Cinema

Hollywood sul fondo del barile

Negli USA neppure il weekend del Memorial Day e l’uscita di «Furiosa» hanno rilanciato una stagione iniziata con il freno a mano tirato – Gli analisti: sono le conseguenze degli scioperi del 2023 – Il Ticino si salva grazie ai film d’autore
© EPA/BIANCA DE MARCHI
Paolo Galli
07.06.2024 06:00

Brooks Barnes è la firma da Hollywood del New York Times. La scorsa settimana si aspettava di dover raccontare un Memorial Day da urlo, grazie a «Furiosa», ma si è ritrovato, passato il weekend festivo, a scartabellare le statistiche a caccia di un risultato peggiore. Non lo ha trovato. E poi ha riportato: «“Furiosa”, la cui realizzazione è costata 168 milioni di dollari, al netto di decine di milioni di dollari in marketing, ha raccolto circa 25,6 milioni tra USA e Canada da giovedì sera a domenica». Ora è a quota 75, a livello mondiale. E poi: «Il peggior risultato del fine settimana del Memorial Day da 43 anni». Diverse sono le motivazioni ipotizzate dallo stesso Barnes, che parla anche di una mancanza di slancio al botteghino. Un kickoff flaccido, «una carenza di film che gli studios hanno attribuito alle persistenti ricadute degli scioperi sindacali». Insomma, un’onda lunga. Barnes cita a sua volta Paul Dergarabedian, analista della società di ricerca ComScore, il quale dice: «L’attuale malessere mostra l’importanza della salute del mercato generale nei mesi che precedono questa importantissima stagione cinematografica». E quando parla di mercato generale, parla di potere d’acquisto. Di un’onda, di un’altra onda, più ampia ancora, che tocca vari ambiti della società. Il cinema, dal canto suo, è costretto quest’anno ad aggrapparsi ad alcuni sequel, al primo di «Inside Out», al terzo di «Cattivissimo Me» e a un nuovo capitolo di «Deadpool». Dergarabedian osserva che questi film possono ancora permettere a Hollywood di «salvare la percezione del business del cinema come una parte vitale e rilevante dell’ecosistema dell’intrattenimento».

La differenza rispetto al 2023

Il Times racconta di una Hollywood che «si fa prendere dal panico dopo una serie “sorprendente” di flop». E pensare che è la stessa Hollywood che lo scorso anno gongolava di fronte alla contemporanea presenza in sala di due blockbuster come «Oppenheimer» e «Barbie». Era stato coniato il termine «Barbenheimer», per descrivere al meglio quel momento storico, oltre che i contrasti tra due film molto lontani, eppure - in qualche modo - molto vicini. Un altro analista, David A. Gross, della società di consulenza Franchise Entertainment Research, parte proprio dagli scioperi dello scorso anno per spiegare la crisi attuale, ma addirittura non tralascia neppure la pandemia. E avvisa, citato da Variety: «Questo fine settimana (parlando dei giorni festivi legati al Memorial Day, ndr) è un altro esempio di una pianificazione interrotta dalla pandemia e dagli scioperi dei lavoratori. Ci vogliono dai 18 ai 24 mesi per pianificare, produrre e commercializzare i film più grandi, quindi ci vorrà un altro anno per superare questa inconsistenza. Non c’è modo di aggirarla».

Dati in calo anche in Svizzera

Hollywood, a volte, guarda verso il Vecchio Continente per trovare un’ancora di salvezza. Ma in questo momento neppure l’Europa le sta dando un aiuto. Come riferiva domenica il SonntagsBlick, il 2024 si sta rivelando deludente anche per i cinema svizzeri: l’affluenza nelle sale sino a fine maggio era in calo del 12,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il domenicale si riferiva ai dati elaborati dall’associazione di categoria Pro Cinema. Ma la segretaria generale di Pro Cinema, Ivette Djonova, aggiungeva un ulteriore elemento: «In questi ultimi anni, l’offerta di attività per il tempo libero si sta ampliando sempre di più». Un elemento quindi di società, non per forza legato al potere d’acquisto, ma semmai alla concorrenza di altre forme di intrattenimento. E quindi a una precisa scelta d’acquisto.

La qualità per compensare

E in Ticino? Luca Morandini, gestore delle sale di Mendrisio, oltre che distributore, osserva come il 2024, in realtà, sia iniziato, dal suo punto di vista, con numeri molto positivi. Dice: «Se confrontiamo gli incassi da gennaio sino al 5 giugno, siamo sugli stessi livelli dello scorso anno. La grande differenza la vedremo, semmai, adesso. Nel 2023 infatti c’erano film importanti in uscita, ora invece speriamo in “Inside Out 2”». Interessante un aspetto, che emerge dalle parole di Morandini, quello della compensazione. A compensare titoli americani al ribasso, ci hanno pensato, sin qui, il cinema d’autore e il cinema europeo. «La grande sorpresa è stata “C’è ancora domani”, che ha tenuto per mesi e che ha fatto bene anche oltre San Gottardo. E poi siamo stati premiati nel periodo pasquale, che di solito rappresenta già la bassa stagione. Ma il brutto tempo ci ha fornito un assist unico». Il punto, qui, è che «non viviamo di solo cinema americano». E allora, oltre a Paola Cortellesi, hanno spinto parecchio anche Wenders e Loach, i quali «hanno fatto gli stessi numeri dei filmoni americani. Le sale che hanno puntato solo sui prodotti commerciali hanno sofferto, chi garantisce una maggiore apertura a prodotti indipendenti, molto meno». La riscossa dei film di contenuto. «Ma anche del pre-serale. Ormai l’orario più forte è quello tra le 18 e le 19, non più la prima serata». Altro punto interessante.

L’occasione della pandemia

Antonio Mariotti è il critico cinematografico del Corriere del Ticino. Chiediamo a lui un’ulteriore lettura della situazione. Tanto per cominciare, Mariotti separa le conseguenze della pandemia da quelle degli scioperi. «La stagione passata - il 2023 - ha rappresentato il clou, un clou derivante dal momento di stasi legato alla pandemia». Una stasi creativa, insomma, che ha fatto sì che «tanti progetti prendessero una forma più allettante, più studiata e completa. C’è stato il tempo di riflettere sulla base delle idee». Mariotti sottolinea come Hollywood abbia approfittato di un momento di per sé negativo per produrre «film eccezionali» e per stuzzicare un pubblico che aveva, di suo, «una gran voglia di tornare a vivere un’esperienza collettiva nelle sale». Un contrasto, quello tra il 2023 e il 2024, emerso anche dalle due edizioni del Festival di Cannes. «In questo senso, a Cannes si sono notate le conseguenze degli scioperi degli scorsi mesi. Meno idee nuove, quindi, meno idee fresche».

Il futuro dei film di genere

Ciò non significa, stando a Mariotti, che la partita sia persa. «Ma per fare in modo che la gente torni nei cinema, bisogna produrre bei film». L’equazione sembra semplice: non lo è. «I cinema non sono più l’unico canale di diffusione audiovisiva, ma per questo bisogna fare in modo di offrire qualcosa che valga la pena di essere visto proprio al cinema, qualcosa di più». Il vero momento della verità sarà «la prossima stagione, quando vedremo i film frutto del riassestamento dopo gli scioperi. Poi non dobbiamo nascondere il fatto che, anche prima della pandemia, il cinema vivesse già una sorta di crisi». A Mariotti chiediamo dove potremmo trovare una soluzione a questa crisi. Lui risponde: «Nei film di genere. A Cannes, i film che mi sono piaciuti di più erano una commedia musicale e un horror (si riferisce a “Emilia Perez” di Jacques Audiard e a “The Substance” di Coralie Fargeat, ndr). Ma anche nel cinema di genere si possono aggiungere elementi legati alla società, all’attualità. Anche questa è una strada da percorrere».

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