L'analisi

Germania, la paura della destra e il fallimento della politica

Gli storici Gianluca Falanga e Christiane Liermann spiegano l’ascesa apparentemente inarrestabile di Alternative für Deutschland – Una società sempre più polarizzata cerca risposte a una crisi economica ma anche sociale e culturale – A ottobre un voto decisivo nell’ex DDR
© EPA/FILIP SINGER
Dario Campione
23.01.2024 06:00

Nell’ultima settimana, centinaia di migliaia di persone, in almeno 90 città della Germania, hanno scelto di manifestare contro Alternative für Deutschland (AFD) in un moto spontaneo che ha spiazzato molti commentatori e analisti. La Germania è scesa in piazza contro l’estrema destra. Perché? Con quali obiettivi? E, soprattutto, con quali risultati? Difficile dirlo. La scossa è stata sicuramente forte, pochi si aspettavano quanto accaduto. Certamente, un segnale è apparso chiaro: anche la società tedesca si sta sempre più polarizzando. Nelle piazze, così come nelle urne.

Com’è noto, la protesta dei giorni scorsi è nata sulla scorta di un’inchiesta del sito di giornalismo investigativo Correctiv pubblicata il 10 gennaio. I cronisti del portale indipendente di Essen hanno rivelato come almeno tre esponenti di spicco dell’AFD - Roland Hartwig, consigliere, poi licenziato, della co-leader del partito e capogruppo al Bundestag Alice Weidel; Tim Krause, presidente distrettuale del partito a Potsdam; e Ulrich Siegmund, presidente del Parlamento congiunto del Land Sassonia-Anhalt - abbiano preso parte a una serie di incontri con neonazisti e altri estremisti per discutere della possibile deportazione di migranti, richiedenti asilo e cittadini tedeschi di origine straniera ritenuti incapaci di integrarsi nella società germanica.

L’incontro, tenuto il 25 novembre in un hotel alla periferia di Potsdam, in Brandeburgo, uno dei Länder della ex DDR, non sarebbe stato l’unico del suo genere. Secondo quanto scoperto da Die Zeit e Der Spiegel il 18 gennaio, l’incontro di novembre sarebbe stato in realtà il settimo di una serie iniziata quindi molto prima, probabilmente in estate.

Tra nervosismo ed euforia

Che cosa fosse l’AFD, i tedeschi non lo scoprono certo oggi. «Quello che è cambiato - dice al Cdt Gianluca Falanga, storico della DDR e consulente scientifico del Museo della Stasi di Berlino - è lo scenario: l’AFD è di gran lunga il primo partito nei sondaggi dei tre Länder chiamati al voto in ottobre (Sassonia, Brandeburgo e Turingia, ndr) ed è probabile che in almeno due di queste Regioni non sarà possibile formare un governo senza l’estrema destra. C’è un evidente slittamento dell’asse politico: il cosiddetto “cordone sanitario”, steso sino a questo momento da tutti gli altri partiti, potrebbe non tenere più. E questo dà forza all’AFD».

La società tedesca si muove quindi tra nervosismo ed euforia. Il nervosismo di chi vede nella destra estrema un pericolo e l’euforia dei militanti e degli elettori della stessa AFD. «I partiti di governo (SPD, Verdi e Liberali, ndr) e la CDU appaiono senza forza - dice ancora Falanga - da troppo tempo non si misurano politicamente con le ragioni che spingono la gente a votare la destra. In particolare, non hanno capito l’incidenza di una crisi nata con la globalizzazione e poi acuita prima dalla pandemia e subito dopo dalla guerra in Ucraina». Per 80 anni, vale a dire dalla fine della Seconda Guerra mondiale, «il modello industriale ha garantito, in particolare ai tedeschi occidentali, crescita continua e una stabilità proverbiale. Oggi molti sono alle prese con insicurezza e fragilità, grosse fasce di popolazione sono disorientate e inevitabilmente finiscono con l’essere catturate dalla proposta populista, quella che asseconda ogni risentimento e ogni disagio pur di catturare il massimo possibile del consenso».

Weimar è lontana

«Purtroppo, anche la Germania è oggi una società molto divisa e polarizzata, sicuramente più di quanto lo fosse in passato, soprattutto la Repubblica federale - dice al Cdt Christiane Liermann, storica e segretaria generale del Centro italo-tedesco per il dialogo europeo Villa Vigoni di Menaggio - Molti analisti sostengono che questa polarizzazione è più percepita che reale, ma i cittadini avvertono l’acuirsi della tensione tra gli estremi e si muovono di conseguenza».

A una parte del Paese l’AFD fa paura, dice ancora Liermann, «ma nei cosiddetti nuovi Länder, quelli della ex DDR, il partito dell’estrema destra è diventato un vero e proprio Volkspartei, attira sostenitori da tutti i ceti e da quasi tutte le età. Alcuni osservatori, anche critici, come ad esempio l’ex ministro federale alla Cultura Julian Nida-Rümelin, spiegano che l’attenzione data all’AFD da tutte le componenti sociali e gli strati professionali non deve indurre a pensare che i tedeschi siano di nuovo nazisti, quanto piuttosto far riflettere sui motivi per cui una fetta ampia di popolazione non si senta più rappresentata dai partiti classici».

Liermann non vede all’orizzonte «una nuova Weimar, ma chi governa deve muoversi, dare risposte. Molti lo hanno dimenticato, ma l’AFD è nata in risposta a un’affermazione di Angela Merkel: la cancelliera, prima osannata e poi condannata negli abissi della memoria, era solita dire che rispetto ad alcune politiche non c’erano alternative. Ovviamente, non è mai così. E il fallimento politico del Governo attuale ha dato ulteriore spinta all’AFD, che si presenta come l’unica vera opposizione».