Cultura

Giona Nazzaro: «L'incertezza è il nuovo status quo dell’industria»

Il direttore del Locarno Film Festival legge l’attuale momento (difficile) del cinema USA – E aggiunge una buona notizia: «La creatività non si è fermata»
© CdT/Gabriele Putzu
Paolo Galli
07.06.2024 06:00

«Gli scioperi dello scorso anno hanno evidenziato la precarierà di tante categorie professionali, e questo in un momento in cui lo spettacolo cinematografico ha definitivamente perso la sua centralità economica». Parte da qui la nostra chiacchierata con Giona A. Nazzaro, direttore artistico del Locarno Film Festival. Approfondiamo la questione: «Per reggere a livello finanziario, ci vogliono quindi nuove strategie. L’interruzione della produzione ha dato l’abbrivio alla cancellazione o alla messa in quarantena perenne di tanti progetti, alcuni dei quali già in via di finizione. Ma d’altronde i grandi studios di una volta non sono più il vertice di una piramide, ma parte di conglomerati che comprendono altri elementi. E gli scioperi hanno permesso a molti di capire che è il momento di tirare il freno, perlomeno in termini economici, e conviene ragionare bene su cosa investire». Il caso di «Furiosa», dal punto di vista di Nazzaro, nasce da un equivoco: «Inutile farne un casus belli. Stiamo parlando di un film d’autore, alla Friedkin, alla Spielberg prima maniera, non di un blockbuster. È stato un errore di marketing presentarlo come tale». Il fatto che «Furiosa» sia stato accolto trionfalmente a Cannes rilancia un’annosa questione: «Già, a che cosa servono i festival? Dobbiamo ricordarlo sempre: non sono un traino dell’industria cinematografica, sono semmai la vetrina di una parte consistente di questa industria, che come tale può avere un effetto virtuoso, certo. Ma non è questa la loro funzione primaria».

Columbia, gli ultimi mohicani

I grandi studios non rappresentano più il vertice della piramide? Suona allora più nostalgico ancora il tema della retrospettiva dell’edizione 77 del LFF: il centenario della Columbia Pictures. «Più che altro, mi inquieta il fatto che questi patrimoni, per le major, siano sempre più un valore economico e che non vengano considerati per il loro valore storico. Nel nostro caso, abbiamo avuto un accesso diretto agli ultimi mohicani del settore, gli archivisti della Sony Columbia. Ma tali dinamiche mi inquietano nella prospettiva del racconto che faremo, domani, della storia del cinema».

Situazione drammatica

Poi Nazzaro si ferma e ci pensa su, riflette ad alta voce. «Questo stato di incertezza è il reale status quo dell’industria del cinema. Non riconquisteremo più quella inconsapevolezza edemica che si aveva, o che si fingeva di avere, prima della pandemia. Parlavamo, ai festival, di streaming e alzavamo le spalle, perché il sistema teneva ancora. Ma il sistema, in realtà, ha subìto tutta una serie di scossoni, e questo è il nuovo stato delle cose. Difficile, però, trarre conclusioni generali sulla base di un particolare elemento, come l’accoglienza di “Furiosa”, proprio perché il sistema è più complesso di così. Ma è chiaro: la situazione è drammatica, ed è inutile fingere che non lo sia. Il fatto che lo spettacolo debba continuare, non significa che la situazione sia la migliorepossibile. Non lo è». Poi Nazzaro parla da direttore di un festival: «Lo dico sulla base dell’esperienza di ciò che vedo. Vedo dell’incertezza, certo, ma la creatività non è ferma. È una falsa impressione, che vale semmai per la macro-industria. Nel nostro lavoro di selezione, ci accorgiamo che addirittura ci vorrebbe il doppio dello spazio, a Locarno, per ospitare tutto ciò che di buono vediamo. E gli strumenti attivati, nel corso degli anni, per portare alla luce nuovi talenti, stanno dando risultati evidenti, che purtroppo non vengono raccontati. Basti pensare alla regista indiana Payal Kapadia, in concorso a Cannes quest’anno, cresciuta anche attraverso i programmi Open Doors di Locarno». Nazzaro vuole sottolineare la complessità del panorama cinematografico attuale. La stessa lettura dei risultati di «Furiosa», in fondo, lo dimostra. «Ma prendete anche il caso dei supereroi. Dopo tanti film in serie, ora sono spariti, o giù di lì. I supereroi venivano raccontati come la morte del cinema. Invece il cinema va avanti, ma sono morti i supereroi, o perlomeno sono in rianimazione».