Greta Thunberg e gli altri: la protesta pro-Palestina infiamma l'Eurovision
Migliaia di persone, a Malmö, sono scese in piazza per protestare contro la presenza di Israele all'Eurovision Song Contest. E questo, evidentemente, per via di quanto sta accadendo da mesi a Gaza. A poche ore dalla seconda semifinale, il clima nella città svedese è caldo, anzi caldissimo se non addirittura rovente. Alle proteste si è unita anche l'attivista per il clima Greta Thunberg. «Ancora una volta – ha detto la ventunenne – i giovani stanno aprendo la strada, insegnando al mondo come bisognerebbe reagire».
La folla ha scandito diversi slogan, fra cui «Boicottate Israele» o, ancora, «Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera». Eden Golan, la giovane, giovanissima rappresentante dello Stato Ebraico, 20 anni, questa sera eseguirà la canzone Hurricane. In precedenza, Golan avrebbe dovuto cantare October Rain ma il testo era stato giudicato troppo politico e, soprattutto, inadatto rispetto alla guerra in corso. Mercoledì, durante le prove generali, l'artista è stata fischiata in sala. Parallelamente, le misure per garantire la sua sicurezza e incolumità sono ai massimi. Golan che, dopo le prove, ha dichiarato: «Sono orgogliosa di rappresentare il mio Paese, soprattutto quest'anno. Sto ricevendo sostegno e amore e sono determinata a dare la mia migliore prestazione in semifinale. Nulla mi distoglierà da questo obiettivo».
Dicevamo della sicurezza: oltre agli agenti svedesi, sono presenti colleghi norvegesi e danesi. Da giorni, la polizia sta pattugliando regolarmente l'Arena di Malmö, sede dell'evento, il centro cittadino e il villaggio di Eurovision. Proprio nel timore che possa accadere qualcosa. Golan, questa sera, se la vedrà fra gli altri anche con lo svizzero Nemo. Quest'ultimo, assieme ad altri colleghi, in una dichiarazione congiunta lo scorso marzo aveva chiesto il cessate il fuoco a Gaza e il rilascio in sicurezza degli ostaggi trattenuti da Hamas. Nemo e gli altri hanno respinto gli appelli di molti gruppi pro-Palestina a boicottare il concorso musicale, affermando di credere, fermamente, «nel potere unificante della musica».
Golan, che canta e balla sul palcoscenico fin da bambina, ha dichiarato questa settimana a ITV News che non avrebbe potuto chiedere «un anno migliore per rappresentare il mio Paese». Il suo brano Hurricane – come detto – è stato rielaborato da una precedente canzone intitolata October Rain, il cui titolo e il cui testo sembrava facessero riferimento agli attacchi di Hamas del 7 ottobre contro Israele.
Al netto del kitsch e del trash, d'altro canto, Eurovision da sempre è una piattaforma (anche) politica. Sebbene gli organizzatori, ovvero l'Unione europea di radiodiffusione (UER), abbiano cercato di sedare in ogni modo i moti pro-Palestina. A maggior ragione se interni al concorso, provenienti cioè dagli artisti stessi. L'UER, ad esempio, ha espresso il suo «rammarico» per il fatto che il rappresentante svedese sia salita sul palco indossando una kefiah a mo' di sostegno alla Palestina. In una storia di Instagram, la popstar Eric Saade ha spiegato che quella kefiah era semplicemente «un modo per mostrare una parte delle mie origini» nonché un regalo fattogli dal padre, di origine palestinese, quando era bambino. E ancora: «Volevo solo essere inclusivo e indossare qualcosa che fosse autentico per me, ma l'UER sembra pensare che la mia etnia sia controversa. Non dice nulla di me, ma tutto di loro».
Non finisce qui: Bambie Thug, in gara per l'Irlanda, ha rivelato dopo l'esibizione di martedì sera di non aver potuto scrivere messaggi espliciti sul proprio corpo, come «cessate il fuoco» e «libertà per la Palestina». Così in conferenza stampa dopo la semifinale: «Sarebbe stato molto importante per me includere questi messaggi, perché sono a favore della giustizia e della pace. Purtroppo, ho dovuto cambiare quei messaggi su ordine dell'UER».
Già la scorsa settimana, non a caso, l'UER aveva annunciato che avrebbe rimosso qualsiasi bandiera palestinese o simbolo pro-Palestina durante la manifestazione. Il pubblico, di fatto, è legittimato soltanto a esporre le bandiere dei Paesi che partecipano alla manifestazione o la bandiera arcobaleno. Israele, concludendo, rimane una nazione temibilissima in termini prettamente canori: ha vinto quattro edizioni, l'ultima nel 2018 con Toy di Netta, qualificandosi per la finale dodici volte dal 2003.