Basilea

Ha ucciso durante un'uscita libera dalla clinica psichiatrica: «Siamo scioccati»

Per il 32.enne, responsabile di un duplice omicidio nel 2014, era stata ordinata una misura stazionaria in una sezione chiusa della UPK e al momento del delitto si trovava in un'uscita non accompagnata, concessa da una commissione – Ci sono anche dei precedenti che fanno sorgere interrogativi sulle misure di internamento
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12.08.2024 16:30

Giovedì 8 agosto. Il cadavere di una donna di 75 anni viene rinvenuto nella tromba delle scale della casa plurifamiliare in cui vive, a Basilea. Un uomo che si comportava in modo sospetto nella proprietà era stato precedentemente segnalato alla polizia da un vicino. Il giorno successivo, la Polizia dirama un avviso di ricerca e una foto del sospettato: le autorità consigliano di non avvicinarsi all'uomo, considerato pericoloso, ma di informare immediatamente la polizia. Venerdì 9 agosto: il Ministero pubblico del cantone renano comunica che il sospettato è stato arrestato dopo una caccia all'uomo. Si tratta di un 32.enne che al momento del delitto si trovava in un'uscita non accompagnata da una clinica psichiatrica. L'arresto è avvenuto intorno alle 14.30, dopo la segnalazione da parte di un testimone. 

E non era la prima uscita non accompagnata, ha comunicato a Keystone-ATS il Dipartimento cantonale della giustizia e della sicurezza, confermando informazioni della Basler Zeitung. Il presunto autore dell'omicidio aveva già ucciso due donne e ferito gravemente un uomo nello stesso quartiere nel 2014. Nel settembre 2015, il Tribunale penale di Basilea aveva ordinato un trattamento psichiatrico stazionario per l'uomo, schizofrenico; la misura stazionaria in una sezione chiusa della clinica psichiatrica (prevista dall'art. 59 del Codice penale) è stata prolungata nel 2020 per altri cinque anni. Dal 2017, il giovane ha iniziato a godere di alcune agevolazioni, come le prime uscite accompagnate dalla clinica.

Oggi è stata convocata una conferenza stampa, perché «la popolazione ha diritto a essere informata sul crimine, che ha scosso la comunità», ha dichiarato la direttrice del Dipartimento di giustizia e sicurezza cantonale, Stephanie Eymann. «Il trattamento dei criminali malati di mente comporta dei rischi», ha dal canto suo affermato il responsabile del dipartimento della sanità di Basilea Città, Lukas Engelberger. «Ci assumiamo questa responsabilità da anni». Che cosa è successo, nel caso specifico? Questa responsabilità potrebbe essere stata tragicamente ignorata.

Il CEO della Clinica psichiatrica universitaria di Basilea (UPK), Michael Rolaz: «Siamo tutti scioccati. Per noi è molto importante focalizzarci sulla riduzione del rischio di recidiva e, in ultima analisi, sulla reintegrazione sociale degli autori di reato. Hanno anche il diritto di visita. Le agevolazioni, come le uscite accompagnate dalla clinica, sono importanti e richieste dalla legge. Va inoltre considerato che molti criminali vengono curati e reintegrati con successo».

L'operato della clinica verrà sottoposto a un'indagine la cui commissione sarà composta da esperti esterni.

Sabine Uhlmann, responsabile dell'esecuzione delle pene e delle misure di Basilea Città, davanti ai giornalisti ha spiegato che «la prevenzione delle ricadute è standardizzata in tutti i cantoni e viene utilizzato lo stesso modello per valutare il rischio di recidiva. La decisione di allentare alcune misure, se la condizione psicopatologica è stabile, viene presa da una commissione di esperti indipendenti. Periodicamente, viene effettuata una valutazione, anche alla scadenza della misura».

Il direttore della UPK, Henning Hachtel, ha voluto precisare che il trattamento ospedaliero chiuso in clinica viene effettuato secondo standard rigorosi, in parte standardizzati a livello internazionale. Il focus del trattamento è focalizzato sulla riduzione del rischio di recidiva. Ha pure spiegato che prima che si possa ottenere un'uscita non accompagnata, devono essere già state adottate diverse misure e autorizzate uscite accompagnate «che hanno tutte avuto successo».

Gli accertamenti in corso – e la futura indagine – puntano proprio a stabilire se nel caso del 32.enne tutte le procedure siano state rispettate. Il Ministero pubblico non era presente all'incontro con i media, e non ha quindi potuto rispondere alle domande. In particolare: se l'uomo non è rientrato in clinica quando avrebbe dovuto, perché si è atteso 24 ore per diramare l'avviso di ricerca, considerato che già in passato aveva commesso due omicidi?

I precedenti

Il fatto di sangue di Basilea riporta alla memoria due casi di assassinio avvenuti nel 2013 in Romandia ad opera di criminali recidivi che stavano scontando una condanna. Nel primo caso la vittima era una socioterapeuta di 34 anni e con un figlio di otto mesi, brutalmente uccisa da un uomo condannato a una pena complessiva di 20 anni di reclusione per due casi di violenza carnale commessi in Svizzera e in Francia nel 1999 e nel 2001.  L’uomo, che all’epoca aveva 38 anni, aveva ottenuto da poco tempo l’autorizzazione a svolgere un’uscita accompagnata in un centro equestre, allo scopo di praticarvi l’ippoterapia. La misura era stata decisa in vista del suo reinserimento. Il giorno della sua seconda uscita accompagnata, lui e la sua educatrice avrebbero dovuto presentarsi al centro equestre di Bellevue, ma non vi giunsero mai. La terapeuta 34.enne venne ritrovata l’indomani legata ad un albero e sgozzata, in un bosco situato a poca distanza del centro equestre. Il suo assassino venne arrestato tre giorni dopo alla frontiera fra la Polonia e la Germania. Quattro anni più tardi venne condannato all’ergastolo e all’internamento ordinario. Secondo la Corte l’uomo aveva accarezzato l’idea di uccidere la socioterapeuta per mesi ed era pienamente responsabile dell’accaduto. Il crimine aveva fatto avviare a Ginevra diverse inchieste. La prima aveva portato alla luce diverse irregolarità nella decisione di autorizzare l’imputato ad uscire dal centro di reinserimento La Pâquerette. Erano in particolare state biasimate l’allora direttrice del Servizio di esecuzione delle pene (nel frattempo scagionata dalla giustizia), nonché la direttrice del centro di socioterapia.

Nel secondo caso, avvenuto a Payerne (VD), la vittima era una 19.enne. Il suo assassino era stato condannato nel giugno 2000 a 20 anni di reclusione per aver sequestrato, stuprato e assassinato la sua ex compagna a colpi di pistola nel gennaio 1998. Nell’agosto 2012, l’uomo era stato posto agli arresti domiciliari con un braccialetto elettronico. Questi erano stati poi revocati in novembre ma erano stati reintrodotti nel gennaio 2013 a seguito di un ricorso dell’interessato, al quale la giudice dell’esecuzione delle pene aveva accordato l’effetto sospensivo. Durante questo periodo l’uomo aveva conosciuto e iniziato a frequentare la ragazza. Un giorno la costrinse a salire sulla sua automobile e la portò in un bosco dove la strangolò. Venne arrestato il giorno seguente. Tre anni dopo, venne condannato all’ergastolo e all’internamento a vita, una misura prevista per criminali sessuomani o violenti estremamente pericolosi e refrattari alla terapia.

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