Gareggiò senza velo, demolita la casa dell'atleta Elnaz Rekabi

Ancora Iran. Ancora proteste. E, soprattutto, ancora repressione. La notizia di oggi riguarda un'atleta iraniana di cui abbiamo già sentito parlare. Si tratta della scalatrice Elnaz Rekabi, che in ottobre aveva gareggiato senza indossare il velo ai Campionati asiatici della Federazione internazionale di arrampicata sportiva a Seul. Secondo IranWire, infatti, l'abitazione della famiglia sarebbe stata demolita da funzionari governativi.
Cosa era successo
In un coraggioso gesto in linea con le proteste in corso nel suo Paese, scaturite dalla morte di Mahsa Amini, l’iraniana Elnaz Rekabi aveva gareggiato senza velo ai campionati asiatici, disobbedendo alle restrizioni della Repubblica islamica che impone il velo anche alle sportive all'estero. Le immagini dell'atleta con lunga coda nera al vento e una fascia in testa, che si arrampica sulla parete durante la gara a Seul, erano presto diventate virali sui social.
Ma il gesto di disobbedienza aveva avuto delle conseguenze: all'atleta erano stati sottratti passaporto e cellulare. E, ancora più grave, la famiglia e gli amici non riuscivano ad avere sue notizie. L'ambasciata iraniana a Seul si era quindi affrettata a parlare di «false notizie e disinformazione», assicurando che Rekabi si trovava presso di loro ed era quindi «partita da Seul per l'Iran».
Elnaz Rekabi è stata accolta al suo arrivo all'aeroporto di Teheran da una folla che l'ha celebrata. «Elnaz è un'eroina», hanno gridato i suoi sostenitori radunatisi all'aeroporto Iman Khomeini della capitale iraniana. Rekabi è arrivata all'aeroporto indossando una giacca nera con cappuccio e un cappellino da baseball. «A causa della situazione durante la finale della competizione e del fatto che sono stato chiamata per gareggiare quando non me l'aspettavo, mi sono ritrovata impigliata nella mia attrezzatura tecnica. Per questo non ho fatto attenzione al velo che avrei dovuto indossare - ha dichiarato davanti alla stampa -. Sono tornata in Iran in pace, in perfetta salute e secondo il programma previsto. Mi scuso con il popolo iraniano per le tensioni che si sono create, non avevo alcuna intenzione di abbandonare la Nazionale».
Qualche ora dopo, per lei sarebbero scattati gli arresti domiciliari. La 33.enne - stando al canale in persiano della BBC - era stata portata direttamente (scortata da uomini della sicurezza in borgese) dall'aeroporto all'incontro con il ministro dello Sport Hamid Sajjadi, per la foto di rito. Ma alle autorità di Teheran non era bastato il tentativo della scalatrice di ridimensionare il gesto - «l'hijab mi è caduto per errore», aveva scritto dopo la gara - e sarebbe stata minacciata con la confisca di beni appartenenti alla famiglia.
Le conseguenze
Ora la famiglia di Elnaz Rekabi - riferisce la CNN - ha annunciato che gli agenti di polizia hanno demolito con la violenza la loro villa di famiglia. La BBC, che cita «una fonte informata», riferisce che le autorità della repubblica islamica hanno anche multato la famiglia Rekabi. Sui social circolano delle immagini (non ancora verificate) che mostrano l'abitazione distrutta e le medaglie per terra. Con il fratello dell'atleta, Davood Rekabi, in lacrime.
Per le autorità locali oltre 200 morti
«A seguito dei recenti disordini nel paese, oltre 200 persone, tra cui forze di sicurezza, persone innocenti, rivoltosi e antirivoluzionari armati, che erano legati a gruppi separatisti, sono morte durante le "rivolte"». Lo ha affermato il Consiglio di sicurezza iraniano nella prima stima ufficiale sulle vittime dall'inizio delle proteste, a metà settembre, innescate dalla morte di Mahsa Amini. Una cifra che non coincide però con quella fornita da gruppi per i diritti umani, secondo cui fino a giovedì scorso sono morte oltre 462 persone, tra cui 64 minori.
Il Consiglio di sicurezza iraniano ha affermato che «le forze di sicurezza, con tutta la loro forza e senza tolleranza, faranno fronte a ogni nuova rivolta, che finora è stata sostenuta dai servizi di intelligence stranieri». Un'affermazione che segue una dichiarazione in vista di una nuova mobilitazione indetta dagli attivisti per tre giorni, dal 5 al 7 dicembre.