I primi cinquant'anni di Jesus Christ Superstar
«In principio era il Verbo, e il Verbo era»... Ian Gillan. Il grande cantante britannico era da poco entrato nei Deep Purple ed era incerto sul suo futuro artistico quando gli fu chiesto di interpretare il ruolo principale nell’opera rock Jesus Christ Superstar, prestando la sua voce al protagonista. Judas era Murray Head (ricordate One night in Bangkok?), Caifa era Victor Brox (padre della blueswoman Kyla Brox) mentre Mary, fin dall’inizio, fu Yvonne Elliman.
All’inizio fu un disco
Nel 1969 gli autori, il compositore Andrew Lloyd-Webber e il librettista Tim Rice che stavano muovendo i primi passi nel mondo del musical dopo aver tentato, con scarso successo, la via della canzone pop (una delle loro prime composizioni, Try It and See, fu scartata alle selezioni britanniche per l’Eurosong e incisa da Rita Pavone)_avrebbero voluto mettere in scena il loro lavoro in un teatro, ma i costi erano eccessivi e optarono per un doppio album realizzato a proprie spese, in pratica scommettendo tutto quello che avevano sulla loro visione di Gesù. In seguito hanno ammesso che se il loro musical fosse stato rappresentato subito, probabilmente non avrebbe lasciato traccia. Chissà... Invece quel disco, pubblicato nell’ottobre del 1970, ebbe un seguito di culto e vendite in continua crescita. E andò anche sul palcoscenico, spesso con produzioni non autorizzate che, però, davano l’idea di quanto stesse prendendo piede. Così Jesus Christ superstar iniziò in sordina la sua scalata verso il titolo di musical rock più rappresentato e amato di sempre, nonostante le controversie inevitabilmente generate dal suo soggetto, che definire delicato è puramente un eufemismo. La consacrazione cinquant’anni fa: il 26 giugno del 1973 in America e nel mese di agosto in Europa uscirono il film diretto da Norman Jewison e la sua colonna sonora, eternando Ted Neely, Carl Anderson e Yvonne Elliman nei ruoli del Cristo, di Giuda Iscariota e della Maddalena, polverizzando record di incassi e di vendite. A Jewison, il regista de La calda notte dell’ispettore Tibbs, reduce dal successo di un altro musical, Il violinista sul tetto, la proposta arrivò grazie a un attore di quell’ultima pellicola, Barry Dennen, che aveva interpretato Pilato in una delle tante produzioni che ormai sfuggivano al controllo degli autori. Ne nacque un film hippy, nonostante il cineasta fosse, all’epoca, quasi cinquantenne.
Contrastata accoglienza
Facciamo un passo indietro. Fin dai suoi albori, il rock’n’roll, come era stato per il blues, ma anche per il jazz, non era visto di buon occhio dalle comunità ecclesiali. Preoccupavano sia i testi, talvolta apertamente lascivi se non osceni, che le musiche, che spingevano a balli sfrenati così lontani dalle coreografie elaboratissime che facevano sì che uomini e donne si toccassero appena (e bastava quello a scatenare bollori, peraltro), ordinati da regole rigidissime. Non solo: nel 1965 l’artista più celebre del gruppo più famoso del mondo, il Beatle John Lennon, aveva avuto la bell’idea di rispondere un po’ troppo sinceramente in un’intervista, esternando la sua opinione in merito al cristianesimo. Citiamo parola per parola la frase completa nel suo contesto: «Il cristianesimo se ne andrà. Scomparirà e si restringerà. Non ho bisogno di discuterne: ho ragione e avrò ragione. Siamo più popolari di Gesù adesso. Non so quale sarà il primo ad andarsene: il rock’n’roll o il cristianesimo. Gesù era un tipo a posto (sic), ma i suoi discepoli erano ottusi e ordinari. Sono loro che lo distorcono, che me lo rovinano». Negli USA ci furono roghi di dischi dei Fab 4, messe solenni in riparazione e minacce di morte (e 15 anni dopo uno squilibrato assassinò Lennon confessando che il punto di partenza del suo delirio omicida fu proprio quella frase).
Rice e Webber invece non avevano ambizioni teologiche: «Cercavamo semplicemente di esprimere i nostri sentimenti su Gesù in quel momento, provando a raccontare la sua storia. Non volevamo esprimere opinioni. Chi siamo noi per esprimere delle opinioni?». Di certo l’idea era di illustrarne il lato umano, partendo dal punto di vista del traditore che lo accusa di avere «troppo paradiso per la testa» e di non curarsi realmente delle cose terrene mentre Maria di Magdala è semplicemente innamorata di lui.
Anche il film, nonostante il successo mondiale e il placet del Vaticano che gli consentì di dribblare una censura che all’epoca in molti Paesi cattolici ancora molto sensibile a possibili blasfemie (si racconta addirittura che papa Paolo VI, dopo aver visionato la pellicola rimase positivamente impressionato tanto da affermare:_ «Raccontare la Passione di Cristo attraverso la musica significa arrivare a parlare di Gesù in tutti i continenti»)_suscitò controversie, per certe frasi, per certe situazioni, per il comportamento del Sinedrio e di Pilato e, soprattutto, per la mancanza della resurrezione finale (alcuni sono arrivati a interpretare il passaggio accidentale di un pastore con il suo gregge in lontananza nelle inquadrature finali come un’allusione, ma il regista ha chiarito che non c’era alcuna volontà). Ma la forza di quelle canzoni superò qualsiasi critica, portando Jesus Christ superstar a diventare il classico che è oggi.