La storia

Greyhound, vincere per sopravvivere

L’industria del racing irlandese è responsabile della «scomparsa» di migliaia di levrieri greyhound ogni anno – Abusi, sfruttamento, doping e leggi di regolamentazione che non esistono ancora – Ne abbiamo parlato con Stefania Traini, presidentessa di Pet Levrieri
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Giorgia Cimma Sommaruga
23.10.2021 18:13

Il concetto di violenza riflette inevitabilmente quello di sofferenza, l’altro lato della medaglia. L’uomo, a differenza di tutti gli esseri viventi, può decidere – consapevolmente – se causare sofferenza o no. «Un bovino al macello, soffre?». Non ci poniamo questa domanda solitamente, perché è una visione alla quale siamo abituati. Ma quando parliamo di un levriero greyhound sottoposto a esperimenti scientifici o torturato da un padrone insoddisfatto dal suo rendimento, ci indigniamo. L’industria delle corse con i cani è ancora legale in 7 Paesi al mondo ed è alimentata da 150 cinodromi sparsi tra questi stati. Tuttavia, la violenza di tale realtà è ancora sottaciuta e sconosciuta ai più. L’immagine del levriero atleta, che corre – e vince – è la più diffusa, e ci si immagina che, finita la sua carriera, viva sereno e coccolato sul divano di casa. La realtà dei fatti non è questa. Ne abbiamo parlato con Stefania Traiani, psicoterapeuta, educatrice cinofila e presidentessa di Pet Levrieri, associazione che si prodiga da anni nella battaglia antiracing a livello mondiale. In contatto con i rifugi irlandesi, salva centinai di cani ogni anno dalla morte certa. «Pet Levrieri nasce con l’obiettivo di sconfiggere definitivamente queste realtà, le adozioni non bastano, servono leggi e pene certe per i colpevoli che maltrattano questi cani», spiega l’esperta. Le associazioni che operano a livello mondiale per annientare l’industria delle corse con i cani auspicano, tra le altre cose, un vero e proprio cambiamento culturale negli stati dove i cinodromi sono ancora attivi. Probabilmente l’unica via per un maggior rispetto nei confronti dei greyhound «può essere raggiunto solo con lo sviluppo di sentimenti di identificazione e di empatia», precisa la psicoterapeuta. Citiamo Marc Twain: «Tra tutti gli animali, l’uomo è il più crudele. È l’unico a infliggere dolore per il piacere di farlo».

Ma cos’è un greyhound racing?
Le corse commerciali con i greyhound, o greyhound racing industry, sono un sistema intrinsecamente organizzato per guadagnare sfruttando i cani. Esistono tuttora in sette Paesi del mondo: Stati Uniti, Irlanda, Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda, Messico e Vietnam. Come evidenziato da GREY2K USA Worldwide, movimento antiracing mondiale, le corse commerciali sono tipicamente caratterizzate per la presenza di alcuni aspetti. «Un’autorità di regolamentazione; gioco d’azzardo autorizzato dallo Stato; un sistema industriale di allevamento; un sistema di identificazione dei greyhound attraverso tatuaggio; un sistema organizzato di kennel; una rete di cinodromi», analizza l’esperta. «Queste caratteristiche non sono slegate tra loro, ma vanno viste come parte di un sistema, in cui ciascuna assume una caratteristica in relazione al funzionamento dell’industria nel suo insieme», continua.

La libertà esiste?
«I cani passano generalmente gran parte del proprio tempo in gabbia e spesso con la museruola. Il rapporto con l’uomo è funzionale allo scopo di ottenere profitto: non carezze, ma massaggi», spiega la nostra interlocutrice. «Dal momento che le corse sono competizioni, i greyhound non devono sviluppare la tendenza alla collaborazione tipica dei cani in generale». Repressi nei loro istinti, questi cani vivono per correre, e corrono per sopravvivere, con una carriera media di 18 mesi. Le corse avvengono in piste ovali, «che per natura sono molto pericolose». Sono numerosi gli incidenti, anche mortali, «poiché i cani arrivano alla prima curva alla massima velocità, quindi è facile che perdano il controllo», ci spiega la presidentessa. «I greyhound nelle corse vengono portati al guinzaglio nel box di partenza, appena finito di correre vengono bloccati». Vedendo una corsa, ci rendiamo conto che sono costretti a percorrere traiettorie non naturali. «Inoltre, bisogna sottolineare che non prendendo mai la preda», una lepre meccanica pilotata lungo la circonferenza della pista, «ogni gara è un accumulo di frustrazione», considera Stefania Traini.

«Un greyhound è come se fosse un trattore, se non funziona viene abbattuto». Si stima che in Irlanda svaniscano nel nulla più di 10.000 greyhound ogni anno, ai quali vanno aggiunti probabilmente 5.000 greyhound nel Regno Unito; il 34% dei cuccioli scompare prima ancora di entrare nei circuiti di allenamento (sfruttamento). Queste sono le stime ufficiose, quelle ufficiali vengono nascoste dallo Stato stesso. Nella maggior parte dei casi, quando un cane non vince, e quindi non porta guadagno al suo trainer, «viene eliminato con metodi brutali come un colpo di pistola captiva, e poi smaltito come fosse un rifiuto», racconta Stefania Traini, che conosce da anni questi fatti. Fondamentalmente, un greyhound, secondo la legislazione irlandese, «è bene agricolo, non è riconosciuto come un “pet””, ovvero come tutti gli altri cani». E ancora: «È come quando un contadino possiede un trattore che non funziona più, lo sostituisce senza pensarci. Con un greyhound è analogo, se non vince viene abbattuto». Questo avviene poiché i cani da corsa sono mezzi di produzione di reddito, dunque soggetti a valutazione costo-beneficio. Il loro valore è legato al profitto che possono generare.

Le sovvenzioni statali
L’industria è gestita attraverso enti come l’IGB in Irlanda e il GBGB in Gran Bretagna. In Irlanda, la delega all’industria dei greyhound è nelle mani del ministero dell’agricoltura. «L’IGB, l’ente racing irlandese, e il governo, che alimenta l’industria crudele con milioni di euro di sovvenzioni statali ogni anno, nascondono sistematicamente i dati ufficiali e la verità dei fatti», ci spiega la presidentessa di Pet Levrieri. In Irlanda, l’azione dei volontari, e delle associazioni, sta migliorando di anno in anno tale situazione. Perlomeno, sta contribuendo ad aprire gli occhi a molti cittadini che non erano a conoscenza di ciò che sta dietro a una corsa. Cittadini che magari portavano i figli al cinodromo nel fine settimana per passare un pomeriggio in famiglia. Sempre più persone si stanno unendo al movimento mondiale, «facendo passi concreti verso l’unica soluzione che può garantire la fine delle sofferenze dei greyhound irlandesi: il bando delle corse commerciali e del coursing con la lepre viva», conclude Traini.