Giustizia sana e aiuti alla Vallemaggia i desideri dei politici per il 2025
I temi forti del 2024 e qualche riflessione in vista delle feste. È il momento del bilancio e dei buoni propositi. Quella andata in onda questa sera è stata una puntata de «La domenica del Corriere» un po’ diversa dal solito. Poco confronto politico, qualche critica e autocritica. Nello studio di Teleticino, con Gianni Righinetti, c’erano le parlamentari Sabrina Aldi (Lega) e Natalia Ferrara (PLR), il presidente del Centro Fiorenzo Dadò e il giovane deputato del PS Yannick Demaria. A ognuno era stato dato l’incarico di confezionare una letterina dal tema libero. Righinetti ha chiesto agli ospiti di leggerla, per poi lanciare il dibattito. A rompere gli indugi è stato Dadò con la sua «Letterina natalizia alla Magistratura ticinese». Un tema tosto per dire che «per il 2025 auguro alla Giustizia ticinese di poter nuovamente tornare a chiamarsi tale, ma con la G maiuscola». Dadò ha poi aggiunto che «in questi mesi abbiamo visto cattiveria, rozzezza e poco rispetto di colleghi e istituzioni. Tutto questo è triste e non gioca a favore di quella tanto decantata fiducia che i cittadini pretendono giustamente di poter avere nei confronti di coloro che, proprio in nome di questi principi, abbiamo eletto per garantire equità e ordine nei rapporti tra cittadini». Ferrara ha ricordato che «manca l’autorevolezza e manca il senso dello Stato. Manca il senso di ricoprire un ruolo e di non coprirsi di ridicolo. Trovo sconcertante che per sopperire all’inadeguatezza di singole persone in determinate situazioni, si metta in discussione l’intero sistema. È uno spettacolo deplorevole e mi spiace non si riesca a cambiare marcia. Mi auguro che con l’anno nuovo si riesca a fare davvero ordine. A ripristinare un senso di appartenenza a quella istituzione con un atteggiamento molto diverso. Lavorare di più, parlare di meno, fare maggiore autocritica. Quello non è un ufficio, quello è lo Stato e, se lo rappresenti, tutto viene prima di te». Aldi non è stata procuratrice pubblica come Ferrara, ma anche lei ha ricordato di aver lavorato a Palazzo di Giustizia fino a 10 anni fa, impiegata al Ministero pubblico e al Tribunale penale come cancelliera: «Condivido il pensiero espresso da Fiorenzo e Natalia, il comportamento nella vita deve essere coerente con il ruolo che si va a ricoprire. Frequento quel Palazzo come avvocato che si occupa di diritto penale e mi sento di spezzare una lancia e mandare un messaggio ai cittadini. I problemi sono noti, in prevalenza interpersonali, ma vorrei rassicurare che la nostra Giustizia mantiene in buon livello. Chi opera in quel palazzo è serio di valore». «Io ho 23 anni – ha detto Demaria – e non voglio insegnare ad altri, ma sottolineo la necessità dell’indipendenza della Giustizia e la tripartizione dei poteri che non si devono incrinare, pena la messa in discussione del patto sociale che tiene assieme una società verso lo Stato».
Solidarietà e aiuti
A lanciare il secondo tema è stata la lettera di Demaria, una riflessione a tutto campo dalla quale estrapoliamo un passaggio: «L’acqua tanto temuta durante l’estate si è abbattuta drammaticamente su molte regioni d’Europa, così come sulla nostra Vallemaggia e la Mesolcina. Per questo, già per il 2025 e per gli anni a venire, chiedo di ispirare la politica ticinese – nessuno escluso – nel cercare una soluzione equa e responsabile per riunire le risorse necessarie a un fondo di emergenza che possa sanare le ferite inferte alla popolazione e al territorio e prevenire queste catastrofi. Il Paese è stanco, il territorio è stanco, la gente è stanca dei peggioramenti della vita quotidiana». Righinetti ha dapprima coinvolto Dadò, uomo della Vallemaggia e della Val Bavona, colpito nel suo intimo dalla distruzione e dal dramma umano: «È una ferita aperta che non si rimarginerà mai più, ce la porteremo fino alla tomba. Abbiamo visto una grande solidarietà e una grande partecipazione popolare. Ora c’è ancora da fare e da lottare». In queste settimane c’è una forte pressione su Berna che aiuterà, ma solo parzialmente finanzierà perché «non è possibile fare di più» ha fatto sapere. È in atto un forte pressing, con la Deputazione ticinese alle Camere federali, il Governo, i Comuni e i cittadini toccati. Giusto così? ha chiesto Righinetti ad Aldi: «L’impressione è che ci si perda in un bicchiere d’acqua, tra leggi e ordinanze. Dimenticandosi del buonsenso. All’inizio c’è l’emotività la solidarietà, ma questo poi, naturalmente, scema. Ed in questo momento che ci vuole lo Stato. Ora ci chiediamo, dov’è la Confederazione?». Dal canto suo Ferrara è stata chiarissima, con un esempio che è perfettamente comprensibile a tutti. Insomma, un evento eccezionale richiede una reazione eccezionale, come d’altronde era stato per la pandemia. «Non li chiamerei neppure aiuti, sembra che si debba chiedere o elemosinare. Ma non funziona così. Ci sono stati dei morti, ma non solo. Ci sono persone che hanno perso tutto e devono elaborare per ripartire. E stiamo qui a discutere della base legale? Se per una banca esiste il diritto d’urgenza, per la nostra terra può esistere una soluzione d’emergenza. Se non riusciamo, abbiamo fallito. Occorre fare politica, non contabilità».
Tra famiglia e impegni
All’appello mancano ancora due lettere, quelle di Ferrara e Aldi, più personali e meno legate a dossier politici, ma molto profonde. Iniziamo da Aldi che osservando il 2025 ha lanciato i suoi «buoni propositi» e questo comporta «implicitamente anche un’autocritica per quanto fatto finora». Da qui la volontà di una migliore gestione di ciò che è prezioso, il tempo. «Nella vita privata, vorrei offrire tempo a chi realmente lo merita». E soprattutto, da donna, moglie e mamma impegnata su molti fronti, di fare propria anche la capacità «di dire anche qualche no». Infine, in politica, «concentrare tempo ed energie in progetti concreti e positivi che possano portare un valore aggiunto». E chiudiamo con Ferrara: «Le piccole abitudini generano grandi differenze, perciò, per il prossimo anno, mi basterebbe bere il caffè caldo ogni giorno, fare un bagno caldo ogni tanto, bere un bel calice fresco più spesso. Insomma, vorrei essere meno secchiona, più simpatica, ancor più autoironica». Si ritiene poco simpatica? ha affermato in senso ironico Righinetti: «Ecco, vede, mi punzecchia già, ho detto più simpatica. Come molte donne ho un lavoro pesante, poi c’è quello in casa altrettanto pesante tra famiglia, genitori e impegni. Per non dire della politica, un mix tra calcoli renali ed emicrania con più difficoltà che soddisfazioni». Insomma, un po’ «il qui e ora». Ma così stiamo entrando nel filosofico. Il tempo stringe, arrivano i titoli di coda ed è ora di chiudere con un brindisi in diretta. Auguri e ci rivediamo all’inizio del 2025.