«I nostri leoni? Da qui non scappano, ecco perché»

È stato, l'ultimo, un sabato al cardiopalma, e non solo per gli abitanti di Ladispoli, un centro sulla costa del mar Tirreno a pochi chilometri da Roma: a causa della fuga di Kimba da un circo, infatti, anche gli utenti di Internet si sono scatenati. Sui profili nei media sociali non sono mancati i classici meme, con il nome della località balneare audacemente inserito tra i personaggi del Re leone o nel logo con la leonessa della casa cinematografica MGM. Foto e filmati sono circolati in rete altrettanto quanto il grande felino tra le vie della cittadina di 40 mila abitanti. Alcuni scatti sono stati sfruttati per inserire frasi dall'intento umoristico, come Il leone e la gazzella, con il protagonista ritratto vicino a una volante, o Scusi, per il Colosseo? con il grande predatore che sembra voltarsi un po' confuso a favore del fotografo. In poche ore, però, l'allarme è rientrato e l'animale (forse uscito per celebrare il Giorno dei single?) è stato catturato vivo e riportato a casa sua.
Per fare il punto sull'accaduto e, soprattutto, per capire se una situazione del genere potrebbe presentarsi anche nella Svizzera italiana, il Corriere del Ticino ha raggiunto Sabina Fehr, direttrice dello zoo Al Maglio di Neggio, un unicum in Ticino che ospita anche alcuni leoni. «Addirittura quattro», esclama la donna, che dice di avere la stessa età della struttura, struttura che ha lasciato a pieno titolo un segno nella storia della regione del Malcantone. «Lo spazio che abbiamo è ideale per una coppia ma nel 2018 sono arrivati i due cuccioli Anubi e Aaron, oggi cresciuti, i quali si sono quindi aggiunti ad Alex e Cleo. Volevamo organizzare un trasferimento, poi con la pandemia le cose si sono complicate. Ci stiamo coordinando con una realtà nei Paesi Bassi, una sorta di centro di recupero». Alla domanda se sia mai possibile che i suoi felini possano scappare da lì, tuttavia, Sabina risponde categorica: «Assolutamente no».
L'esperienza con i leoni, allo zoo Al Maglio, di certo non manca. Non a caso, il logo vede protagonista un esemplare sorridente con la sua bella criniera, la cui coda, più sotto, abbraccia l'anno di fondazione. 1974. La mascotte è proprio Nero, di cui Alex oggi è il discendente di quarta generazione. «I miei genitori, passando da Teheran, hanno visitato lo zoo e il direttore aveva detto loro che un leoncino di sei mesi sarebbe stato soppresso. È subito scattato qualcosa. E l'hanno portato in Svizzera».
Certo, erano gli anni Sessanta, altri tempi. E così, in un piccolo paese vicino a Interlaken, i coniugi Edith e Roland inaugurano un serraglio con animali esotici che man mano anche altri privati portavano. «Ognuno aveva il suo motivo per il quale cedere l'animale: chi non riusciva più a tenerlo, chi non si aspettava fosse così impegnativo».
Dopo sei anni, la ricerca per un nuovo spazio più ampio porta la coppia in Ticino, a Neggio. Senza sapere una parola di italiano, trovano il terreno. Al Maglio, appunto, in via ai Mulini. Dove un tempo c'era la grande pressa per lavorare il metallo, azionata dalla ruota idraulica. Oggi nella casa “inaugurata” da Nero sono ospitati 300 animali di 60 specie, seguiti in maniera costante da una quindicina di collaboratori. Le attività, poi, non mancano: dalle feste di compleanno ai laboratori, alle visite guidate. «Proponiamo anche rappresentazioni con gli animali, secondo un calendario, ma è anche possibile vivere delle esperienze con gli animali».


Visti da vicino
La nostra interlocutrice afferma che l'esperienza con i leoni è molto particolare «perché richiede un po' di coraggio. In ogni caso, la possiamo proporre solo a chi ha già compiuto 18 anni. Ma vedere un leone così da vicino, faccia a faccia, è un'esperienza che piace, anche se non è da tutti».
Per tornare alla vicenda dell'altro leone, quello scappato dal circo in Italia, Fehr dichiara di essere felice che la faccenda si sia conclusa con il recupero dell'animale. «In ogni caso, si tratta di una situazione in cui nessuno vuole trovarsi». Ma Alex, Clio, Anubi e Aaron potranno mai scorrazzare liberi tra le strade del Malcantone? «Impossibile, sono due situazioni molto diverse. Un circo è un parco itinerante. Significa che occorre costruire e smontare, costruire e smontare... Possono succedere tante cose. Errori, accessi non autorizzati, percorsi con vulnerabilità. In una struttura fissa come la nostra, invece, l'animale è sorvegliato costantemente, come tutto il perimetro, d'altronde, circa diecimila metri quadrati».
Ma non è tutto: «Il comportamento degli animali è conosciuto dal personale, formato da professionisti. Noi stessi, nel nostro percorso di formazione, accompagniamo i nostri apprendisti (guardiani di animali, ndr) fino a quando non sono ritenuti all'altezza dei compiti e, diciamo così, “degni di fiducia”».


Il piano di emergenza
Al capitolo “spazio vitale”, poi, l'esperta sottolinea come «i leoni, se sono sazi, dormono venti ore al giorno. Proprio come un gatto domestico. Da questo punto di vista, tutto il gruppo di felini si assomiglia. Non hanno bisogno, infatti, di essere continuamente in piedi e di gironzolare. Anche in natura, si muovono quando hanno fame e vanno alla ricerca di cibo».
Nello zoo ticinese il pubblico arriva comunque molto vicino alla gabbia di questi grandi gattoni. «Facciamo molte le sessioni di allenamento, sono abituati a collaborare. Questo è un nostro punto di forza: nel caso in cui dovesse succedere qualcosa o nel caso in cui l'animale non fosse lì dove desideriamo, possiamo indirizzarlo dove vogliamo. A patto che se ne occupino le persone che lavorano regolarmente con questi esemplari».
Sabina Fehr, tuttavia, ammette che – come in tutte le realtà simili alla sua – nel cassetto esiste un piano di emergenza «concordato con i pompieri, la polizia, i guardiacaccia, il veterinario. A dipendenza del caso, il primo a essere chiamato è il veterinario. Al secondo “livello” il guardiacaccia. In tutti questi anni, però, non siamo mai andati oltre al guardiacaccia», spiega con una punta di orgoglio.


Un posto sicuro
La titolare dell'attività fa strada con sicurezza tra i vari recinti indicando alcuni degli animali che hanno deciso di mettersi in vista. Dai procioni a varie specie di pennuti, come anatre oppure oche, passando per i wallaby («da non confondere con i canguri»), dalle testuggini ai pony, fra l'altro vicini alle capre nane africane. La giornata è promettente, il sole e delle temperature più primaverili che invernali hanno lasciato il posto alle gocce di pioggia cadute nella notte. E poi ci sono loro, i maestosi leopardi delle nevi, ancora rannicchiati.
«Occorre ricordarsi che questa è la loro casa a tutti gli effetti. Qui si sentono al sicuro. Appena escono si trovano in un territorio inesplorato e spesso possono essere confusi». Insomma, siamo ben lontani dalla trama del lungometraggio di animazione Madagascar, con il gruppetto originario di animali di varie specie che si mette in testa di conquistare la libertà del mondo esterno. «Infatti, se nei dintorni non vedono il gruppo a cui appartengono, o la loro zona familiare e protetta, tendono a rientrare qui, perché lo vedono come loro territorio», conclude l'esperta. Con vitto e alloggio incluso per tutto l'anno fra l'altro, verrebbe da dire.