L’estratto

I fondamentali dell’architettura secondo Mario Botta

Il Corriere del Ticino anticipa alcune pagine dell’ultimo libro dell’architetto
Uno schizzo di Mario Botta per la Cappella Granato, realizzata sulle Alpi austriache.
Mario Botta
18.07.2020 08:42

Che cos’è l’architettura? Dove risiede la sua essenza? Quali elementi la descrivono? Nella parte conclusiva del volume da poco pubblicato da Electa IL GESTO SACRO, una conversazione con Mario Botta, l’architetto stilla un fulminante condensato de «i fondamentali dell’architettura». Il Corriere del Ticino ne anticipa, di seguito, alcune voci.

Mario Botta nel suo studio a Mendrisio. © CdT/Zocchetti
Mario Botta nel suo studio a Mendrisio. © CdT/Zocchetti

Perimetro

L’architettura è l’atto di separazione tra interno ed esterno, terra e cielo, spazio finito e immensità dell’intorno. Si esplicita nel gesto di tracciare un perimetro, primo segno non solo architettonico ma anche antropologico, che identifica un microcosmo interno, «finito», controllato dall’uomo, e un macrocosmo esterno, la natura, l’infinità del paesaggio. Trasformando così una condizione di natura in una condizione di cultura, il perimetro tracciato relaziona inscindibilmente una porzione di territorio scelto dall’uomo alla geografia, alla cultura e alla storia di quel sito.

Soglia

È l’elemento di transizione, segna il momento di passaggio che ti introduce là dove il mondo non è più il mondo, ma uno spazio disegnato, antropizzato, costruito dall’uomo. Fuori lasci l’universo. La soglia è un momento chiave, segno di transito; attraverso essa cambia la condizione in cui ci si trova, e così anche il nome: ti porta da un posto a un altro. Interno/esterno, aula/presbiterio, una condizione di altura rispetto al basso... Diviene quindi complementare al muro: quest’ultimo è separazione, la soglia è permeabilità, passaggio, è l’inverso della divisione. Essa può essere anche «virtuale»: per esempio, la soglia della caverna non esiste. La caverna è un buco dentro la montagna; l’apertura però è anche la soglia tra l’interno e l’esterno, pur non essendo disegnata. È un momento. Quello che ti apre sulla valle sottostante o ti introduce in un microcosmo. Quindi la soglia può esistere come elemento fisico, come gradino, cambio di quota, ecc., ma può anche presentarsi come soglia virtuale, che ti porta da una condizione ad un’altra, diversa dal punto di vista spaziale e/o simbolico.

Luce

Senza non vi è spazio. Nonostante sembri che siano muri, soglie, linee disegnate dall’architetto a determinare lo spazio in cui viviamo, osservando meglio ci si accorge che l’elemento apparentemente più sfuggente di un progetto, la luce, è la vera generatrice dello spazio. Essa diviene quindi la materia prima dell’architettura. Di per sé astratta, eterea, impalpabile, immateriale, la luce necessita della materia per esprimersi e divenire concreta. Può essere tangente, zenitale, diffusa, soffusa, a seconda della giacitura dei piani su cui si appoggia o scivola, su cui vibra o sfugge, a seconda dei materiali, delle tessiture, della tonalità dei colori. Ha bisogno anche del suo opposto, l’ombra. Ma l’ombra è figlia della luce e ha il pregio di metterla in evidenza grazie al contrasto che attiva. Attraverso riflessi e ombreggiature la materia acquista vigore, le superfici guadagnano spessore e corposità. L’alternanza luce-ombra esprime il senso della profondità. Ed evoca anche il rapporto con la gravità. Dentro l’opera costruita, la luce indaga i tracciati geometrici della composizione tettonica, rende leggibili le distanze. «L’architettura è il gioco sapiente rigoroso e magnifico dei volumi nella luce», diceva Le Corbusier.

Finito/infinito

La luce è continuamente «altro» rispetto all’oggetto che di essa si nutre. Essa rimanda così all’infinito. Nello spazio sacro ogni architetto insegue il senso di trascendenza, cercando di tradurlo nell’inerzia del materiale attraverso la sua poetica. L’architettura del sacro dà forma al silenzio, al «non detto», invita alla meditazione, è luogo carico di significati simbolici e metaforici capaci di evocare qualcosa che sta oltre il «finito», condizione della sua stessa esistenza. Finito/infinito è un’architettura senza copertura, senza il tetto: i raggi del sole che cadono sull’altare sono metafora del divino e così, attraverso la definizione di uno spazio architettonico finito, al fruitore viene dato di vivere una condizione di infinito. L’architetto quindi parla dell’incommensurabile attraverso l’elemento finito, il limite. Paul Klee ricordava spesso che «l’arte non riproduce quello che si vede, ma lo rende visibile». Credo che la bellezza si manifesti proprio in questo intensissimo rapporto tra una realtà materiale e un’idea immateriale di riferimento: «È la bellezza stessa che ci insegna uno stretto rapporto fra reale e irreale, fra materialità e immaterialità, fra cosa e idea» (E. Castelli Gattinara). E così l’architettura, attraverso la luce e l’assenza della copertura, si offre come mediazione fra la solidità della terra e la lievità del cielo.

Il libro

Uscito nel mese di giugno, IL GESTO SACRO. Una conversazione con Mario Botta, a c. di Sergio Massironi e Beatrice Basile, ed. Electa, apre un nuovo squarcio sul percorso umano e professionale dell’architetto ticinese. Botta rivela come solo nella maturità e attraverso la progettazione di spazi sacri abbia definitivamente riscoperto i principi base della sua disciplina: il perimetro, primo segno che distingue un microcosmo interno da un macrocosmo esterno; il muro, separazione tra interno ed esterno; la soglia, momento di transizione; la gravità, radicamento alla terra; la luce, generatrice dello spazio; la trasparenza, fonte di evocazione; il rapporto tra finito e infinito.

Questi principi sono per Botta imprescindibili nella costruzione di spazi vivibili, a misura d’uomo: dei punti di resistenza e di nuovo inizio che reagiscono a molte derive contemporanee.

All’origine di questa ricerca, interna all’architettura stessa, è la chiesa di San Giovanni Battista a Mogno in Svizzera - il primo spazio sacro progettato da Botta - qui osservata attraverso una campagna fotografica appositamente realizzata da Alessandro Nanni.

Tematiche chiave

Il dialogo ha la forma distesa della conversazione, accompagnata dai disegni dell’architetto, e consente al lettore di addentrarsi in alcune tematiche chiave del dibattito contemporaneo: il rapporto con la propria terra e cultura in un mondo globalizzato; il destino della città europea; il ruolo del passato e il coraggio di reinterpretarlo; l’aggressività del modello economico capitalista e l’attuale cultura ecologica; lo spazio sacro e il senso di Dio oggi; la ricerca dei fondamenti della propria disciplina e la debolezza dei passaggi generazionali.

Le serie fotografiche, poste all’inizio, documentano lo sguardo di Botta sui suoi riferimenti novecenteschi e il successivo chiarificarsi del “gesto sacro”, fondamento di ogni sua architettura.