che, a mente dei sindacati, è «verosimilmente illegittimo», tenuto conto che il testo «introdurrebbe un meccanismo di doppia imposizione a fronte di un accordo, quello fiscale, che lo vieta espressamente».

Simile il ragionamento di AITI: «Riteniamo che si tratti di una vera e propria imposta e che, come tale, non possa essere introdotta in Italia, visto che il regime fiscale è definito nel nuovo accordo sui lavoratori frontalieri», spiega al CdT il direttore Stefano Modenini.

Ora, come detto, arrivano le rassicurazioni da parte dell’Amministrazione federale: «Qualora dovessero riscontarsi delle criticità rispetto agli accordi internazionali applicabili sul piano bilaterale tra Svizzera e Italia, la consigliera federale Karin Keller Sutter e il consigliere federale Ignazio Cassis hanno assicurato che sarà loro premura fare intervenire l’Ambasciata svizzera a Roma, così come i servizi competenti dell’amministrazione federale nei confronti dei relativi Ministeri italiani», spiega ancora Modenini.

Pronti a reagire

Berna insomma fa sapere che sta seguendo il dossier e che di fronte a eventuali irregolarità farà sentire la sua voce.

«L’amministrazione federale ha comunicato esplicitamente che, dall’autunno scorso, sta seguendo da vicino la tematica», spiega ancora Modenini, e che a seguito dell’approvazione da parte del Parlamento italiano, avvenuta a fine dicembre 2023, «la nuova normativa è oggetto di un’analisi approfondita da parte dei servizi competenti».

Dal canto suo, AITI ribadisce le criticità per altro già espresse nella lettera inviata a Berna. «Questa imposta - afferma ancora Modenini - potrebbe infatti generare conseguenze negative dal punto di vista della competitività delle aziende, tenuto conto che quest’ultime faticano sempre più a trovare manodopera qualificata, complice anche l’evoluzione demografica negativa». Come detto, anche i sindacati UNIA e OCST hanno preso le difese dei «vecchi» frontalieri, sostenendo che la nuova tassa non è solo contraria all’accordo di doppia imposizione ma introduce anche importi spropositati. Se si voleva introdurre un contributo del genere, secondo OCST, andava inserito a tempo debito nell’accordo. Pertanto, anche i sindacati hanno avviato una verifica della costituzionalità del provvedimento introdotto in maniera unilaterale da Roma.